La Regione Lombardia con poco meno di 10 mln di abitanti e una popolazione potenzialmente in età lavorativa (15-64 anni) di oltre 6 mln, ripartita equamente tra uomini e donne, è più grande di alcuni Paesi europei come la Danimarca (6 mln di abitanti) o l’Irlanda (5 mln di abitanti), ed è poco più piccola del Belgio (11 mln di abitanti). La Lombardia, quindi, è un territorio equiparabile a Paesi che concorrono al funzionamento del governo europeo.
Se l’Europa è l’orizzonte ideale della Lombardia, la politica economica regionale, così come le risorse nazionali che a vario titolo sono spese sul territorio lombardo, poco meno di 200 mld di euro a fronte di una spesa regionale pari a poco meno di 28 miliardi di euro, non hanno permesso il cambiamento di struttura necessario per soddisfare la domanda che cambiava contenuto tecnico e sociale.
La così detta eccellenza lombarda, financo della sanità, se comparata con alcune delle Regioni italiane, diventa debolezza e arretratezza se utilizziamo l’Europa come benchmark.
La costante e ingiustificata narrazione dell’eccellenza lombarda, lunga ormai 30 e passa anni, ha nascosto come e quanto fosse difficile per l’economia e la società lombarda diventare una economia europea, attrezzata per affrontare le sfide che l’Europa considera fondamentali.
Davvero la Lombardia è una delle “Locomotive d’Europa”?
La Regione Lombardia, nella pubblicistica nazionale, è da sempre considerata come la regione più europea tra quelle italiane. Sebbene ci sia più di un indicatore a supporto di questa tesi, nel corso di questi ultimi 15 anni è scivolata ai margini del consesso europeo, e l’osservazione della dinamica nel tempo del PIL restituisce l’immagine di una regione che, progressivamente, perde terreno rispetto ai principali partner europei. Il fenomeno si acuisce a partire dalla crisi dei subprime e dei debiti sovrani, rispettivamente 2009 e 2011, consolidandosi negli anni successivi. La (minore) crescita del PIL della Lombardia rispetto alla crescita della Germania, tra il 2008 e il 2020, è in media annua pari a meno di 1,3 punti percentuali, e meno 0,5 punti percentuali rispetto alla Francia.
La Lombardia è davvero la prima regione d’Italia per importanza economica?
Ni. Sebbene la Lombardia abbia fatto meglio dell’Italia, questo “meglio” è abbastanza contenuto: +0,5% di PIL. Nei livelli assoluti il PIL pro-capite medio nazionale del 2019 è di 30.000€ e di 36.000€ in Lombardia, ma non molto allineato a un paese che per caratteriste generali potrebbe essere associato alla Lombardia. Il PIL pro-capite della Germania è pari a oltre 40.500€ nel 2020 e con una dinamica in crescita. La Lombardia, in estrema sintesi, è marginalmente meglio dell’Italia, ma strutturalmente debole rispetto ai principali paesi europei.
In qualche misura la Lombardia è lo specchio fedele della despecializzazione
dell’economia italiana, indipendentemente dalla presenza di alcuni assets di tutto rispetto nel consesso europeo. Per esempio, la capacità della componentistica (automotive) lombarda nell’agganciare il settore automotive tedesco è importante, ma questa performance non dove far dimenticare che il settore è, in qualche misura, (1) eterodiretta dalle policy industriali tedesche e (2) dal profilo tecnologico maturato sempre in Germania.
Se l’economia è diventata sempre più knowledge-oriented, la capacità di generare
innovazione diventa strategica, e la creatività (lombarda e/o nazionale) nell’adozione
della stessa non è un indicatore positivo: step by step si dipenderà sempre di più dalla conoscenza prodotte da altri paesi.
Davvero il sistema produttivo lombardo è uno dei più sviluppati e tecnologicamente avanzati?
In Lombardia, non solo la dinamica degli investimenti è contenuta, ma il rapporto investimenti-PIL, si riduce notevolmente passando dal 22% del 2007 al 17,5% del 2019. Lo scarso livello degli investimenti rispetto al PIL è associabile ad un contenuto livello di specializzazione delle imprese ed è correlabile alla debole dinamica degli stessi investimenti; il capitale necessario per il buon funzionamento del sistema economico diverge dalla media europea, che nel tempo si è orientato verso settori a maggiore contenuto tecnologico. In ragione della bassa propensione alla ricerca e sviluppo dell’economia lombarda, pari a 1,39% del PIL nel 2020, più o meno stabile nel coso degli anni considerati (2000-2020), l’intensità tecnologica degli investimenti regionali (7,60%) è pari alla metà di quella tedesca (14,83%) e inferiore a quella francese (9,83%). Sebbene la dinamica del valore aggiunto della Lombardia (non il valore assoluto) sia in linea con le maggiori economie europee tra il 2000 e il 2008, a partire dal 2009 si registra un importante rallentamento, maturando un ritardo pari a 10 punti rispetto a Germania e Francia nel 2021. Il risultato è coerente con la dotazione tecnica e tecnologica della struttura economica lombarda, che a loro volta condizionano la domanda di lavoro e la distribuzione del reddito da lavoro dipendente.
Lavoratrici e lavoratori della Lombardia, stanno così meglio rispetto agli altri?
La Regione è in grado di far fronte alla povertà crescente?
Se il sistema economico lombardo diverge da alcuni grandi paesi europei, il lavoro e il reddito possono registrare qualcosa di diverso che il sistema economico restituisce? L’occupazione maschile della Lombardia tra il 2000 e il 2021 è stabile (circa 2.3 mln), mentre quella femminile passa da 1.493 mln del 2000 a 1.868 mln del 2021. Sostanzialmente, la crescita del numero di occupati è interamente attribuibile alle donne. Rispetto al fenomeno della crescita dell’occupazione femminile dobbiamo comunque domandarci: quanta parte della crescita dell’occupazione femminile è attribuibile alle politiche pubbliche? Quanta, invece, è legata all’evoluzione della Società nel suo insieme?
Se la dinamica della domanda di lavoro è contenuta, il reddito da lavoro dipendente (aggregato) regionale è pari al 40% del PIL nel 2019, contro una media tedesca del 53% e del 51% francese. Questa distribuzione del reddito richiama il ruolo e il peso sociale di lavoro e capitale, e dell’azione pubblica come agente economico preposto alla intermediazione tra capitale e lavoro, così come alla politica economica che dovrebbe guidare le grandi transizioni economiche.
Infatti, il rischio di povertà come quello di grave deprivazione, restituiscono una forte difficoltà (strutturale) della Lombardia nell’affrontare con appropriatezza la marginalità della popolazione. Per entrambi gli indicatori, sebbene la Lombardia sia leggermente migliore rispetto alla media del Nord-ovest, l’Emilia-Romagna si posiziona strutturalmente su livelli inferiori di disagio socioeconomico.
La crescita e il consolidamento dei così detti NEET intervenuta durante tutto il periodo, indipendentemente dalla crescita del tasso di occupazione, la maggiore crescita dei contratti a termine e apprendistato rispetto ai contratti a tempo indeterminato, i livelli di intensità tecnologica degli investimenti, sempre una frazione rispetto alla media europea, delineano una struttura produttiva che recupera i propri margini di profitto a “margine” dei costi di produzione.
Le politiche pubbliche della Regione Lombardia hanno alimentato il declino?
L’elogio dell’eccellenza lombarda come prassi della politica economica pubblica, ovvero il sostegno incondizionato dell’esistente, ha abbandonato il capitale paziente (‘non finalizzato’), il capitale innovativo e il lavoro ad alto contenuto di conoscenza.
Considerando la spesa pubblica complessiva (Amministrazione Centrale, Regione
Lombardia, Enti Locali, partecipate nazionali e locali), che cresce nel tempo dal 40% del 2000 al 50% del PIL nel 2019 (poco meno di 200 mld di euro), è lecito domandarsi perché queste risorse non siano state capaci di modificare il “motore della macchina” della Lombardia. Inoltre, le amministrazioni pubbliche, nel tempo, più che cooperare e governare assieme il cambiamento, sembravano tese a ritagliarsi un proprio ruolo specifico. I territori provinciali, le amministrazioni comunali e la Regione Lombardia lavorano per garantire la propria visibilità, piuttosto che cooperare per raggiungere degli obbiettivi comuni. La politica economica, evidentemente, non è riducibile al sostegno di eventi particolari, sebbene importanti. Il suo ruolo dovrebbe piuttosto puntare a delle misure che sappiano costruire delle catene del valore coerenti con l’esistente struttura regionale, e al contempo interconnesse con i principali settori economici europei. La spesa pubblica allargata, cioè quella di tutte le amministrazioni pubbliche, pari a poco più di 190 miliardi di euro nel 2020, riflette la storica dinamica della spesa pubblica. La previdenza e le integrazioni salariali valgono più del 35% del totale delle spese pubbliche allargate, coperte al 90% delle entrate destinate alla stessa voce. In sintesi, la Regione Lombardia riceve più denaro di quanto raccoglie.
La spesa sanitaria rimane la seconda spesa in termini di grandezza, sebbene significativamente in calo rispetto al 2000 e con una spesa per abitante di poco inferiore a 2.000€, più contenuta rispetto alla media europea.
Al terzo posto troviamo la spesa legata alla amministrazione centrale che raggiunge quasi il 10% della spesa complessiva. Al quarto posto abbiamo la spesa per istruzione pari a poco meno del 5% della spesa complessiva e, comunque, in calo tra il 2000 e il 2020. Infatti, questa spesa in rapporto al PIL passa dal 2,1% del Pil del 2000 all’1,7% del 2020.
Al netto dei miglioramenti relativi al campo sociale che raggiungono ormai il 4% della spesa complessiva, le spese che più e meglio di altre potrebbero riflettere una qualche idea di politica economica rimangono residuali. La spesa pubblica in Ricerca e sviluppo è sistematicamente al di sotto dell’1% di quella complessiva, mentre quella per l’industria raggiunge con fatica il 2,5% del totale, con degli effetti contenuti in considerazione del fatto che si tratta di meri trasferimenti alle imprese.
Davvero la Lombardia è un’ “eccellenza della sanità” ?
Mettiamo da parte la gestione del Covid, che meriterebbe un capitolo a sé stante e che vede interessata anche la magistratura.
Ovviamente la spesa pubblica regionale è catturata nella sua interezza dalla spesa sanitaria consolidata, che vale ormai ben oltre il 90% di quella complessiva. Sebbene in crescita, la spesa media in sanità per abitante rimane ancora al di sotto della media europea e con una governance da riscrivere, soprattutto con l’avvio delle case di comunità che in assenza di medici di base sono infrastrutture senza servizi. Inoltre, la forte presenza privata nei posti letto (oltre il 33% del totale), così come per gli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico (5 pubblici e 25 privati) condizionano il governo della spesa sanitaria pubblica.
Insomma, in conclusione
La psicologia della bellezza, intesa come materia di studio, non restituisce le tante sfumature di grigio, piuttosto una certa doppiezza: non tutto ciò che luccica è oro. Se la bellezza paga nella maggior parte delle circostanze, ci sono anche casi dove potrebbe essere un problema. Essere belli e cercare di mantenersi agli occhi degli altri “belli” può in molti casi confinare in una vera e propria ossessione. Contrariamente a quanto si possa pensare, la scarsa autostima è più comune nelle persone particolarmente belle rispetto a quelle “di bellezza comune”. La Lombardia non è una persona, ma la narrazione della Lombardia è fatta da persone e dalla società. Cosa pensa la Regione Lombardia (ente Regionale) di sé stessa? Sono una Regione bellissima, intraprendente e proiettata nel futuro.
Ma i dati reali, come abbiamo visto, raccontano una storia diversa.
Roberto Romano e Paolo Maranzano