Approfondimenti

Il ritorno al sovranismo di Meloni, i referendum per l’annessione del Donbass alla Russia e le altre notizie della giornata

Meloni ANSA

Il racconto della giornata di martedì 20 settembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La campagna elettorale arriva alle battute finali e Giorgia Meloni torna al sovranismo di destra dopo aver tentato di accreditarsi come moderata e
 conservatrice. I dati sul secondo trimestre 2022 del Ministero del Lavoro fotografano un quadro in cui la precarietà ormai è una regola: un contratto stabile, o anche solo a lunga durata, è affare di pochi fortunati.
La Russia ha annunciato le date per i referendum per l’annessione del Donbass, una mossa che porterebbe il Cremlino ad applicare una dottrina bellica più efficace rispetto a quella finora adottata. In Iran si allarga la protesta per l’uccisione di Mahsa Amini, la 22enne arrestata e picchiata a morte perché non portava il velo in modo ‘corretto’. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Giorgia Meloni torna al sovranismo di destra

La campagna elettorale alla battute finali, partiti e coalizioni provano a 
mobilitare il proprio elettorato: Giorgia Meloni radicalizza i toni ancora contro 
l’Europa, “la nostra vittoria spero apra le porte a Vox in Spagna”, ha detto oggi 
dopo aver attaccato il PD comandato dall’estero. La leader di Fratelli d’Italia ha 
cambiato decisamente i toni ed è tornata al sovranismo di destra rispetto alla prima
 fase della campagna, dove ha cercato di accreditarsi come moderata e
 conservatrice. 

Abbiamo chiesto perché a Giovanni Diamanti, fondatore di Quorum e
 You Trend, docente di Marketing Politico:


 

Il PD continua a crederci fino all’ultimo giorno

Il PD insiste sul crederci, fino all’ultimo giorno. Lo ha ribadito ancora una volta 
Enrico Letta. La vera preoccupazione è la capacità di portare alle urne tutti i 
potenziali elettori depressi da una campagna data per persa.
 La vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein intervistata dal nostro
 direttore Sandro Gilioli:


 

La Russia fissa i referendum per l’annessione del Donbass

(di Sara Milanese)

Il discorso di Putin era annunciato per le 20, cioè le 19 ora italiana, sarà probabilmente un messaggio registrato. Dopo di lui parlerà anche il Ministro della Difesa Serghiei Shoigu. 
Secondo fonti vicine al presidente, il discorso annuncerà ufficialmente i referendum per l’annessione alla Russia delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, e dei territori ucraini sono controllo russo di Kherson e Zaporizhzhia. 
Le consultazioni si terranno tutte tra il 23 e il 27 settembre, saranno ratificate entro la fine di settembre e cambieranno i termini del conflitto in corso perché chiaramente questi territori diventeranno di fatto russi, come ci conferma Mara Morini, docente di politica dell’est Europa all’Università di Genova:

All’annuncio dei referendum per l’annessione alla Russia, gli indici della Borsa di Mosca sono crollati di oltre il 10%. Successivamente c’è stata una parziale ripresa, ma questa reazione dimostra una chiara preoccupazione, anche interna, per come può svilupparsi il conflitto.
Immediata la reazione anche del governo ucraino: Kiev ha detto che i referendum di annessione sono un ricatto, ma anche una dimostrazione della paura di Mosca di subire una sconfitta, dopo la riconquista da parte dell’esercito ucraino della regione di Kharkiv.
L’annuncio dei referendum arriva nel giorno in cui la Duma, la camera bassa del parlamento russo, ha approvato una serie di emendamenti al codice penale per inasprire le pene in tempo di guerra e in caso di renitenza alla leva.
Notizia che potrebbe sembrare in contrasto con le dichiarazioni rilasciate questa mattina in un’intervista dal presidente turco Erdogan, che si è detto convinto che il presidente Putin “sia disposto a porre la fine alla guerra al più presto possibile”. 



(di Michele Migone)

Il commento di Dimitri Medvedev, il falco, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, è stato che i referendum vanno fatti perché dopo la loro annessione questi territori saranno considerati Russia e la loro invasione – ha detto l’ex presidente – é un crimine che consente l’utilizzo di tutte le forze di autodifesa. Ill riferimento é alla dottrina russa per l’utilizzo delle armi atomiche tattiche. 
L’annuncio dei referendum arriva nello stesso giorno in cui alla Duma di Mosca sono stati approvati una serie di emendamenti al codice penale che prevedono il rafforzamento delle pene in caso di mobilitazione, legge marziale, tempo di guerra e conflitto bellico. 
E questo annuncio arriva nella stesse ore in cui il presidente turco Erdogan ha affermato che secondo lui Vladimir Putin vuole mettere fine alla guerra in Ucraina al piu presto.

Mettendo in fila tutte queste informazioni si comprende che il Cremlino vuole l’annessione dei tre territori in modo da poter applicare una dottrina bellica più efficace rispetto a quella finora adottata. E forse, pur non arrivando a una mobilitazione generale perchè sarebbe un autogol per Putin, intende comunque avere a disposizione più uomini da mandare al fronte.
Allo stato, le truppe russe presenti in Ucraina sono poche, hanno subito forti
 perdite, sono demotivate e senza voglia di combattere. 
Per Putin la guerra in Ucraina, almeno per ora, finisce qui, con l’occupazione di queste tre regioni e la loro annessione. Forse è a questo a cui si riferisce Erdogan.

La questione è che Kiev non intende stare al gioco. L’annessione viene considerata la minaccia di un gruppo dirigente, quello russo, che ha sbagliato tutti i calcoli e che di fronte a una possibile disfatta costruisce una Linea Maginot militare e politica.
Una minaccia a cui il governo ucraino non intende sottostare.

Le reazioni internazionali all’annuncio del Cremlino

“Gli Stati Uniti non riconosceranno mai come territorio della Russia quelle aree dell’Ucraina in cui Putin ha annunciato di voler tenere dei referendum per l’annessione, che sappiamo saranno manipolati”. Lo ha detto il consigliere per la Sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan.
Sulla stessa linea di Washington si sono già espressi anche Bruxelles e Berlino, mentre il presidente francese Macron ha chiesto un colloquio telefonico urgente con Putin.
Il conflitto in Ucraina e le sue conseguenze a livello globale sono anche al centro dell’assemblea generale delle Nazioni Unite che si è aperta oggi a New York.
Nel suo discorso di apertura il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha detto che questo conflitto “minaccia il futuro dell’umanità”, ed ha chiesto più azione.
Domani dovrebbe intervenire anche il presidente Zelensky, chiederà all’assemblea di istituire un tribunale speciale contro i crimini di guerra russi in Ucraina, sullo stile di quello di Norimberga.

 

Il lavoro precario in Italia è ormai una regola

(di Massimo Alberti)

Lavorare un giorno, una settimana, se va bene qualche mese. I dati sul secondo trimestre 2022 del Ministero del Lavoro fotografano un quadro in cui la precarietà ormai è una regola. Un contratto stabile, o anche solo a lunga durata, è affare di pochi fortunati. E non c’è settore che si salvi da una tendenza che continua a peggiorare.
Ormai siamo oltre la precarietà. Nel 2019 i fortunati ad avere un contratto a tempo più lungo di un anno erano solo il 2,6%. Oggi sono solo lo 0,5%, uno su 200. 1 su dieci dura un giorno, uno su 4 meno di una settimana, uno su 3 meno di un mese. Quasi uno su due meno di due mesi, 8 su 10 meno di 6 mesi. Non potrebbe esserci fotografia più impietosa del lavoro in Italia, dove gli ultimi dati del ministero confermano la tendenza in cui i nuovi contratti son per lo più precari: dei circa 900mila nuovi contratti nel raffronto con i 2 trimestri dello scorso anno quasi 8 su 10 tra intermittenti, somministrati, o a tempo. E abbiamo visto per che durata, sempre più corta. Se non vivete questa situazione, provate a immaginare che vita ci si possa permettere di costruire con una precarietà di reddito così strutturale ed esistenziale, considerato che il precariato aumenta col calare dell’età. Non si salva praticamente nessun settore: nell’informazione e comunicazione i contratti di meno di una settimana sono l’84%, il 46 nella scuola e sanità pubbliche (e pensate alle ricadute sulla qualità del servizio) il 25% in turismo e ristorazione. Ma ormai anche settori industriali, dalle costruzioni ai trasporti, hanno quote sempre più elevate di lavoro precario. Un quadro che non bastano a spiegare la pandemia o le incertezze economiche, visto che questa tendenza è stata marcata già nel 2021 mentre l’Italia cresceva. L’aumento delle diseguaglianze, il tasso di lavoro povero la quota che le imprese destinano ai salari, 18% la più bassa dell’Europa industriale, dati forum Ambrosetti – spiega bene l’uso strutturale che le imprese fanno del lavoro precario, grazie ad una legislazione sbilanciata a loro favore che lo consente.

Iran, si allarga la protesta per l’uccisione di Mahsa Amini

In Iran si allarga la protesta per l’uccisione di Mahsa Amini, la 22enne arrestata e picchiata a morte perché non portava il velo in modo ‘corretto’. L’ONU ha denunciato che dai 2 ai 5 manifestanti sono stati uccisi durante le proteste, mentre oggi diversi esponenti politici della Repubblica Islamica, compreso il sindaco di Theran, hanno messo in discussione l’esistenza della polizia morale. Farian Sabahi:


 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Finanza, banche, industria, governo e...cannoni. Il risiko bancario di questi giorni mostra l’attivismo straordinario dei grandi poli del credito e delle assicurazioni in Italia. Mediobanca, Generali, MPS e poi Unicredit e Intesa. Caltagirone e gli eredi di Del Vecchio. Il governo Meloni. Il campo da gioco è il triangolo Milano, Trieste e Roma. Chi comanderà sui miliardi dei “triestini” di Generali? Saranno ancora i “milanesi” di Mediobanca? Oppure saranni i “romani” Caltagirone e Delfin, con l’aiuto del governo Meloni? In questo caso Caltagirone e Delfin potrebbero finire per spartirsi un pezzo delle spoglie di una nuova Mediobanca, senza più le Generali in cassaforte. Manca solo Unicredit e, soprattutto, Intesa per capire se i cambiamenti saranno ancora più profondi. A fronte dell’attivismo bancario c’è poi un mondo industriale bloccato nella sua crisi. La produzione delle industrie italiane sembra non riprendersi più, cala da 25 mesi consecutivi. La politica industriale del governo è non-pervenuta. Unica speranza, le commesse militari, la spesa pubblica per la difesa che sosterrà un pezzo della ripresa dell’industria italiana. Ospiti a Pubblica Gianni Dragoni, giornalista del Fatto Quotidiano, esperto di economia e finanza; e Francesco Garibaldo, ricercatore, collabora con la Fiom Cgil su questioni di politica industriale.

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