Il racconto della giornata di sabato 22 ottobre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il governo della destra di Giorgia Meloni ha giurato questa mattina al Quirinale. E’ l’esecutivo più a destra della storia repubblicana, a capo per la prima volta c’è una donna, ma le ministre sono solo sei. Tutta la destra estrema europea si congratula, domani ci sarà il passaggio di consegne e il primo consiglio dei ministri. Tra lunedì e mercoledì si vota la fiducia alle Camere. A Milano si è tenuta la prima manifestazione della società civile contro il governo di destra, a Roma in piazza vanno i sindacati. “Convergere per insorgere”, in 15mila sfilano a Bologna per il clima e il lavoro: nessuna contrapposizione tra questione sociale e ambientale. E il maxi-corteo ha invaso anche la tangenziale che il Comune vuole allargare. Dopo i bombardamenti alle infrastrutture, un milione e mezzo di di persone in Ucraina sono rimaste senza elettricità.
A Meloni va il merito di essere la prima?
(di Diana Santini)
Se io fossi Giorgia Meloni mi verrebbe l’orticaria a leggere i pelosi tweet di congratulazioni per essere “la prima presidente del consiglio donna” di questo Paese, cinguettati in rete dagli stessi dirigenti che a casa propria trescano nelle compilazioni delle liste per escludere le donne dal Parlamento. Forse lei invece se ne compiace: d’altronde a finire nei libri di storia non sarà Enrico Letta (va beh questa era fin troppo facile) ma lei, e in virtù di nessun altro merito se non essere stata la prima. Che non è poco: Cristoforo Colombo, che non ha nemmeno scoperto l’America, ci campa da cinquecento anni.
E allora io domattina, con in sottofondo la campanella del passaggio di consegne a palazzo Chigi, vorrei avere seduta al tavolo della cucina una figlia femmina, grande abbastanza per capire ma non abbastanza per essere già irrimediabilmente inquadrata, seduta assonnata davanti alla sua tazza di latte: e dirle, sai che c’è? Lo sai chi ci comanda da oggi? E lasciare lì a maturare un’informazione che nel tempo diventerà la forma dei desideri possibili, dell’immaginarsi da grandi. E del diventarlo.
Che sia stata una donna di destra a capire che quel soffitto non era affatto di cristallo come le scarpine di cenerentola ma di mattoni grossi quanto Crosetto e che per abbatterlo non servivano appelli e consulte, ma cornate, fa rosicare, è ovvio, anche chi non lo può ammettere. Le obiezioni sulla natura maschile dello stile di potere di Meloni sono suggestive ma accademiche: la piccina con le cispe negli occhi davanti al suo latte non ne avrà memoria, rilassata dal fatto che qualcuna prima di lei abbia dimostrato di poter fare quanto e peggio di chi l’aveva preceduta. Tutto il resto è la solita solfa: nel neonato governo le donne sono sei su 23, tutte in ministeri tradizionalmente femminili, tranne un’ultraliberista al lavoro. D’altronde, chi è senza peccato vada a rileggersi la lista delle sue, di ministre. Per quella che con un pietoso eufemismo abbiamo preso a chiamare la non-destra è una sconfitta, e storica, c’è poco da dire, ma qualcosa di inedito è successo, e lo capirebbe perfino una bambina.
Un milione e un mezzo di ucraini sono rimasti senza corrente
Trentasei razzi sono stati lanciati dall’esercito russo in varie aree del paese. Lo ha detto il presidente ucraino Zelensky, secondo cui molti dei missili sono stati abbattuti. “Il mondo deve fermare questo terrore”, ha aggiunto Zelensky. Gli obiettivi degli attacchi russi sono soprattutto gli impianti energetici del paese. A causa della distruzione di queste infrastrutture, secondo le autorità di Kiev, circa un milione e mezzo di ucraini sono rimasti oggi senza elettricità. Nei giorni scorsi in città sono iniziate le interruzioni forzate di elettricità, allo scopo di risparmiare energia in vista dell’inverno. Il governo ha fatto appello alla popolazione a spegnere gli elettrodomestici non necessari. Nei negozi sono esauriti i generatori di corrente, come ci ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato a Kiev per il Corriere della Sera.
Sfilano in 15mila a Bologna: “Fine del mese, fine del mondo, la stessa lotta”
(di Riccardo Tagliati)
Un fiume di migliaia di persone ha sfilato a Bologna. “Convergere per insorgere” era l’appello lanciato da Fridays for future, Extintion ribellion, il collettivo di fabbrica Gkn di Firenze e reti ecologiste bolognesi. Appello raccolto da oltre 15mila persone provenienti da diverse parti del Paese. Centri sociali, collettivi, partiti della galassia della sinistra sinistra, sindacati di base, movimenti femministi e queer. Il lungo serpentone partito da piazza xx Settembre ha raggiunto la tangenziale con l’idea di violare il simbolo stesso del modello di sviluppo che sta distruggendo il pianeta: quella tangenziale che verrà allargata, con la costruzione del passante di mezzo, la grande opera votata in consiglio comunale dalla maggioranza di centro sinistra del sindaco Lepore.
“Benvenuti a Bologna, la città del greenwashing” stava scritto su di uno striscione. Anche se il più rappresentativo recitava “Fine del mese, fine del mondo, la stessa lotta”. Questo lo spirito della manifestazione: unire la lotta di lavoratori, precari a quella degli ambientalisti. Obiettivo riuscito. Bersagli privilegiati degli attacchi dai megafoni il governo Meloni, “fascista”, il capitalismo estrattivista che sta devastando il pianeta e il Pd e i suoi alleati colpevoli di difendere un modello di sviluppo, come quello della motor Valley emiliana, ancora incentrato su combustibili fossili e consumo di suolo. Lungo il percorso è stato imbrattato un distributore dell’Eni ed è stata eretta una piccola barricata di bancali e materassi nel tratto di autostrada a14 che corre accanto alla tangenziale.
Ancora morti nel Mediterraneo
Un barchino si è ribaltato in serata vicino all’isolotto di Lampione, mentre si avvicinava una motovedetta della Guardia di Finanza di Lampedusa. Settanta migranti, finiti in acqua, sono stati messi in salvo. All’appello manca però una bambina di poche settimane. I genitori, che erano con lei a bordo, hanno detto di averla vista scomparire fra le acque. Sono in corso in questo momento le ricerche. Il barchino era partito da Sfax, in Tunisia. Sempre dalla Tunisia arriva un’altra storia di migranti.
Nei giorni scorsi il Mediterraneo ha restituito i corpi di alcune delle vittime di un naufragio avvenuto un mese fa al largo di Zarzis, nel sud della Tunisia. Delle 18 persone che erano a bordo, al momento sono state rinvenute solo alcune salme che sono poi state sepolte senza che le autorità avessero eseguito le analisi del DNA. Da diversi giorni la città di Zarzis è perciò teatro di proteste da parte di famiglie, scuole e associazioni che reclamano verità circa la scomparsa dei loro concittadini e puntano il dito contro la pratica, che ha luogo da decenni e non solo in Tunisia, di seppellire i corpi trovati in mare senza effettuare l’identificazione. Alle loro proteste si sono aggiunte 50 organizzazioni umanitarie che hanno sottoscritto un appello per chiedere verità e giustizia. Tra queste c’è anche Action Aid, di cui fa parte Lorenzo Figoni.