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La visita di Netanyahu a Roma, il futuro ruolo di Bonaccini nel PD, il venerdì nero per le borse europee e le altre notizie della giornata

Netanyahu ANSA

Il racconto della giornata di venerdì 10 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, in Italia per una visita ufficiale. All’indomani della debacle di Cutro, il governo Meloni ha lanciato una vera e propria offensiva mediatica. Venerdì nero per le borse europee, che hanno chiuso tutte in negativo: Londra -1,67%, Parigi e Francoforte -1,3%, Piazza Affari -1,5%. Dopo il bilaterale tra Francia e Gran Bretagna, il presidente francese Macron e il premier britannico Rishi Sunak hanno annunciato un piano anti-immigrazione da 540 milioni di euro. Iran e Arabia Saudita, intanto, hanno trovato un accordo per ripristinare le relazioni interrotte nel 2016.

Meloni accoglie Netanyahu tra le proteste della comunità ebraica a Roma

Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, in Italia per una visita ufficiale. Durante la conferenza stampa congiunta, al termine dell’incontro, Meloni ha detto che Israele è un partner fondamentale in medio Oriente e al livello globale, e ha aggiunto di voler accrescere la cooperazione tra i due paesi. Al centro del colloquio temi come sicurezza, energia e digitalizzazione, mentre il premier israeliano ha detto che il suo governo vorrebbe “accelerare le esportazioni di gas verso l’Europa attraverso l’Italia”.
Netanyahu, però, al centro di grandi contestazioni nel suo paese, non è stato accolto favorevolmente dalla comunità ebraica a Roma. Un gruppo di cittadini israeliani, infatti, ha organizzato un sit-in di protesta a piazza Santi Apostoli. I partecipanti si sono radunati per contestare il premier per la sua riforma della giustizia, che in tanti considerano un attacco alla democrazia del paese.

Il ruolo di Bonaccini: il nodo che Elly Schlein deve ancora sciogliere

(di Anna Bredice)

Bonaccini a Bologna, Schlein a Roma. Un incontro fondamentale perché a cascata avverranno tutte le altre nomine, ma che si tiene a distanza, quasi segno che forse è solo il primo e non quelle definitivo. Come nuova segretaria del PD, tocca a Elly Schlein fare una proposta allo sfidante, leader della minoranza. Una minoranza che comunque è molto corposa, oltre il 40% dei voti alle primarie aperte e la vittoria in quella degli iscritti. Un risultato che si traduce in una forte presenza di delegati della minoranza nell’Assemblea e nella Direzione, ma che nello stesso tempo non le impedisce di sostenere che c’è bisogno di una linea politica chiara e precisa, che del resto sta spiegando ampiamente già in questi giorni nel corso di varie occasioni, sia sui migranti che sul salario minimo che i diritti civili, e insieme a questo il suo obiettivo è cercare la massima unità possibile del partito. Il nodo da sciogliere è il ruolo di Stefano Bonaccini, il quale non ha fatto mistero di privilegiare quello di presidente del Pd: un ruolo autorevole e che lo lascerebbe anche più libero di guidare un’area di minoranza del partito. E la scelta a quanto pare potrebbe andare in questa direzione. Ma rimane anche l’altra sul tavolo, che forse è quella che preferirebbe Elly Schlein, e cioè Bonaccini vicesegretario, più legato quindi ad una gestione comune e operativa. Un ingresso nel gruppo dirigente del partito, che potrebbe poi portare ad una presenza della minoranza anche nella segreteria. Ma sia in un caso che in un altro ci sono quelli che dentro al PD tifano a favore e contro, sia nell’area di Schlein che in quella di Bonaccini. Finora la nuova segretaria non ha voluto parlare delle nomine e della composizione degli organi del partito, più preoccupata invece di segnare una strada chiara nei programmi e poi lanciare il nuovo tesseramento, ampiamente riuscito. Ma queste settimane sono comunque quelle delle scelte dei nomi, domenica c’è l’Assemblea dove dovrà portare la composizione della Direzione e poi dopo questo ci sarà la scelta dei nomi per la segreteria del partito.

L’offensiva mediatica del governo Meloni dopo la trasferta a Cutro

(di Michele Migone)

Dal punto di vista mediatico, la trasferta di Cutro è stata una debacle per il governo. Le imprecisioni e le omissioni della ricostruzione del naufragio, i toni polemici con i giornalisti di Giorgia Meloni, il tentativo di Matteo Salvini di sviare l’attenzione dei cronisti dagli errori compiuti da chi quella notte doveva intervenire, il volto imbarazzato di Antonio Tajani durante la conferenza stampa, l’intervento sotto tono del ministro Piantedosi, il mancato omaggio alle vittime, l’indifferenza nei confronti dei loro familiari, hanno raffigurato un governo interessato solo a dare risposte muscolari dopo la strage del 26 febbraio. La domanda sul perché quella notte non sia intervenuta la Guardia Costiera è ancora lì, sul tavolo, e lo spettacolo offerto dall’esecutivo nella sua trasferta calabrese non ha fatto altro che alimentare la necessità di avere una risposta. Nella conferenza stampa prima Meloni e poi Salvini hanno difeso l’operato della Guardia Costiera fornendo i numeri degli interventi fatti nel corso degli ultimi mesi, le centinaia di persone salvate. I due lo hanno fatto soprattutto per difendere loro stessi. Oggi, quella che ieri sera era una puntualizzazione è diventata una vera e propria offensiva mediatica. Le agenzie di stampa hanno rilanciato i comunicati della Guardia Costiera, della Marina Militare e della Guardia di Finanza impegnate nelle operazioni di salvataggio. È vero che sono giorni eccezionali per la presenza di migranti in mare, ma è anche vero che la solerzia con cui è stato deciso di comunicare gli interventi di soccorso può essere solo fatta risalire alla necessità da parte del governo di mostrare un altro volto all’opinione pubblica dopo la debacle mediatica e politica di questi giorni.

Liste d’attesa in Lombardia: più di 3 anni per potersi far togliere la cistifellea

O paghi, o aspetti. In Lombardia è la normalità, alla faccia dell’eccellenza sanitaria lombarda. Ma, in questo caso, l’attesa è davvero esagerata. Tre anni e mezzo per potersi far togliere la cistifellea. Altrimenti, bisogna pagare qualche migliaia di euro. Sentiamo il nostro collaboratore e conduttore della trasmissione 37e2 Vittorio Agnoletto:


 

Il venerdì nero per le borse europee

Venerdì nero per le borse europee, che hanno chiuso tutte in negativo. Londra -1,67%, Parigi e Francoforte -1,3%, Piazza Affari -1,5%. Una situazione dettata dai timori dovuti alla situazione della Silicon Valley Bank. Sentiamo il nostro editorialista Andrea Di Stefano:


 

Il piano anti-immigrazione di Francia e Gran Bretagna

Sui migranti che dalla Francia, attraversano la Manica, e raggiungono la Gran Bretagna è stato incentrato il bilaterale tra il presidente francese Macron e il premier britannico Rishi Sunak. Dopo l’incontro i due hanno annunciato un piano anti-immigrazione da 540 milioni di euro. Tra i punti discussi, anche la costruzione di un nuovo centro di detenzione a Calais. Il servizio di Bruno Giorgini da Parigi:


 

L’accordo tra Iran e Arabia Saudita per ripristinare le relazioni

Iran e Arabia Saudita hanno trovato un accordo per ripristinare le relazioni interrotte nel 2016. Teheran e Riad hanno concordato di ristabilire i legami e di riaprire le ambasciate entro due mesi. L’accordo è stato raggiunto durante intensi colloqui che si sono tenuti a Pechino. L’agenzia di notizie governativa saudita Spa ha pubblicato il comunicato tripartito saudita, cinese e iraniano in cui si presentano i dettagli del negoziato, culminato con riunioni che si svolti a Pechino dal 6 marzo a oggi.
Nel comunicato si ringraziano anche i governi di Iraq e Oman per aver contribuito, dal 2020, a facilitare incontri tra rappresentanti iraniani e sauditi in preparazione dell’accordo raggiunto oggi.
Facciamo qualche considerazione.
Dal punto di vista religioso ricordiamo che la crisi tra Iran e Arabia Saudita ha provocato un peggioramento senza precedenti delle relazioni tra sciiti e sunniti nel mondo arabo e musulmano, ha provocato tensioni politiche e guerre civili in Libano, Siria, Iraq, Yemen, Afghanistan e Pakistan.
L’accordo di oggi potrebbe facilitare le riconciliazioni tra le varie comunità nei paesi citati dove l’influenza delle due potenze regionali è importante. Dal punto di vista geopolitico l’accordo Teheran – Riad è un fallimento della diplomazia degli Stati Uniti. In meno di due anni Joe Biden è riuscita nell’impresa di far allontanare lo storico e fedelissimo alleato arabo dell’America. Il primo smacco per Biden fu quando l’Opec guidata dall’Arabia Saudita rifiutò di aumentare la produzione di petrolio in chiave anti Russia.
Anche per Israele è una brutta notizia. L’ex premier e capo dell’opposizione Yair Lapid ha dichiarato che L’accordo tra Riad e Teheran è un totale e pericoloso fallimento della politica estera del governo israeliano, è un crollo del muro di difesa regionale che abbiamo cominciato a costruire contro l’Iran.
Infine la mediazione della Cina con questa mossa ha dimostrato che non è soltanto la seconda potenza economica impegnata a firmare accordi commerciali con il resto del mondo.
Pechino ha confermato che non è isolata ed è anche capace di contribuire alla costruzione
di blocco composto da paesi che non vogliono più stare al diktat dell’occidentale, o con noi o con Putin.

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