Quando Giorgia Meloni o Ignazio La Russa storpiano la memoria delle Fosse Ardeatine il revisionismo arriva ai massimi livelli dello Stato, ma sui territori succede quasi ogni giorno. Oggi è il sindaco di Turbigo nell’Est milanese che si rifiuta di mettere una lapide per Leopoldo Gasparotto comandante partigiano ucciso nel lager italiano di Fossoli, ma intesta una via a Ezio Maria Gray, presidente dell’Istituto Luce fascista fino alla Repubblica di Salò, condannato a 20 anni per collaborazionismo (amnistiato, fonderà l’Msi).
Ogni giorno ormai ci sono sindaci, di Fratelli d’Italia ma anche della Lega, che vietano di cantare “Bella ciao” nelle celebrazioni del 25 aprile o che promuovono iniziative culturali di revisionismo invitando case editrici come Ferro Gallico o Altoforte. In Friuli, il candidato regionale Maurizio Giau, fotografato tra saluti romani e convegni sulle SS Italiane – i 20mila militari fascisti che decisero di giurare fedeltà direttamente alla Germania nazista – crea imbarazzo al partito perché la notizia è uscita dalle sue fila, non perché non sapessero.
In molti hanno creduto, anche a sinistra, che fascismo e antifascismo fossero categorie da rottamare. Ma sono gli stessi esponenti di Fratelli d’Italia a dimostrare quanto si sbagliassero, perché nel Paese che è stato la culla del totalitarismo non basta una democrazia normale. Per questo che ci siamo dotati di una Costituzione antifascista e di istituti storici, voluti non a caso da Ferruccio Parri, che facessero i conti con la storia, la violenza, la verità e i dolori di tutti, ma non confondessero scelte e responsabilità.
La Repubblica di Salò, così come i neofascisti degli anni ‘70, stragisti e pagati se non guidati da interessi stranieri, sono quanto di più anti-patriottico e anti-popolare la storia contemporanea abbia espresso. In questo mese ne faremo la prova, sicuramente per la Festa della Liberazione da legittimare, e poi fino al 29 aprile quando i fascisti del terzo millennio, a Milano, vorrebbero promuovere una tre giorni di celebrazione per Borsani, Pedenovi e Ramelli con i quali tracciano il loro filo nero dal ‘43 ad oggi e rivendicano repubblichini e neofascisti in un’unica storia. Molto simile a quella che promuove Fratelli d’Italia.