L’11 marzo 2011, alle 14.46 ora locale, una scossa di terremoto di magnitudo 9 ha colpito il Giappone. Lo tsunami che si è riversato sulla costa pacifica dell’isola principale dell’arcipelago, meno di un’ora dopo, è stato uno dei più mortiferi della storia del paese. Le onde alte 15 metri spazzano anche la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi che nei giorni seguenti sarà il teatro di uno dei più importanti incidenti nucleari dopo quello di Chernobyl. Si calcola che le tre tragedie abbiano provocato almeno 15mila morti.
Negli anni, i tribunali hanno accertato le responsabilità nel disastro della Tepco, la società che gestiva la centrale nucleare, e del governo giapponese. I giudici hanno stabilito che la catastrofe di Fukushima è avvenuta anche per via della loro negligenza e per il mancato rispetto delle misure di sicurezza. Secondo molti osservatori, quella di Fukushima era una tragedia annunciata.
Se fosse stato ancora vivo, al coro delle critiche si sarebbe senza dubbio aggiunto anche il mangaka Susumu Katsumata. Nato nella prefettura di Myagi, una delle più colpite dallo tsunami, nel 1943 e morto nel 2007, Katsumata aveva studiato fisica nucleare e ha passato buona parte della sua vita a disegnare fumetti che denunciavano i rischi invisibili legati all’industria dell’energia nucleare. Ma fu soprattutto un grande osservatore e cronista delle difficili condizioni di vita degli operai delle centrali. Oltre che di quelle delle popolazioni marginalizzate in un paese che correva all’impazzata verso il progresso e l’industrializzazione.
Pacifista, fortemente critico verso l’americanizzazione del Giappone e antinuclearista convinto, Katsumata ebbe l’occasione di visitare, nel 1984, le centrali Dai-ici e Dai-ni (cioè uno e due) di Fukushima. In occasione del decimo anniversario dello tsunami, Rizzoli Lizard ha pubblicato una raccolta di suoi racconti che forse non si può definire un graphic novel in tutto e per tutto, ma che permette senz’altro di comprendere l’origine di quel disastro annunciato.
I primi racconti di Fukushima anno zero, che essendo un manga si legge da destra a sinistra, ci portano proprio lì, nel cuore della centrale. E mostrano la vita quotidiana ed estenuante degli addetti alla manutenzione dei reattori, che convivono rassegnati con le radiazioni. Delle scene che fanno venire i brividi se si pensa che i gestori delle centrali non hanno mai smesso di fare ricorso ai cosiddetti “zingari nucleari”, la manovalanza a cui vengono affidati i lavori più pericolosi. L’impianto di Fukushima, al momento del terremoto, ne impiegava 650.
Dopo averci trasportato tra tute, tubature radioattive e dosimetri impazziti, ma anche dopo averci mostrato delle scene intime di chi quella realtà la condivide, lo scenario delle storie di Katsumata cambia. Gli altri racconti ci mostrano un mondo rurale, abitato da kappa e tanuki, che non sono altro che i ‘poveracci’ e i ‘disperati’ di quel Giappone rimasto ai margini della corsa al progresso.
Un Giappone che Katsumata conosceva bene, perché ci era vissuto e lo aveva osservato da vicino. Un Giappone che ancora oggi, anche se c’è chi preferisce voltarsi dall’altra parte, fornisce mano d’opera pronta a tutto a chi, per guadagnare un po’ di più, non si preoccupa nemmeno della loro sicurezza. Con le conseguenze che l’11 marzo del 2011 abbiamo visto tutti.
Fukushima anno zero. Di Susumu Katsumata. Traduzione di Vincenzo Filosa. 240 pagine in bianco e nero, Rizzoli Lizard, 17 euro.