Il racconto della giornata di giovedì 20 ottobre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Si è conclusa la prima giornata di consultazioni, ma il momento più atteso di questo giro è previsto per domattina, quando il centrodestra salirà unito da Mattarella, ma a parlare dopo l’incontro sarà soltanto Giorgia Meloni. A Bruxelles è in corso il vertice dei leader europei sulla crisi energetica. L’intesa sul price cap è ancora lontana: il tetto al prezzo del gas divide i Paesi membri e rompe l’asso franco-tedesco. Roma e Parigi guidano il fronte dei Paesi a favore, Amsterdam e Berlino tra i contrari. Dopo i violenti bombardamenti degli ultimi giorni, il governo ucraino ha deciso di limitare l’uso della corrente elettrica: la Russia ha distrutto un terzo delle centrali del paese. Travolta dalle polemiche per le scelte economiche, la premier britannica Liz Truss si è dimessa dopo 44 giorni in carica. Le elezioni del suo successore, il terzo in un anno, si terranno il 28 ottobre.
Il primo giorno di consultazioni. Domani il centrodestra al Colle
(di Anna Bredice)
C’è un convitato di pietra che incombeva oggi sul Quirinale per questa prima giornata di consultazioni. Era Silvio Berlusconi che domani invece si materializzerà in carne ed ossa al Colle, perché guiderà la delegazione di Forza Italia. Andranno tutti uniti alle 10.30 da Mattarella e sarà naturalmente l’incontro più importante perché si tratta del futuro governo e perché Berlusconi dovrebbe rimanere zitto per tutto il tempo per far parlare la leader dell’intera coalizione, Giorgia Meloni. Bisognerà vedere se riuscirà a trattenersi. È stato Lupi a dire che sarà Giorgia Meloni, colei che dovrà ricevere l’incarico, a parlare per tutti.
A dire invece che ci sarà Berlusconi alle consultazioni è stato Tajani a Bruxelles, l’altro politico che pensava di avere la Farnesina già assicurata e il cui nome oggi insieme a quello di Berlusconi è stato il più citato. Nessuno tra i gruppi dell’opposizione si è spinto a chiedere a Mattarella di rifiutare il nome di Tajani agli Esteri. È tra le prerogative del Capo dello Stato scegliere i ministri, ma lo hanno detto fuori alla stampa, “ci vuole un chiarimento definitivo in politica estera, non può essere ministro degli Esteri chi appartiene a una forza politica il cui capo si è espresso così”, ha detto Calenda ad esempio, tra i più morbidi su altri piani nei confronti di un governo Meloni, sui temi economici tra gli altri.
Giorgia Meloni domani parlerà al Capo dello Stato, ma in questi giorni difficili potrebbe aver avuto alcuni contatti con il Quirinale. Quelle parole di ieri, “o si sta con Kiev o si è fuori dal governo” sono state molti chiare e forse apprezzate da Mattarella, il quale potrebbe anche accettare Tajani se avrà la garanzia che rappresenterà una linea diversa da quella espressa da Berlusconi. In ogni caso Giorgia Meloni ha fretta di chiudere, anche perché non ci sarebbe foto migliore per rappresentare la sua posizione atlantista ed europeista che una foto accanto a Macron in Italia, il giorno dopo il giuramento.
La strategia per isolare i filorussi
(di Luigi Ambrosio)
Oggi il Partito Popolare Europeo ha definito Berlusconi il passato. Non è più lui il punto di riferimento dei centristi europei. Questo trapela dall’incontro europeo dei dirigenti del Ppe.
Sono stati i due audio usciti dalle assemblee dei gruppi di Forza Italia a essere considerati il limite che non avrebbe dovuto essere superato. “Le parole di elogio di Putin e l’attacco a Zelensky sono inaccettabili” è la linea del Ppe.
Nello stesso giorno Tajani, il candidato forzista a diventare ministro degli Esteri, è volato a Bruxelles per cercare un appoggio per garantirgli il posto alla Farnesina.
La Presidente del Parlamento Europeo nonché tra i leader del Ppe, Roberta Metsola, oggi ha spiegato quali siano i suoi riferimenti in Italia: “Ho parlato fin dal momento successivo alle elezioni con Meloni, Draghi, Letta e Tajani Ho avuto dichiarazioni molto chiare sul fatto che l’Italia deve restare al centro dell’Unione Europea”.
Una sponda europea per la nascita di un governo Meloni che mantenga salda la linea italiana in politica estera, soprattutto ora che c’è la guerra. Una sponda che cerca di isolare Berlusconi e la componente di Forza Italia che guarda a Salvini.
Sempre oggi Draghi, tra i citati da Metsola, è come se avesse dato pubblicamente le consegne al nuovo governo di Meloni:
“L’appartenenza all’Unione Europea e alla Nato sono capisaldi della nostra politica estera e dobbiamo essere protagonisti delle nostre alleanze” ha detto anche lui da Bruxelles, dove si tiene il vertice Europeo.
Bruxelles oggi è quindi protagonista della politica italiana e non è un caso: il governo Meloni sarà osservato speciale all’estero, in Europa e negli Stati Uniti, soprattutto perché non c’è solo Berlusconi, c’è anche la Lega di Salvini, da sempre filo putiniano. Una situazione che preoccupa soprattutto per una continua tensione, qualcuno la descrive una sorta di guerriglia, cui potrebbe essere sottoposto il governo. Una situazione che si cerca di sterilizzare separando i leader filo russi dalle sorti del governo. Una strategia cui ha fatto riferimento l’ambasciatore ucraino in Italia, Melnyk: “Speriamo che queste dichiarazioni siano state dichiarazioni a titolo personale e che non sia la posizione ufficiale del governo”.
L’Ucraina decide di razionare la corrente elettrica dopo i blackout in tutto il paese
(di Emanuele Valenti)
È la prima volta, dall’inizio della guerra, lo scorso febbraio, che il governo ucraino decide di limitare l’uso di corrente elettrica. Finora la mancanza di luce, acqua e riscaldamento l’aveva vissuta chi si trovava nelle aree dei combattimenti, nel sud e nell’est. Ora è una condizione che riguarda tutto il paese. Le difficoltà sono generalizzate. Esattamente quello che voleva il Cremlino con i raid degli ultimi 10 giorni sulle infrastrutture civili, in molti casi appunto quelle energetiche.
Secondo Kyiv ci sono stati ben 300 bombardamenti sulla rete elettrica. Un terzo delle centrali, circa il 30%, è stato distrutto. I danni interessano invece il 40% degli impianti. Da questo punto di vista i raid degli ultimi giorni hanno fatto più danni di tutti i bombardamenti dei mesi scorsi messi insieme.
In Ucraina l’elettricità arriva dalle centrali nucleari, circa il 50%, dal carbone, circa il 20%, dalle energie rinnovabili – i cui impianti sono soprattutto nei territori occupati nel sud.
Era da giorni che le autorità chiedevano alla popolazione di risparmiare elettricità e di fare scorte di acqua. I razionamenti verranno decisi a livello locale, dalle singole regioni.
Nelle zone più colpite – per esempio la regione di Sumy, nord-est, tra Kyiv e Kharkiv, il black-out di oggi non è di poche ore ma di tutta la giornata. “Ci vuole tempo per riparare i danni – ha detto il governo regionale – dobbiamo resistere e avere pazienza”. Per ora gli ucraini sembrano averla. E le previsioni dicono che l’inverno sarà meno rigido del solito…
Vertice UE in corso a Bruxelles: l’intesa sul price cap è ancora lontana
La guerra in Ucraina e soprattutto la crisi energetica che ne è derivata sono i principali punti dell’agenda del Consiglio europeo in corso a Bruxelles. I leader dei 27 paesi membri stanno affrontando in queste ore il dossier più delicato, quello dell’emergenza energetica.
A dominare il dibattito è il meccanismo di price cap temporaneo presentato dalla Commissione un paio di giorni fa, un tentativo di compromesso tra chi chiede un tetto fisso al prezzo del gas, come Italia e Francia, e chi non lo vuole, come Germania e Olanda.
La proposta dei commissari non ha trovato un consenso unanime: le posizioni degli Stati restano distanti, il testo conclusivo del vertice sarà oggetto di un braccio di ferro che potrebbe prolungarsi fino a notte fonda.
Il dibattito vede Parigi e Berlino su fronti opposti.
Per Mario Draghi questo è l’ultimo Consiglio europeo da Presidente del Consiglio italiano. L’Italia è stato il primo paese a proporre il price cap, che ruolo potrebbe avere in questo vertice?
Lo abbiamo chiesto a Beda Romano, corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore:
Gran Bretagna ancora nel caos: Liz Truss si dimette dopo 44 giorni in carica
Si terrà il prossimo 28 ottobre il voto per decidere il nuovo primo ministro britannico dopo le dimissioni oggi della premier Liz Truss. Nel partito conservatore è già iniziata la corsa alla leadership: in pista potrebbero scendere anche gli ex premier Boris Johnson e Theresa May, ma il più accreditato al momento è l’ex ministro delle finanze Rishi Sunak. Dalla Gran Bretagna il nostro collaboratore Daniele Fisichella: