![The Last Of Us](https://www.radiopopolare.it/wp-content/uploads/2023/01/The-Last-Of-Us.jpg)
“Sembra un videogioco”: la frase è stata usata, e viene ancora usata spesso, per criticare negativamente film o serie televisive. La maggior parte delle volte, significativamente, chi la pronuncia non è un videogiocatore né un esperto di materia videoludica, una branca dell’intrattenimento che negli anni si è espansa fino a superare economicamente cinema e televisione, e che ha evoluto e raffinato moltissimo il proprio linguaggio. Alcune delle frontiere dell’audiovisivo, come la realtà virtuale (di cui i festival cinematografici, a partire da quello di Venezia, si occupano sempre più spesso) confinano oggi con il videogioco e con le sue esperienze immersive. D’altra parte, i videogiochi stessi hanno adottato tecniche visive e strutture narrative dei racconti cinematografici e televisivi, e secondo gli esperti uno degli esempi migliore di fusione tra i vari linguaggi è The Last of Us, gioco ideato e scritto da Neil Druckmann, sviluppato dall’azienda Naughty Dog e distribuito da Sony per PlayStagion e Windows.
Uscito nel 2013, The Last of Us è stato definito da molti con il roboante titolo di “miglior videogioco di tutti i tempi”, ha raggranellato ben 256 premi di settore e nel 2020 – in piena pandemia – ha visto l’uscita di un altrettanto acclamato sequel, The Last of Us: Parte II. L’accenno alla pandemia non è solo una casuale tempistica, ma è parte fondamentale del mondo immaginato dal gioco: un futuro prossimo in cui sulla Terra si è propagata un’epidemia nata dalla mutazione di un fungo che infetta i cervelli umani trasformando le persone in creature incontrollabili e aggressive.
Una variazione sul tema dell’apocalisse zombie, naturalmente, e infatti le ispirazioni per The Last of Us vengono dalla sovrapposizione di campi molto distanti: il cinema horror e post apocalittico, appunto, e il documentario naturalistico (il creatore del gioco Druckmann racconta di avere avuto l’intuizione principale guardando un episodio della serie BBC Planet Earth sui funghi). Protagonisti di The Last of Us sono un uomo, Joel, che ha perso la sua famiglia nelle prime fasi della pandemia e che ora, molti anni dopo, si barcamena come contrabbandiere, e Ellie, una ragazzina di 14 anni che pare miracolosamente immune all’infezione del fungo.
La civiltà umana nel frattempo è in frantumi, e, negli Stati Uniti in cui il racconto è ambientato, l’autorità militare si scontra con milizie ribelli. Joel viene incaricato di portare Ellie, come fosse un altro dei suoi carichi di contrabbando, fuori da una zona di quarantena: è così che comincia l’avventura dei videogiocatori, ma anche l’evoluzione di un rapporto tra i due protagonisti che s’intensifica fino a diventare addirittura commovente. È parso chiaro fin da subito che The Last of Us sarebbe potuto diventare un film o una serie tv, non tra qualche preoccupazione, perché gli adattamenti cinematografici e televisivi di videogame hanno una storia molto sfortunata, in cui i pessimi risultati superano in quantità quelli riusciti.
Ora però The Last of Us è diventata una serie HBO, cominciata il 15 gennaio, negli Stati Uniti e trasmessa anche in Italia, in contemporanea, su Sky Atlantic e in streaming su NOW. Anche se il 2023 è iniziato da appena due settimane, si tratta di una delle serie più attese dell’anno, accolta dalla critica televisiva con elogi ed entusiasmi pressoché unanimi. Al timone dell’adattamento, oltre allo stesso Neil Druckmann che ha inventato il videogioco, c’è Craig Mazin, cioè l’ideatore della splendida e premiatissima miniserie Chernobyl, e anche se sulla carta le due storie potrebbero sembrare lontane – fantascienza-horror una, dramma storico l’altra – in realtà i punti di contatto sono molteplici: un senso di apocalisse umana e ambientale permeava lo show sul disastro sovietico della centrale di Prypiat.
In The Last of Us, per cui HBO non ha badato a spese, i protagonisti Joel e Ellie sono interpretati da due volti conosciuti ai fan di Il trono di spade, cioè Pedro Pascal e Bella Ramsey, che nella serie fantasy erano rispettivamente Oberyn Martell e Lyanna Mormont (ma Pascal è stato protagonista pure di Narcos, e a marzo tornerà anche sotto l’elmo di The Mandalorian).
Traendo il meglio dai due mondi – l’ambientazione, l’immersività e l’azione del videogame, l’approfondimento psicologico e narrativo della serialità televisiva – The Last of Us promette già di essere non solo uno dei migliori adattamenti di un videogame di sempre, ma anche una delle nuove serie più amate dell’anno. E di dare alla frase «sembra un videogioco» tutto un altro significato.