La nuova batosta elettorale subita da Angela Merkel a Berlino è un segno chiaro: la sconfitta della politica migratoria della Cancelliera, e la continua ascesa della destra poulista. Il partito dell’Alternativa per la Germania è entrato per la prima volta nel parlamento della capitale tedesca e appare lanciato verso l’ingresso nel Bundestag federale. Dall’altra parte, il crollo della Cdu e il calo di consensi dei socialdemocratici della Spd (che pure resta a Berlino primo artito) evidenziano una tendenza che ritroviamo in molti altri paesi europei: la crisi dei partiti tradizionali e di governo e la crescita delle forze anti sistema, spesso identificabili con l’estrema destra. A pesare, a Berlino, come in altri paesi europei, è la questione immigrazione. Un problema di cui l’Europa non riesce a farsi carico. Ma le divisioni non si limitano a questo. Come è emerso nel vertice di Bratislava, l’Unione europea è divisa anche sulle politiche di bilancio. E in questo caso è la Germania ad essere ancora in posizione di leadership. Quel che è certo, è che l’Unione europea sta attraversando una fase di crisi profonda, in cui i governi nazionali vanno ognuno per sé. Se la Gran Bretagna ha deciso di uscire dall’Unione, le altre capitali, di fatto, stanno percorrendo una strada che porta verso una frantumazione senza precedenti.
Lele Liguori ne ha parlato con il politologo Yves Meny, presidente della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
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