L’accordo tra governo e sindacati sulle pensioni ormai è a un passo dalla firma.
Sono da chiarire alcuni punti – come la tutela dei “lavoratori precoci”, ovvero chi ha iniziato a lavorare molto presto, con almeno 41 anni di contributi ma sotto l’età per la pensione di vecchiaia – ma l’impianto della cosiddetta APE è sostanzialmente confermato: un prestito bancario coperto dalle assicurazioni per anticipare la pensione.
La riforma Fornero non cambia, ma si introduce una sorta di “toppa”: non attraverso il riconoscimento di un diritto, ma a un costo salato a carico di chi lavora. Sarà infatti il lavoratore che dovrà pagare di tasca propria per lasciare il lavoro a 63 anni – fino a 3 anni e 7 mesi in anticipo sulla pensione di vecchiaia – attraverso una decurtazione dell’assegno che potrà arrivare fino al 20%.
E per farlo dovrà indebitarsi: il costo sarà anticipato dalle banche e ripagato con un mutuo ventennale, la cui rata sarà in parte o del tutto a carico dello Stato per una serie di categorie: disoccupati di lungo periodo, disabili, lavori usuranti.
Si tratta di uno degli aspetti più importanti in via di definizione, anche perché da questo dipende l’investimento che dovrà fare il governo, “circa due miliardi secondo noi, ma non li hanno ancora messi sul tavolo” sottolinea il segretario dello SPI Ivan Pedretti.
Cosa cambierà dunque, e a chi converrà usufruire dell’APE?
Intanto c’è da dire che non sarà per tutti: da strutturale infatti la misura è diventata sperimentale, per i prossimi due anni. Di conseguenza coinvolge solo chi è nato tra il ’51 e il ’54.
Se da un lato il vantaggio sarà indubbiamente per chi – in difficoltà – potrà anticipare l’uscita senza oneri, dall’altro in tanti stanno facendo i conti: ma al di là dei casi singoli, si pone già un problema sociale. “E’ certo una possibilità utile soprattutto per chi fa lavori usuranti, e restituisce un po’ di libertà alle persone per non costringerle a lavorare finché non cadono per terra” – è l’opinione della sociologa Chiara Saraceno – “il problema è che non se la potranno permettere tutti: probabilmente converrà solo alle pensioni più alte: non a quelle troppo basse per avere un reddito solido, ma troppo alte per ricadere nell’esenzione degli oneri”.
Qualche conto in questo senso prova a farlo l’economista Felice Roberto Pizzuti: “Intanto c’è da dire che non c’è alcuna deroga alla legge Fornero, visto che si tratta di un provvedimento a carico del lavoratore-pensionato. Una persona che prevede di avere una pensione di 1000 euro avrà, per tutta la sua vita da pensionato, un assegno di 800-850”. C’è poi un’altra questione importante, considerato che l’aspettativa di vita media in Italia è di 84,7 anni per le donne, e 80,1 anni per gli uomini, quindi al di sotto del periodo di vita ipotetico per ripagare il mutuo. E qui , dopo le banche, entrano in gioco anche le assicurazioni private. “Scatta un problema di copertura assicurativa che implica ulteriori costi, che andranno ancora a scapito del pensionato”, osserva Pizzuti.