C’è la Storia dell’Italia contemporanea nel discorso di Liliana Segre, e del resto quella Storia lei la porta letteralmente marchiata sulla sua pelle. La Storia di un Paese che ha subito una dittatura sanguinaria e si è riscattato col sacrificio degli uomini e delle donne della Resistenza. Non è retorica, non nelle sue parole. Non è inutile ricordare che da quella lotta di Liberazione è nata la nostra Costituzione, troppo spesso bistrattata da improvvisati riformatori. Liliana Segre ha fatto un discorso profondamente politico, ben diretto alle Destre che si accingono ad andare al Governo, e al loro campione, il collezionista di memorabilia del ventennio, che poche ore dopo avrebbe fatto un discorso stantio e strumentale, come se fossimo all’indomani di Acca Larentia.
Tutti abbiamo realizzato da tempo che Meloni sarebbe andata al Governo proprio nei giorni del centenario della marcia su Roma. Liliana Segre oggi su questo non ha sorvolato.
E non ha ignorato che tra i banchi della nuova maggioranza aleggia un fantasma, quello del Fascismo, non come ripetizione della Storia, certo, ma come possibile deriva, come tendenza ad esempio alla compressione dei diritti di tutti e di tutte. Per questo Liliana Segre al Senato ha voluto rimarcare che cos’è la Costituzione.
Un discorso così politico e così esplicito che non solo abbiamo ascoltato il richiamo alla Costituzione ma anche l’avvertimento a chi ha voglia di Presidenzialismo.
E a chi definisce il 25 aprile divisivo, come il Presidente del Senato eletto oggi, la senatrice a vita ha impartito una lezione di patriottismo.
Quello di Liliana Segre al Senato è stato un discorso storico, una boccata d’ossigeno, durata troppo poco. Poi arriva Lui, un mazzo di fiori, una stretta di mano, lei esce di scena e Lui poco dopo si siede sullo scranno. E’ la seconda carica dello Stato.