Nei giorni scorsi il Comune ha aderito a un patto internazionale, promosso dalle C40, le metropoli per il clima, per ridurre l’impatto inquinante dei cantieri edili e delle costruzioni che riguarderà anche le sue partecipate Atm, Mm e A2A.
L’edilizia d’altronde è responsabile di quasi un quarto delle emissioni climalteranti e il settore costruzioni consumerebbe un terzo delle risorse del pianeta. Quindi bene questa sensibilità dichiarata in convenzioni e patti, meglio prendersi degli impegni. Anche perché a Milano in questo momento ci sono centinaia di cantieri, dalla metropolitana a quartieri interi in costruzione, per non parlare delle rigenerazioni, dei bonus 110%…
Un cantiere in ogni strada, un ponteggio dopo l’altro. In questi cantieri cittadini ci si fa male quotidianamente e si può morire. Per darvi un’idea nei primi 6 mesi dell’anno, in Lombardia si registra il 50% delle denunce di infortunio in più rispetto all’anno precedente e il record è di Milano con 27.220 denunce presentate (il 66% in più).
Di questi cosiddetti “incidenti” uno su tre è in cantiere. Ci sono tutti gli elementi di urgenza e necessità per un bel patto da lanciare, per primi, alle città del mondo che dica: “nella nostra città non vogliamo infortuni sul lavoro, nei nostri cantieri li preveniamo e li risarciamo. Magari con una forte campagna di informazione pubblica (sui mezzi di trasporto, sui muri e così via) e più mirata alle aziende del settore, con un investimento straordinario in formazione e nuove assunzioni per la polizia locale (che interviene già prevalentemente sui luoghi degli incidenti), e poi con un fondo comunale per gli infortunati finanziato in percentuale sul valore delle opere e in proporzione agli incidenti nei propri cantieri dalle aziende.
Sarebbe un messaggio chiaro, possibile e che riguarda tutti. Per non continuare a rimanere passivi fino al prossimo morto in cantiere. Che dite, lo facciamo?
Un patto sugli infortuni zero nei cantieri si può fare
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Autore articolo
Claudio Jampaglia