In una zona blindatissima per le manifestazioni di protesta di alcune associazioni e gruppi, Matteo Renzi ha chiuso la festa nazionale dell’Unità. Inevitabile che l’attesa fosse tutta per lo scontro interno al partito, e cioè la frattura che si sta consumando sul referendum costituzionale, tanto più che a capo del fronte del No si è messo un esponente di primo piano della vita del partito, Massimo D’Alema.
E dal palco della festa Renzi lo attacca duramente, critiche che non hanno contribuito ad allentare la tensione con la minoranza, che pure ha evitato finora di schierarsi con D’Alema in modo netto per il No. “Alcuni leader del passato vorrebbero fregarci il futuro con risse interne quotidiane”, ha detto Renzi rivolgendosi all’ex leader, vittima più nota della “rottamazione” voluta dall’attuale capo del governo. “Non ci faremo trascinare nella guerra del fango delle correnti”, parole non proprio concilianti.
E se pure Renzi nel corso dell’intervento si è detto disponibile a discutere di cambiamenti alla legge elettorale, per la minoranza questo non basta, in quanto la disponibilità è sempre accompagnata da attacchi di fuoco. “La nostra proposta l’abbiamo fatta” commenta poco dopo Roberto Speranza, (uno dei pochi esponenti della minoranza presenti ieri a Catania), che dopo aver visto Napolitano schierarsi per la modifica della legge elettorale, si aspettava che Renzi facesse proposte più concrete. “Al momento voterei no”, dice il leader della minoranza del Pd.
Il referendum quindi divide il partito.
Più facile per Renzi trovare applausi e consensi quando attacca la Lega di Salvini da un lato, e i Cinque Stelle dall’altro. Ma nelle accuse al Movimento di Grillo, chiede di tenere al riparo dagli attacchi Virginia Raggi. “Difendiamo sempre le istituzioni, dice, anche quando non siamo noi a guidarle”, e forse spera che la Sindaca di Roma si smarchi dal capo del movimento e nell’ultimo tempo utile rimasto possa dire di sì alle Olimpiadi a Roma.