Il Mufti di Gerusalemme “ispirò la Soluzione Finale per gli ebrei”. L’affermazione è del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha parlato ai delegati del 37esimo World Zionist Congress di Gerusalemme. Secondo Netanyahu, il Fuhrer avrebbe in un primo tempo pensato soltanto a “espellere gli ebrei”. A fargli cambiare idea sarebbe stato proprio Haj Amin al-Husseini, l’autorità islamica responsabile della gestione dei luoghi santi islamici, che temeva l’arrivo di milioni di ebrei a Gerusalemme. L’affermazione di Netanyahu, contestata da molti studiosi, ha già provocato critiche e promette di accendere ulteriori tensioni in un momento difficile del conflitto israelo-palestinese.
Ecco la dichiarazione integrale di Netanyahu: “Mio nonno arrivò in Israele nel 1920 e si stabilì a Jaffa. Poco dopo il suo arrivo andò all’ufficio dell’immigrazione di Jaffa. Alcuni mesi dopo, l’ufficio venne bruciato da saccheggiatori. Questa gente, erano arabi, uccise anche degli ebrei, tra cui il nostro grande scrittore Yosef Haim Brenner. Questo attacco e altri attacchi alla comunità ebraica nel 1920, 1921, 1929, furono istigati da un proclama del Mufti di Gerusalemme Haj Amin al-Husseini, che più tardi fu indagato per crimini di guerra dal Tribunale di Norimberga per il suo ruolo centrale nel fomentare la Soluzione Finale. Il Mufti volò a Berlino. Hitler non voleva sterminare gli ebrei, in quel momento, voleva soltanto espellerli. E Haj Amin al-Husseini andò da Hitler e gli disse: “Se espelli gli ebrei, verrano da noi”. “E allora cosa dovrei fare con loro?” chiese Hitler. “Bruciali”, rispose il Mufti.
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Questa ricostruzione è già stata, nel passato, rigettata più volte. Haj Amin al-Husseini incontrò Hitler nel novembre 1941. Secondo molti storici, Hitler parlava già apertamente della Soluzione Finale dal marzo di quell’anno. Le sue frasi sulla “necessità di uccidere l’élite ebraico-bolscevica e tutti gli ebrei e i comunisti” nei territori conquistati dalla Germania vennero profferite prima del novembre di quell’anno. L’ordine di Heinrich Himmler alle Einsatzgruppen, le milizie delle SS responsabili dell’implementazione della Soluzione Finale nei territori occupati risale al 13 marzo 1941; e la frase “completa soluzione della questione ebraica”, da parte del leader nazista Hermann Goering è del luglio 1941. I primi massacri nei centri polacchi, nel quadro della cosiddetta “Operazione Reinhard”, sono dell’ottobre 1941, quindi un mese prima della visita del Mufti a Hitler.
Le dichiarazioni di Netanyahu al World Zionist Congress sarebbero dunque un modo, secondo alcuni analisti, per illustrare la propensione da parte dei palestinesi e degli arabi in genere a usare i luoghi santi di Gerusalemme come un pretesto per commettere atti di violenza contro gli ebrei. Netanyahu non è un caso isolato. Nel luglio 2009 il costituzionalista di Harvard Alan Dershowitz riaccese le accuse contro Haj Amin al-Husseini, scrivendo in un articolo sul Jerusalem Post che “il Mufti personalmente impedì a 4000 bambini, accompagnati da 500 adulti, di lasciare l’Europa, e li fece mandare ad Auschwitz”. Nonostante l’aperto sostegno di al-Husseini alle forze fasciste e naziste europee – il Mufti visse durante gli anni della guerra a Roma e Berlino, partecipò a trasmissioni radiofoniche di sostegno allo sforzo bellico nazi-fascista e si mobilitò per l’arruolamento di musulmani bosniaci nelle Waffen-SS – la storiografia tende comunque a escludere un suo ruolo diretto nel concepimento e nella realizzazione della Soluzione Finale.
Ha scritto Lucy Davidowicz in un libro diventato classico, The War Against the Jews: “A un certo punto dell’estate del 1941, forse già nel maggio, Himmler mandò a chiamare Höss a Berlino e, in privato, gli disse che ‘il Führer ha dato l’ordine per la Soluzione Finale della questione ebraica’ e che ‘noi, le SS, dobbiamo portare a termine l’ordine’”. Quello che appare invece storicamente fondata è la conoscenza da parte del Mufti dei campi di concentramento in cui gli ebrei venivano sterminati – un suo collaboratore visitò il campo di Sachsenhausen – e il suo continuo appello perché agli ebrei non venisse concesso di trasferirsi in Palestina. Nel giugno 1943 al-Husseini disse al ministro degli esteri ungherese che era meglio trasferire gli ebrei ungheresi nei campi di concentramento polacchi, piuttosto che permettergli di andare in Palestina. Nel settembre 1943, il Mufti si oppose ancora alla liberazione di 500 bambini ebrei dal campo di concentramento di Arbe.