Nel 2003 Lula, per la prima volta presidente del Brasile, sceglie come ministro della Cultura Gilberto Gil, uno dei più grandi esponenti della Musica Popolare Brasiliana, afrodiscendente, imprigionato e costretto all’esilio dalla dittatura militare: la statura artistica e la fisionomia politica di Gil e la sua grande notorietà anche internazionale rappresentano degnamente l’importanza attribuita da Lula alla cultura nella costruzione di un nuovo Brasile. Il ministero che Gil guida è ancora giovane nel panorama dei dicasteri brasiliani: è stato creato nel 1985, proprio con la fine del ventennio della dittatura militare e il ritorno alla democrazia.
Gil resta ministro della cultura per il primo e per parte del secondo mandato di Lula, fino al 2008. Nel 2016, succeduta a Lula, Dilma Rousseff viene destituita con un golpe bianco e sostituita dal suo vice, Michel Temer, che subito scioglie il ministero della cultura, che sempre nello stesso anno deve però, per le forti proteste, reintegrare.
Ma nel gennaio del 2019, appena eletto, Jair Bolsonaro scioglie nuovamente il ministero della cultura, accorpando la cultura con lo sport e lo sviluppo sociale in un unico ministero denominato “ministero della cittadinanza”. Nella responsabilità di segretari alla cultura si succedono diversi esponenti bolsonaristi: fra cui Roberto Alvim, che nel gennaio 2020 lo stesso Bolsonaro è costretto a rimuovere perché Alvim parlando di arte brasiliana ha copiato un discorso del ministro della propaganda di Hitler Joseph Goebbels. Basta questa breve ricostruzione per capire che il ministero della cultura e la cultura stessa sono in Brasile una posta tutt’altro che secondaria nel confronto fra le forze a vocazione fascista e golpista uscite sconfitte dalle elezioni e lo schieramento progressista che sta cercando di riprendere le redini del Brasile. Dal primo gennaio 2023, con l’assunzione delle funzioni presidenziali da parte di Lula, il Brasile ha di nuovo un ministero della cultura: e in un governo con il numero più alto nella storia istituzionale brasiliana di donne-ministro, 11 su 37, è una donna a guidarlo, la cantante, ma anche attrice e produttrice teatrale e televisiva, Margareth Menezes.
In un paese spaccato e in una situazione delicatissima, confermata dalla Capitol Hill brasiliana di pochi giorni fa, non c’è da dubitare che la scelta non è stata certo quella di una figura di pura rappresentanza: c’è un aspetto simbolico, perché Margareth Menezes viene come Gilberto Gil dal mondo della musica, è come lui una artista di grande popolarità e carisma, e come lui è afrodiscendente, e questo riporta quindi alla scelta del 2003 e appare per il ministero della cultura come un nuovo inizio: in più Margareth Menezes proviene da una famiglia povera, e proprio le sue umili origini e non i suoi meriti artistici Menezes ha significativamente richiamato al momento dell’investitura. E al mondo in cui è nata e cresciuta Margareth Menezes da una ventina d’anni rivolge le sue attenzioni investendo risorse in progetti che hanno offerto istruzione e accesso all’apprendimento artistico a migliaia di bambini e giovani svantaggiati. Personalità forte, Margareth Menezes ha quindi un’esperienza anche sociale e di gestione pratica della cultura, e saprà riempire di contenuto quello che ha detto alla cerimonia di nomina: “La cultura è l’espressione della democrazia ed è uno strumento di costante trasformazione”.
Foto | Il presidente Lula con Margareth Menezes