Il 2022 finisce con il più clamoroso scandalo che abbia mai colpito il Parlamento Europeo. È stato ribattezzato Qatargate, ma già è evidente che non sono i solo i rapporti con l’Emirato a essere coinvolti.
Gli inquirenti della procura federale belga stanno analizzando anche quelli con il Marocco. E nelle prossime settimane – con il prosieguo dell’inchiesta – sapremo se ci sono altri filoni. Soprattutto, si capirà se attorno al gruppo che faceva capo all’ex eurodeputato Antonio Panzeri, accusato di corruzione e ancora in carcere, e alla sua Ong, ci sia stata una vera e propria rete di rapporti illeciti. Se si tratti cioè di un fenomeno tutto sommato limitato, per quanto ben organizzato. Oppure se le pratiche corruttive contestate dai magistrati siano ben più diffuse a Strasburgo. E magari arrivino a toccare anche la Commissione di Ursula Von der Leyen, finora al di fuori dell’inchiesta.
Due questioni sono comunque già chiare. La prima riguarda il rapporto con le lobby, i gruppi di interesse, che attorno e nelle istituzioni europee si muovono. Sono tante e agguerrite, spesso si muovono nel lecito ma comunque in una zona molto delicata che richiede regole e trasparenza. Le regole esistono ma evidentemente sono facilmente aggirabili e vanno ripensate. Gli anticorpi dipendono dalla classe dirigente che si manda in Europa e dalla sua credibilità.
La seconda cosa che emerge riguarda la reputazione del Parlamento Europeo. Anzitutto non è vero che si occupa di bazzecole, come certa narrativa euroscettica racconta. A Strasburgo si decidono questioni importanti e le lobby – lecite o meno – lo hanno capito benissimo e non da ora. È ora che l’Europa, le sue istituzioni, soprattutto l’unica eletta dal popolo, il Parlamento, sia tenuta nella giusta considerazioni dai partiti nazionali, dai media e dagli stessi cittadini. Senza sconti, senza entusiasmi acritici con la consapevolezza politica dovuta, nel nostro interesse, a un luogo dove si prendono decisioni che riguardano la vita di tutti noi.