Un raddoppio degli sforzi nell’accoglienza dei migranti da parte di 50 paesi. Lo ha annunciato Barack Obama, parlando dei governi che hanno partecipato al vertice sui rifugiati guidato dal presidente americano. L’anno prossimo questi stati dovrebbero far entrare 360mila persone, di cui 110mila negli Stati Uniti, in cui entro fine 2016 ne sono attese 85mila.
Le dichiarazioni di Obama sono arrivate nel suo ultimo discorso da capo di stato davanti all’assemblea generale dell’Onu. Il presidente uscente ha parlato di migranti ma anche dell’altro protagonista dello scacchiere globale in questi anni, Vladimir Putin, accusandolo di voler recuperare “la gloria perduta” della Russia con la forza. Il confronto tra i due leader è uno dei punti principali da esaminare per valutare l’eredità politica di Obama.
“Io credo che il giudizio debba essere ambivalente – ci dice Mario Del Pero, che insegna storia e istituzioni delle Americhe all’università di Bologna. – Obama non lascia un paese più debole rispetto a otto anni fa, quando fu eletto la prima volta. Ci piace pensare che leader più spregiudicati come Putin lo abbiano messo in un angolo, ma non è così. La posizione di potenza degli Stati Uniti probabilmente si è consolidata”. D’altro canto, continua il professore, “Obama ha presieduto a una crisi umanitaria senza precedenti, quella seguita alla guerra civile siriana. Il fallimento nella gestione di questa situazione è un fallimento di leadership americana, e quindi del presidente e della sua politica estera”.
Ascolta l’intervista a Mario Del Pero