La banconota da 10 dollari del Belize riporta ancora il volto della regina Elisabetta d’Inghilterra. In giro per le città principali, ci sono ancora le colonnine rosse della posta che si vedono passeggiando ovunque per Londra. Il capo di stato del Belize, di fatto, è Carlo III, che sabato questo verrà incoronato ufficialmente a Westminster Abbey. Ma mentre a Londra e in tutto il Regno Unito si respira l’eccitazione del momento storico, nei paesi del Commonwealth come il Belize l’umore è molto diverso.
Qui di ciò che è stato l’impero britannico non restano solo le banconote e le colonnine della posta, ma anche e soprattutto i segni della brutalità di un colonialismo e un imperialismo che nelle sue colonie ha soppresso e schiavizzato i popoli indigeni per anni.
Nel centro di Belize City rimangono ancora degli edifici che un tempo erano prigioni per gli schiavi, dove venivano rinchiusi prima di essere venduti. Fuori dalla cattedrale di St. John, ci sono ancora i resti di un muretto di mattino, dietro il quale dovevano stare gli schiavi che volevano assistere alla messa all’interno della chiesa che loro avevano costruito, ma nella quale non erano ammessi.
La storia di questo paese e della brutalità che l’impero britannico qui ha rappresentato è ovunque e ora, alla vigilia dell’incoronazione di re Carlo, paesi come il Belize, con questa storia di violenza alle spalle, non ci stanno più.
Il primo ministro del Belize, Johnny Briceño, ha aspramente criticato il rifiuto del premier britannico Rishi Sunak di scusarsi per il ruolo della Gran Bretagna nel commercio transatlantico degli schiavi, e ha detto che ora più che mai è molto probabile che il Belize sarà il prossimo Paese membro del regno del Commonwealth a diventare ufficialmente una Repubblica, con un capo dello stato eletto democraticamente.
Il Belize non è l’unico che in questi giorni carichi di simbolismo sta facendo questo tipo di ragionamenti. Anche Marlene Malahoo Forte, ministra della Giamaica incaricata delle questioni costituzionali, intervistata oggi da Sky News ha detto che l’incoronazione di re Carlo III, ha accelerato i piani della Giamaica, per passare in tempi rapidi da monarchia a repubblica e, secondo lei, un referendum “urgente” in materia potrebbe tenersi “già nel 2024”.
“Molti giamaicani avevano un caloroso affetto per la regina Elisabetta II”, ha spiegato la ministra, ricordando che la sovrana era già sul trono quando la Giamaica divenne indipendente nel 1962, “Ma non si identificano con re Carlo”, ha aggiunto sottolineando come venga percepita una forte distanza rispetto al monarca.
Proprio in vista dell’incoronazione di Carlo, i leader indigeni di tutto il Commonwealth hanno scritto una lettera per chiedere al re di presentare scuse formali per gli effetti della colonizzazione inglese, l’avvio immediato di un processo di giustizia riparatoria con un risarcimento che ridistribuisca la ricchezza della corona britannica e che siano restituiti manufatti e resti umani.
Tra Londra e Belize City ci sono più di 8mila km di distanza. Carlo III non ha ancora mai visitato il paese e la regina Elisabetta – nei suoi 70 anni di regno – l’ha fatto due volte. I regnanti britannici non conoscono il paese e non sembrano interessasti a conoscerlo. Le poche apparizioni fatte dai membri della famiglia reale – come quella del marzo scorso di William e Kate – sono state scandite regolarmente dalle proteste e la simbologia delle loro visite è sempre stata vista come un’offensiva reminiscenza del colonialismo.
Il messaggio che arriva da paesi come la Giamaica è il Belize sembra chiaro: se la corona britannica non è in grado di fare i conti con il proprio passato, saranno i giamaicani e i beliziani a farli e l’incoronazione di un nuovo monarca sembra il momento più opportuno.
Foto | Belize City, Ralf Steinberger, Flickr