Sulle principali agenzie di stampa governative turche ieri spiccava la notizia della morte di Tarik Akan, attore di fama nazionale scomparso all’età di 66 anni. Nessuna traccia invece di un’altra morte avvenuta lo stesso giorno, quella di Seyfettin Yigit , procuratore turco di 47 anni: l’uomo di giustizia conduceva inchieste all’interno del maxiscandalo, anch’esso di fama nazionale, che nel 2013 coinvolse molti esponenti del Governo e anche alcuni familiari dell’allora premier, ora presidente Recep Taypp Erdoǧan.
Il corpo senza vita del procuratore è stato trovato nei bagni della prigione della città di Bursa, impiccato. Faceva parte dei 2847 procuratori radiati dopo il fallito golpe del 15 luglio: era stato anche arrestato per i suoi presunti legami con la rete di Fetullah Gulen, il religioso ritenuto la mente del golpe.
Se si sia trattato di omicidio o suicidio se ne sta occupando l’’inchiesta aperta da una magistratura che attualmente è il frutto delle massicce epurazioni post golpe: il corpo è stato trasportato al dipartimento di medicina legale di Bursa dove verrà effettuata l’autopsia e per il riscontro di eventuali tracce di coercizione e violenza.
Il ritrovamento chiama anche una macabra coincidenza . Proprio all’inizio di questa settimana l’Associazione turca per i diritti umani (Ihd) aveva denunciato il ritorno nelle carceri turche in seguito al tentativo di colpo di stato della pratica della tortura , in particolare con strumenti elettrici. Anche Amnesty international, alcuni giorni dopo il 15 luglio, aveva raccolto testimonianze su casi di torture stupro e violazioni dei diritti a carico dei detenuti post golpe.