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Francia, un progetto di legge sul fine vita entro l’estate

Macron Francia Fine Vita ANSA

Lunedì 3 aprile il presidente della Repubblica francese Macron ha ricevuto il rapporto della Convenzione cittadina sul fine vita. Per quattro mesi, 184 cittadini estratti a sorte si sono ritrovati il fine settimana a Parigi per essere formati e poi elaborare un rapporto sulla questione sotto l’egida del Consiglio economico sociale e ambientale, il CESE (Conseil économique, social et environnemental).

Tra i membri del comitato di governance che si è occupato di organizzare la convenzione, assicurare la trasparenza del dibattito, la neutralità e la completezza delle informazioni a disposizione dei cittadini ma anche l’equilibrio degli interventi programmati c’era anche Giovanna Marsico, la direttrice del Centre national des soins palliatifs et de la fin de vie. Le abbiamo chiesto come la convenzione ha risposto alla domanda posta dalla prima ministra, e cioè: il quadro giuridico attuale di accompagnamento al fine vita è adatto alle situazioni esistenti o dovrebbe essere eventualmente modificato?

I cittadini hanno detto: ‘No. Il quadro attuale della fine vita in Francia non è adatto a tutte le situazioni che si presentano’. La legislazione attuale non è sufficientemente applicata, le risorse non sono adeguate ai bisogni, la copertura delle cure non è sufficiente. Quindi bisogna lavorare molto di più sull’offerta delle cure, sull’informazione, sulla formazione dei professionisti, sulla ricerca, sull’accompagnamento al domicilio, sulla cultura dei professionisti. Quello che la legge ha introdotto nel 2016, ovvero la sedazione profonda e continua fino al decesso, copre una larga maggioranza delle fine vita critiche. Però non le copre tutte. Quindi i cittadini hanno promosso l’idea di far evolvere la legge verso l’aiuto attivo a morire.

I cittadini hanno in effetti votato al 75,6% per un’estensione di questo diritto. Ma il rapporto che avete consegnato è stato anche definito da più parti come ricco di sfumature. Perché c’è bisogno di queste sfumature, secondo lei?

Perché in realtà questo rapporto, e tutto il lavoro della Convenzione cittadina, non aveva come obiettivo quello di consegnare un’opinione comune. Il suo obiettivo era di rilevare e trasmettere quello che la maggioranza dei cittadini vuole ma anche il dissenso che è emerso durante le discussioni e le deliberazioni. E questo dissenso è stato valorizzato nel rapporto perché, appunto, sono state indicate le piste della maggioranza, le piste della minoranza e anche, in seno alle piste della maggioranza, i vari gradi di orientamento che sono stati proposti.

È stato un lavoro di scambio continuo tra i cittadini?

Tantissimo, tantissimo. Addirittura, con, alla fine, quella che abbiamo chiamato ‘la passeggiata’. Ovvero, nella grande sala delle apostilles al palazzo d’Iéna, i cittadini hanno appeso le loro produzioni sulle colonne e poi ognuno andava a guardare e proponeva eventualmente delle modifiche, delle correzioni… è stato proprio un lavoro continuo, ripetuto, di redazione, controllo, redazione… Per arrivare a qualche cosa che, alla fin fine, potesse essere accettato da tutti. Il che non vuol dire che tutti fossero d’accordo con tutte le decisioni che sono state prese, però le decisioni sono state prese con volto a maggioranza. Quindi sono stati accettate. Poi però la redazione è stata una redazione che è stata veramente co-costruita da tutti. Al punto che il rapporto è stato votato dal 92%, dei partecipanti.
Quando sono arrivati, la maggior parte aveva delle idee o portava le idee di un campo. Quello dei cattolici, quello dei laici, quello della sinistra, quello dei professionisti sanitari, eccetera. Alla fine della convenzione l’intelligenza collettiva che hanno creato, con tutte queste nuances, ha reso accettabile per esempio alla minoranza l’approvazione di un rapporto che non li rappresenta sulla parte dell’aiutato attivo a morire, ma che li rappresenta su altro. E secondo me questo è un esempio classico di co-costruzione di un’intelligenza collettiva ideale. Ideale ma che ha richiesto tempo, prima di tutto, metodo, mezzi risorse e poi impegno. Perché questi cittadini hanno le loro famiglie, hanno le loro vite. E loro, un weekend su due, erano sempre qui, dal venerdì alla domenica. Nicole, di 93 anni, è venuta a tutte le sessioni! Cécile, che ha partorito la settimana scorsa e che fino all’ultimo è venuta in convenzione! Per me è stupefacente, come non amarli? Io li adoro questi cittadini!

Oggi avete presentato il rapporto al Presidente della Repubblica, che ha annunciato di voler passare alla fase due sul fine vita e ha chiesto ai parlamentari e al governo di presentare una proposta di legge entro l’estate. Secondo lei, appunto, cosa ci si può aspettare nei prossimi mesi? Quali sono le sue speranze e quelle dei cittadini che hanno partecipato alla convenzione?

Il momento di questa mattina è stato veramente un momento determinante, fondamentale. Perché ci aspettavamo una risposta concreta da parte del Presidente della Repubblica e questa risposta c’è stata. In primo luogo, il presidente ha confermato la fiducia nel dispositivo della convenzione. Secondo elemento molto forte, ha annunciato che i ministeri competenti metteranno in opera una strategia decennale delle cure palliative. Una politica su 10 anni è una politica che ha a disposizione mezzi molto più importanti rispetto a dei progetti su due o tre anni e si può dare degli obiettivi molto più forti. Il terzo punto è quello, appunto, del progetto di legge. Io non pensavo che ci saremmo arrivati. E invece sì. Il fatto che il presidente abbia chiesto al parlamento di preparare una legge, e quindi abbia inserito nell’agenda politica parlamentare questo argomento, è un segno fortissimo. E poi sì, c’è stata anche l’emozione di poter dire che politicamente si va avanti, si evolve. È una cosa estremamente importante per la nostra società. Il fatto di considerare la fine vita, e la morte, come un elemento chiaro, un elemento del quale lo Stato deve farsi carico.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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