Vicina alle imprese, strenua sostenitrice del lavoro flessibile, contro il posto fisso ed il salario minimo: la futura Ministra del Lavoro che vuole dei giovani con “capacita’ del rischio”.
“Educare le giovani generazioni a una nuova idea di lavoro, pensato come flessibile, internazionale e mobile.”
“La cassa integrazione, il reintegro e altro ancora, sono adatti a un mondo che non esiste più.”
La visione ideologica della possibile ministra del lavoro, Marina Calderone, sta tutta in un suo libro del 2012.
Attuale presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, considerata da sempre vicina alla destra, la sua carriera in ambito pubblico inizia nel 2015 quando Matteo Renzi, da Presidente del Consiglio, la portò nel Cda di Leonardo. Si torna a parlare di lei nel 2019 come possibile presidente dell’Inps in quota Salvini, ma venne poi scelto Pasquale Tridico. Ora Giorgia Meloni la vuole come Ministra del Lavoro.
In “10 idee per il lavoro dei nostri figli”, Calderone critica “l’architettura legislativa votata all’assistenzialismo” e porta esempi come il servizio sanitario nazionale, o le borse di studio, che aiutano i più poveri e non i più bravi. In una visione distorta di meritocrazia che ignora le disparità di accesso. “Abbandonare l’aspirazione al posto fisso per mentalità di intraprendenza e capacità del rischio, continua Calderone, per un lavoro non come fonte di profitto, ma come servizio.” Con una scuola orientata al mercato dove “la laurea non è un valore in se”, per quel che definisce “malinteso fascino del titolo di studio”.
Il manifesto ideologico spiega le posizioni sui dossier che il governo ha sul tavolo. Calderone non è per togliere il reddito di cittadinanza, ma per una riforma che segue la strada già tracciata da Draghi: sussidio più breve e da revocare anche con solo un rifiuto ad un’offerta. E con un ruolo forte di privati come, dichiarava un anno fa, la Fondazione Consulenti per il lavoro, cioè la Fondazione dell’ordine professionale che presiede, a proposito di conflitti di interessi.
Ferrea sostenitrice del Jobs Act, che ben collima con la sua idea di lavoro iperflessibile, non è chiara la sua posizione sul salario minimo: se nel 2019 diceva Si, “ma solo se si abbassa il cuneo fiscale per le aziende” cioè se lo paga lo stato, forse fiutando l’incarico politico un mese fa cambia posizione: no al salario minimo, si ad un’equa contrattazione. Ma cos’è per Calderone un’equa contrattazione? Una visione dove non ci sono interessi diversi tra impresa e lavoratori, esplicitata ancora nel capitolo del libro citato, dove Calderone la chiama logica win win: cioè aumenti di stipendio non come diritto, ma richiesta individuale e non collettiva, in cambio di cui “dare all’azienda più di ciò che chiedete” consiglia ai giovani.
Idee perfette per una destra che sul lavoro intende accelerare sulla strada seguita dai governi degli ultimi 30 anni.