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Una strage che poteva essere evitata, Giorgia Meloni in visita a Caivano e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 31 agosto 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Cinque operai sono stati travolti da un treno che viaggiava a 160 chilometri orari mentre lavoravano alla manutenzione dei binari alla stazione di Brandizzo. Durante la sua visita a Caivano, Giorgia Meloni si è recata sui luoghi dello stupro delle due cugine di dieci e dodici anni. L’incontro tra i ministri degli esteri russo e turco non ha portato a nessun risultato. Il generale Nguema, che ieri ha guidato il colpo di stato in Gabon, presterà giuramento come presidente di transizione. La Corte europea di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una bambina nata nel 2019 in Ucraina tramite maternità surrogata. La chiusura del traforo del Monte Bianco prevista per la prossima settimana potrebbe essere rimandata a settembre del 2024.

Cinque operai travolti e uccisi da un treno in corsa

Una strage sul lavoro, un incidente che poteva essere evitato. Avevano dai 22 ai 49 anni i cinque operai rimasti uccisi dal treno che li ha investiti la scorsa notte mentre viaggiava a 160km orari attraverso la stazione di Brandizzo, nel torinese. I 5 uomini lavoravano per la ditta Sigifer, di Borgo Vercelli, e stavano compiendo lavori di manutenzione ai binari. Secondo Ferrovie dello stato, gli operai non sarebbero dovuti essere lì al momento dell’incidente e i lavori sarebbero dovuti cominciare solo dopo il passaggio del convoglio, ma dalle prime informazioni sembra che né gli operai sapessero del passaggio del treno, né i macchinisti della presenza degli operai sui binari. La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario e omicidio plurimo colposo a carico di ignoti, mentre i sindacati hanno annunciato uno sciopero di 4 ore per la giornata di domani.
Oggi sul luogo dell’incidente è arrivato anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella.

(di Luca Parena)
Una visita breve, essenziale, silenziosa. Un unico timido applauso della folla al momento di ripartire. Il passaggio di Sergio Mattarella a Brandizzo è durato cinque minuti, forse meno, ma nei suoi pochi gesti il presidente della Repubblica ha cercato di condensare il lutto e la vicinanza per i cinque operai morti sul lavoro, per le loro famiglie, per i loro amici.
Un mazzo di rose gialle e gigli lasciato sul marciapiede. Pochi istanti di riflessione a capo chino, davanti all’ingresso della stazione. Le parole nette, pesanti, le aveva già pronunciate in mattinata, durante la visita alla comunità valdese di Torre Pellice, sempre nel torinese: “Morire sul lavoro è un oltraggio ai valori della convivenza” aveva detto Mattarella. In nome di quei valori ha voluto portare la sua testimonianza a poche centinaia di metri da dove cinque lavoratori sono stati travolti e uccisi. Un treno in corsa a 160 chilometri orari, sui binari a cui gli operai stavano facendo manutenzione. Sopravvissuti, illesi, solo due colleghi che erano poco lontano. Il boato della tragedia rimbomba ancora nelle orecchie di chi ieri sera era al bar della stazione di Brandizzo. Un paese di 8500 abitanti dove stamattina le persone parlavano tra di loro a mezza voce, sgomente che un posto tanto vicino e familiare possa aver conosciuto una tragedia così grave e assurda.
“È una situazione complessa da ricostruire” hanno commentato dalla Procura di Ivrea. Quello che sembra chiaro però è che nelle comunicazioni tra Rete Ferroviaria Italiana e addetti alla manutenzione qualcosa di essenziale non ha funzionato. Per interrompere la circolazione e dare il nulla osta ai lavori sono previsti passaggi rigorosi che avvengono con indicazioni scritte e dialoghi verbali registrati.
Le prime informazioni dicono che il passaggio del treno da Alessandria per Torino, verso il deposito, fosse previsto e autorizzato e così sembra suggerire anche il passaggio a forte velocità del treno, che dovrebbe quindi aver visto un semaforo verde davanti a sé. Sui binari però si trovavano gli operai, impegnati in lavori previsti solo a circolazione interrotta. Sulla mancanza di un nulla osta ai lavori o sul perché di un via libera a circolare sembra, quindi, che dovranno cercare di fare luce le indagini.

Quanto successo a Brandizzo, però, non è una prima volta, nel passato ci sono già stati casi simili.

(di Claudio Jampaglia)
Chi riduce i costi del lavoro, creando catene d’appalto o semplicemente esternalizzando, diminuisce sempre la sicurezza e poi però grazie a tanta carta e procedura non ne paga le conseguenze. Lo dicono proprio i processi per le morti di lavoratori e ferrovieri come l’incidente più simile a quello di Brandizzo che è avvenuto il 17 luglio del 2014 quando il treno regionale Gela Licata ha travolto e ucciso tre operai che lavoravano sui binari. 7 anni di inchiesta e processo per condannare a 2 anni con pena sospesa e non menzione per omicidio colposo plurimo il dirigente centrale operativo della sala di coordinamento della circolazione ferroviaria di Palermo e il responsabile della linea operativa della tratta avrebbero dovuto valutare il rischio che correvano gli operai e interrompere la circolazione ferroviaria. Dice la sentenza ma la pena è irrisoria. D’altronde per la morte di due macchiniste e il ferimento di 32 passeggeri del frecciarossa Milano-salerno all’altezza di Livraga nel lodigiano il 6 febbraio 2020 in abbreviato vengono condannati a tre anni i due operai della ditta in appalto che nella notte avevano montato uno scambio difettoso che fece deragliare il treno. A gennaio ci sarà il processo ordinario contro chi quel giunto lo fabbricò difettoso nella fabbrica Alsthom e sul banco degli imputati ci sono l’operaio interinale che ha invertito materialmente due fili dello scambio e gli impiegati di controllo che non se ne sono accorti oltre al, funzionario di Rfi che presiede al controllo qualità. Dirigenti assolti, potranno continuare coi piani di esternalizzazioni e riduzione del costo del lavoro in serenità.

La visita di Giorgia Meloni a Caivano

La premier Giorgia Meloni ha visitato oggi Caivano, comune nella città metropolitana di Napoli dove a luglio due cugine di 10 e 12 anni sono state violentate da un gruppo composto da 6 ragazzi, cinque minorenni e un maggiorenne.
La presidente del consiglio ha vistato la chiesa della cittadina insieme al parroco, e la scuola Francesco Morano dove ha tenuto il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, al seguito del quale ha rilasciato le sue dichiarazioni alla stampa, ma senza domande dei giornalisti.

(di Anna Bredice)
Ormai è una consuetudine: i punti stampa di Giorgia Meloni senza che i giornalisti possano fare domande. È accaduto anche oggi dopo la visita al Parco Verde di Caivano, accompagnata da altri ministri e con un ampio assetto di sicurezza intorno a lei, ma nessuna minaccia come temevano a Palazzo Chigi, solo le proteste di alcune decine di persone tenute lontane e che gridavano la parola “lavoro”. “Siamo qui per riportare la presenza seria e costante dello Stato”, ha assicurato Giorgia Meloni che non rispondendo a nessuna domanda ha voluto forse evitare il disastro comunicativo di Cutro, quando la sua visita si trasformò in un boomerang. Oggi si aggiungeva forse anche l’imbarazzo per le frasi del suo compagno dette in Tv. Come a Cutro, anche oggi le tre ore a Caivano, oltre ad essere state una passerella per mezzo governo, l’hanno tenuta ben lontana da chi aveva chiesto espressamente di incontrarla. La mamma di una delle due vittime degli stupri aveva chiesto di vederla, appellandosi a lei per lasciare Caivano, sentendosi minacciata e in pericolo. Nessun incontro e tanta amarezza che l’avvocato della donna ha riportato ai giornalisti. Rimane l’annuncio di “bonifica” dell’area, espressione usata anche oggi, per dire che verranno stanziati alcuni milioni di euro per riaprire entro la prossima primavera il centro sportivo abbandonato dove sono avvenute le violenze. Il resto degli annunci riguardano promesse di investimenti per combattere l’abbandono scolastico, per aumentare il numero di insegnanti e il tempo pieno nelle scuole, ma sono progetti rivolti a tutto il Sud, non solo a Caivano. Il rischio che partite le telecamere e i giornalisti tutto torni come prima in questo quartiere della Città metropolitana di Napoli è alto, e lo hanno ripetuto le persone che si sono date appuntamento davanti alla scuola, per chiedere lavoro e una presenza costante di servizi sociali e dove la preside dell’Istituto superiore, premiata per il suo lavoro di inclusione, dopo aver visto Giorgia Meloni, ha dichiarato: “la sua visita è un segnale importante, ma quello che più conta è il giorno dopo”.

Il colloquio tra i ministri degli Esteri di Russia e Turchia

Oggi a Mosca si sono incontrati i ministri degli esteri di Russia e Turchia, Sergei Lavrov e Hakan Fidan. I due hanno discusso dell’accordo sul grano, che la Turchia ha chiesto di rinnovare. Lavrov ha detto che i russi sono pronti a riaprire il Mar Nero alle navi ucraine, ma a patto che a Mosca vengano tolte le sanzioni sui propri cereali e fertilizzanti. Sul piano militare, il sindaco di Kiev ha annunciato lo stanziamento di oltre 21 milioni di dollari per costruire strutture fortificate nella capitale, oggetto di sempre più frequenti bombardamenti russi. Ha parlato anche il presidente ucraino Voldymyr Zelensky, che ha annunciato che l’Ucraina è riuscita a lanciare il suo primo missile a lungo raggio, gittata 700 km, di fabbricazione interna. Zelensky ha denunciato un sistema di corruzione sul certificati medici. Migliaia di ucraini avrebbero pagato, per ottenere l’esenzione militare. Un fenomeno, secondo il nostro collaboratore Sabato Angeri, sicuramente presente, ma che non ha avuto effetti significativi sull’andamento della guerra.

Il generale che ha guidato il colpo di stato in Gabon sarà presidente della transizione

L’Unione Africana ha deciso di sospendere immediatamente il Gabon dopo il colpo di stato che ha deposto il presidente Bongò. L’organizzazione si è riunita nel pomeriggio, ma già ieri aveva condannato fermamente la presa di potere dei militari.
Intanto il generale golpista Nguema ha fatto sapere che presterà giuramento lunedì come “presidente della transizione”. Ha promesso anche di rispettare tutti gli impegni presi con altri stati e a livello internazionale.

Ieri è stato acclamato dalla gente, ma Nguema non è un uomo del popolo, come ci ha spiegato Angelo Ferrari, giornalista dell’agenzia Agi esperto di Africa.

 

Lo stato italiano ha violato i diritti di una bambina nata con maternità surrogata

La Corte europea di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una bambina nata nel 2019 in Ucraina tramite maternità surrogata. I tribunali italiani infatti non hanno riconosciuto il papà della bambina, pur essendo padre biologico e hanno fatto di lei un’apolide. Il papà e la madre intenzionale sono entrambi cittadini italiani. La bambina ora ha quattro anni e da quando è nata è senza documenti.
Noi abbiamo sentito l’avvocato Giorgio Muccio del Foro di Bologna, che ha seguito la famiglia nel ricorso alla corte di Strasburgo.

La chiusura del traforo del Monte Bianco potrebbe essere rimandata

La chiusura del traforo del Monte Bianco prevista per la prossima settimana potrebbe essere rimandata a settembre del 2024. Lo ha fatto sapere il ministero dei trasporti italiano che dice di avere raggiunto un accordo con l’omologo francese, ma ha aggiunto che l’intesa dovrà essere confermata in una conferenza interministeriale, lunedì. Da giorni il traffico nel tunnel è raddoppiato perché è stato chiuso l’altro passaggio tra Italia e Francia, il traforo del Frejus, a causa di una frana in territorio francese. Da qui l’importanza di tenere aperto il tunnel del Monte Bianco.
Proprio oggi è stato anche dato il via libera alla firma del contratto per la realizzazione del tunnel del Moncenisio per la linea di alta velocità Torino-Lione. L’appalto è stato dato a una cordata per un valore di 1 miliardo. “I problemi di viabilità di questi giorni confermano la necessità di rilanciare il sistema di trasporti transfrontaliero” ha detto il ministro per la pubblica amministrazione Zangrillo.

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    Il femminicida non è un malato, ma un figlio sano del patriarcato, cresciuto in una cultura che considera la donna un essere inferiore. Da proteggere, sminuire, controllare, e nei casi più estremi, da picchiare o uccidere. In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa, spesso per mano di chi dovrebbe amarla. E oltre agli omicidi, un sommerso di violenze – dal catcalling alla violenza psicologica – pesa sulle donne, mentre la società si interroga troppo poco sulle sue responsabilità. Da questa riflessione nasce il progetto ideato dal Teatro Carcano, scritto da otto autori uomini e interpretato da Alessio Boni e Omar Pedrini, un viaggio nella mente del carnefice per analizzare il retaggio culturale che alimenta la violenza di genere. Inaugurato il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, lo spettacolo è un atto di autocoscienza collettiva che punta a smantellare le radici patriarcali della nostra cultura. Ospite a Cult, Alessio Boni ne ha parlato con Ira Rubini.

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