Rimarrà a Roma fino a venerdì sera la delegazione di investigatori egiziani che si occupa del caso Regeni. Il procuratore generale del Cairo Nabil Ahmed Sadek e suoi uomini stanno incontrando in queste ore il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco.
Gli inquirenti italiani si aspettano che, almeno questa volta, vengano consegnate quelle informazioni investigative essenziali per la ricerca della verità sull’uccisione di Giulio Regeni, che nel precedente incontro di aprile erano state negate: per esempio, i tabulati sul traffico telefonico nei luoghi dove si sono perse le tracce del ricercatore e dove è stato ritrovato il suo cadavere.
La mancata collaborazione egiziana, cinque mesi fa aveva spinto il governo a richiamare l’ambasciatore italiano in Egitto. E tuttora al Cairo non c’è il nostro rappresentante diplomatico.
Il vertice tra i magistrati italiani ed egiziani di giovedì e venerdì è stato preceduto dalla rivelazione di nuovi elementi sui risultati dell’autopsia effettuata in Italia: una relazione di 225 pagine, firmata dal medico legale Vittorio Fineschi, che riporta inequivocabilmente le atroci torture subite dal ragazzo, inflitte per giorni da torturatori professionisti.
“Il corpo di Giulio è stato usato come se fosse una lavagna”, ha detto la mamma, riferendosi a quanto appurato dall’autopsia: quattro, forse cinque lettere incise sulla pelle con una lama, il collo spezzato, ossa e denti rotti, tumefazioni causate da pestaggi e bastonate, bruciature.
“La speranza – ha aggiunto la madre – è che il corpo di Giulio possa aiutare a far luce sui suoi assassini, come in passato ci ha aiutato a evitare depistaggi, per esempio documentando che non c’erano tracce di uso di droghe o alcol”.
Le autorità egiziane, che inizialmente avevano parlato di “incidente” e di “rapina”, in questi mesi hanno continuato a depistare. La situazione diplomatica tra i due Paesi sembra ancora in una fase di stallo. C’è qualche possibilità che questo vertice tra magistrati italiani ed egiziani possa sbloccare la situazione?
Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, sta seguendo il caso con molta attenzione. L’ha intervistato Raffaele Liguori