Breaking Dad

Mondiali: il boicottaggio all’ora di cena

Ci sono due fratelli che hanno quindici e undici anni. Si vogliono molto bene e la sera, quando sono con il loro papà, durante la cena scherzano, ridono, guardano la tv, insomma fanno quelle cose che ti fanno stare bene al solo vederli. Ma poi arriva il Mondiale del Qatar.

Lo so, lo so, che lo dicevate tutti già dal 2010, che ora è un anno che non parlavate d’altro eccetera, eccetera. Tutti bravi. Ma alle conseguenze sulle dinamiche familiari ci avevate pensato? E, per essere ancora più pratici, ci avevate pensato a come cavolo cenare se un fratello boicotta il controverso torneo e l’altro non vede l’ora di ammirare il suo idolo Neymar di cui tiene un pupazzetto sulla mensola della camera? Ecco. Ieri sera ha debuttato il Brasile. Ma facciamo un passo indietro.

“Oh, la settimana prossima cominciano i Mondiali”, dice Fabri.

“Io li boicotto”, risponde Franci.

“Ragazzi, cosa cuciniamo per cena”, svio il discorso, vigliaccamente.

Ma Fabri ha fiutato qualcosa, anche se non gli è affatto chiaro il concetto di boicottaggio. Con l’istinto di un fratello minore, ha intuito che c’è un pericolo, dietro quella strana parola pronunciata dal suo fratellone.

Cioè ma vi rendete conto? E’ uno scandalo. Questi Mondiali fanno schifo. Lo sapete quanti lavoratori sono stati sfruttati come schiavi per costruire quegli stadi assurdi in mezzo al nulla, che poi verranno magari buttati giù perché tanto in Qatar chi cavolo è che gioca a pallone? E per non parlare dei diritti civili: le donne e gli omosessuali, oh ma sapete che i gay in Qatar sono considerati, se gli va bene, dei malati mentali? E poi hanno detto che se due si baciano li arrestano. E l’ambiente? Vogliamo parlare dei costi ambientali di questo inutile Mondiale? Ma sapete che tengono l’aria condizionata negli stadi perché sennò si muore di caldo e se ne fregano allegramente del surriscaldamento globale? E che mondiale assurdo è, d’inverno? E perché tutto questo? Per i soldi, solo per il business dei diritti televisivi, dei grandi sponsor, delle multinazionali e delle federazioni immanicate con gli sceicchi, e poi…

“Franci, vuoi un megafono? Secondo me viene ancora meglio”

“Vaffa…”

Ha ragione, che gli vuoi dire? E poi, solo per la passione civile meriterebbe, lui sì, la Coppa del mondo. Ma, ancora una volta, Fabri va dritto al punto che gli interessa:

“Ma quindi non guardiamo le partite?”

“Io non ci penso nemmeno, non voglio essere complice di questo schifo, che…”

“Ok, ok, abbiamo capito”.

Per fortuna la cena è pronta, al mondiale manca una settimana e una bella puntata di MasterChef, almeno per il momento, mette tutti d’accordo. A meno di non voler boicottare il buon Cannavacciuolo per la pettinatura. O Chef Barbieri per le inguardabili giacche.

E torniamo al giorno del Brasile. Del boicottaggio se ne è parlato ancora, ma fino a ieri sera non era mai diventata una questione concreta, non ce n’era stata l’occasione. Sì, c’era stata Francia-Australia, all’ora di cena. Ma il martedì Fabri ha il suo allenamento di calcio e finisce tardi. E poi i francesi sono antipatici e gli australiani, boh, io sapevo che si lanciano il boomerang mica che giocano a  pallone. Si può non guardare. Ecco, eravamo riusciti a cavarcela così.

Ma il Brasile è il Brasile. Che sia quello di Pelè, di Falcao o di Neymar per un bambino appassionato di calcio è il richiamo della foresta. Irresistibile. Senza contare che, certamente, tutti gli amici-compagni di squadra ne parleranno.

“Se volete guardarla io vado di là, ceno da solo in camera”, esordisce Franci.

“Ma scusa: ma se vai di là chi è che lo sa? Cioè, non è che se mangi con noi e vedi un pezzo di partita qualcuno lo sa, quelli del Qatar mica lo vengono a sapere…”, Fabri la fa facile.

Francesco alza gli occhi al cielo al cospetto di tanto cinismo.

Alla fine, come spesso accade, il papà deve fare il Var. Ed emettere il verdetto. Ok: fino a che non è pronto, teniamo la tv accesa senza volume e, nel via vai, chi vuole dà un’occhiata. Poi mangiamo qui, come sempre, tutti e tre insieme, senza partita. Finito di cenare, Franci andrà in camera a suonare la chitarra e Fabri vedrà un po’ del match. Tutti d’accordo? Qualche rimostranza, ma di dettaglio. Non importa, tanto si fa così uguale.

Ammirato dalla coerenza di Franci e commosso dalla passione di Fabri, non trovo soluzione migliore. Ma sembra funzionare. Poi arriva il 73esimo minuto del secondo tempo. Il Brasile sta vincendo 1 a 0 ma attacca ancora. Dalla sinistra Vinicius la mette in mezzo, un assist pennellato per Richarlison. Che fa una cosa straordinaria: con un tocco si alza il pallone appena sopra la testa, poi si coordina ed esegue una semirovesciata spettacolare che finisce alle spalle del portiere avversario. Fabri salta in piedi e grida: che gooooool!!! Io lancio lo strofinaccio e corro davanti alla tv. Un gol bellissimo, davvero. Per chi se la ricorda, il gesto atletico sembra riprodurre la celebre immagine delle figurine Panini. Dalla camera, di là, tutto tace. Ma Fabri non resiste, vuole assolutamente (e un po’ perfidamente) coinvolgere il fratello.

“Franci, Franci, vieni, un gol pazzesco! Vero papà?”

“Ma vai, ma vieni, ma che gol ha fatto?!” (perdo un po’ il controllo, lo ammetto. Avrei sempre voluto segnare un gol così…)

Franci si affaccia, va verso la cucina. Chiede solo: “Bello?”. Si versa un bicchiere d’acqua e torna nell’altra stanza. Passando davanti alla tv dà una fugace occhiata al replay. “Azzz.. che gol!”. E torna di là. Fabri saltella e manda messaggi nella chat degli amici.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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