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Come è cambiata la manovra economica, l’accordo sul tetto al prezzo del gas e le altre notizie della giornata

Salvini Meloni ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 19 dicembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Alla fine, coi tempi sempre più stretti, la maggioranza di governo è costretta a rinunciare ad alcune delle bandiere che aveva inserito nella manovra economica. Da 230 milioni di euro a zero. Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto nel maxi emendamento alla manovra, è questa la cifra che il governo di destra ha deciso di destinare ai fondi per l’affitto e la morosità incolpevole. A Bruxelles, intanto, oggi si sono riuniti i ministri dell’energia dell’Unione europea ed è stato annunciato un accordo su un tetto al prezzo del gas, mentre Putin si è recato in Bielorussia per la prima volta in tre anni. L’inizio di un “patto di pace con la natura”: così il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha definito l’accordo siglato in Canada al termine della Cop 15 per salvare la biodiversità del pianeta.

Meloni e Salvini costretti a rinunciare alle misure bandiera inserite nella manovra

La manovra economica. In queste ore il testo resta in commissione bilancio alla Camera, tra tempi stretti per l’approvazione e rinunce da parte della maggioranza, dopo le pressioni europee contro alcune misure-simbolo contenute nel testo.

(di Anna Bredice)

Alla fine l’unico obiettivo raggiunto per il governo di destra è quello di aver scardinato il reddito di cittadinanza, che nel 2024 sarà abolito del tutto e che per il prossimo anno si è ancora più ristretto per i cosiddetti occupabili, passa dagli otto mesi previsti a sette mesi. Per quella grande platea di persone in una situazione di semi o totale povertà non c’è moltissimo in questa manovra, che si allarga in mille rivoli, perdendo le bandiere più importanti dei partiti. È così sicuramente per Matteo Salvini che riesce a portare a casa la riduzione dell’Iva sul pellet, facendo suo anche il mese in più di congedo per i padri, ma dalle grandi battaglie esce sconfitto, innanzitutto da quella dichiarata ai pagamenti con il Pos, “chi paga il caffè con il bancomat è un rompiballe”, aveva detto, ora deve fare marcia indietro. Rimane l’aumento del tetto al contante, ma anche sulle cartelle esattoriali deve accontentarsi di molto poco rispetto a quello che voleva, riesce ad ottenere l’estensione della Flat tax ma solo per gli autonomi. Alla fine ha vinto il pragmatismo, Meloni ha sacrificato misure a rischio di evasione fiscale per poter portare a casa i soldi del PNRR promessi. Oltre al reddito di cittadinanza, l’altra cifra di questa manovra, è il restringimento delle possibilità di accedere alle pensioni con Opzione donna, condizionate dal numero di figli e da tre criteri che non hanno a che fare solo con il lavoro svolto per decenni. Si fa cassa quindi restringendo diritti già acquisiti. Chi va meglio è Forza Italia, Berlusconi che recrimina sempre di non essere stato considerato abbastanza, riesce però ad ottenere le pensioni minime a 600 euro anche se solo per un anno, la decontribuzione per le assunzioni di chi perde il reddito di cittadinanza e la proroga del superbonus fino a fine anno. È una legge di bilancio che delle promesse elettorali riesce a realizzarne ben poche e, come in altri casi, cerca di inserire dentro alla manovra anche temi che poco c’entrano con la legge di bilancio, ad esempio lo sganciamento delle intercettazioni preventive da quelle investigative. Andrea Orlando del Pd si chiede se con questa distinzione ora le intercettazioni preventive passano sotto il controllo della politica e di Palazzo Chigi.

Zero fondi per l’affitto e la morosità incolpevole nella manovra

Un tratto distintivo della manovra resta quindi l’attacco al reddito di cittadinanza, che viene colpito insieme a un’altra misura destinata ad aiutare le fasce più deboli: quella sui fondi per sostenere chi non riesce a pagare l’affitto.

(di Mattia Guastafierro)

Da 230 milioni di euro a zero. Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto nel maxi emendamento alla manovra, è questa la cifra che il governo di destra ha deciso di destinare ai fondi per l’affitto e la morosità incolpevole. Due contributi di solidarietà che ogni anno devono essere integrati dalla legge di bilancio. A gestirli è il ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, che ha la delega alla casa, ma per il 2023 resteranno a secco. Una scelta, contestata da opposizioni e sindacati, su cui il governo finora non sembra voler fare marcia indietro, nemmeno dopo la lettera aperta inviata a Salvini dal segretario dell’Unione degli inquilini, Walter de Cesaris, che teme una bomba sociale.
Secondo l’Istat, in Italia sono 900mila le famiglie in affitto sotto il livello della povertà assoluta. 250mila quelle che l’anno scorso hanno beneficiato delle misure sulla casa. Molte di queste rischiano ora di trovarsi in una condizione di morosità o peggio di aggiungersi a chi già oggi è sotto sfratto, aggravando un contesto di sofferenza abitativa già al limite. Ricordiamo, attualmente, sono circa 150mila gli ordini esecutivi in atto. Il taglio però non mette in difficoltà solo i più poveri, ma rischia di danneggiare anche per proprietari di casa, che in questi anni – segnati prima dalla pandemia e poi dal caro-energia – proprio grazie a quei provvedimenti hanno ricevuto il pagamento del canone.

L’accordo europeo sul tetto al prezzo del gas

A Bruxelles oggi si sono riuniti i ministri dell’energia dell’Unione europea ed è stato annunciato un accordo su un tetto al prezzo del gas. Un tema legato alla guerra in Ucraina e ai profitti fatti dalla Russia attraverso la vendita del metano.

(di Andrea Monti)

Le trattative andavano avanti da prima dell’estate e questo pomeriggio è arrivata la notizia: dal 15 febbraio dovrebbe entrare in vigore un limite di 180 euro a megawattora, che scatterebbe al terzo giorno di sforamento della soglia. La cifra è nettamente più alta del costo medio degli ultimi mesi: oggi per esempio le contrattazioni al mercato di riferimento di Amsterdam si sono chiuse a 108 euro. Il provvedimento riguarda tutto il gas, non solo quello russo, che però è il primo obiettivo. Il portavoce di Putin ha definito l’accordo “inaccettabile” e ha detto che da Mosca ci sarà una reazione. Da capire se il patto sarà confermato nelle prossime settimane, se davvero diventerà operativo a metà febbraio e con quali effetti, a partire proprio dal modo in cui risponderà il regime russo. Il tetto al prezzo del gas è un tema su cui si era impegnato molto Mario Draghi da capo del governo. Oggi a festeggiare da presidente del consiglio c’è Giorgia Meloni, che parla di “vittoria dell’Italia”. L’accordo non è stato all’unanimità: l’Ungheria ha votato contro e Austria e Paesi bassi si sono astenuti, mentre la Germania – che in questo come in altri negoziati aveva un ruolo centrale – ha detto sì.

Cosa significa la visita di Putin in Bielorussia?

(di Emanuele Valenti)

Putin non andava a Minsk da tre anni. Vuol dire che ci sono da prendere decisioni importanti per le relazioni tra i due paesi. Sappiamo delle difficoltà di Mosca in Ucraina.
Le domande sono due: Putin vuole che Lukashenko gli dia un maggior supporto logistico per una nuova operazione di terra nel nord, verso Kyiv? E vuole che ci sia anche l’esercito bielorusso? Gli ucraini sostengono di sì, e dicono di prepararsi a ogni eventualità per le prime settimane del prossimo anno.
Russi e bielorussi stanno facendo esercitazioni militari congiunte non lontano dal confine ucraino. E il ministero della difesa di Minsk ha detto più volte di aver verificato che le sue unità siano pronte.
Minacciare gli ucraini da nord serve a Mosca anche per ostacolare l’arrivo di armi occidentali dalla Polonia, e nonostante abbia sottolineato l’indipendenza del suo paese Lukashenko non è nelle condizioni di dire no alle richieste di Putin. Il suo paese e il suo regime dipendono dalla Russia.
Ma altri elementi suggeriscono la massima prudenza: Minsk ha circa 40 mila militari, non tanti. E visto il suo basso grado di popolarità un intervento diretto in ucraina rappresenterebbe per Lukashenko un rischio politico. E poi c’è la crisi economica, anche per le sanziono occidentali.
Da parte loro i russi avrebbero nel paese vicino tra i 10 i 15 mila uomini, decisamente meno rispetto allo scorso febbraio.
Tenere alta l’attenzione di Kyiv sul fronte nord, servirebbe però al Cremlino a tenere una parte dell’esercito ucraino lontano dal sud-est. Una vera partita a scacchi.

Il patto di pace con la natura firmato alla COP 15

L’inizio di un “patto di pace con la natura”: così il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha definito l’accordo siglato in Canada per salvare la biodiversità del pianeta.
L’accordo è stato firmato oggi alla Cop15, la conferenza delle nazioni Unite che si è tenuta a Montreal. Prevede che il 30% della terra e del mare siano aree protette entro il 2030.
“Così com’è, è solo un numero vuoto, con tutele solo sulla carta”. Lo dichiara An Lambrechts, a capo della delegazione di Greenpeace alla COP15. “Venti miliardi di dollari all’anno fino al 2025 e poi trenta miliardi di dollari all’anno fino al 2030 sono un inizio, ma non sono sufficienti – prosegue Lambrechts -. Con un deficit di finanziamento della biodiversità di settecento miliardi di dollari, non è chiaro da dove verrà il resto del denaro. Critici anche i Paesi africani, che hanno accusato la presidenza cinese di aver fatto approvare il testo senza tenere conto delle loro opposizioni: i paesi ricchi – dicono – dovrebbero dare più aiuti ai paesi in via di sviluppo. Emanuele Bompan, giornalista presente alla Cop 15, direttore di Materia Rinnovabile:


 

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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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