Ci sono dei sondaggi riservati che circolano in queste ore nelle stanze del Partito Democratico e che fanno paura ai dirigenti del PD. Sono decisamente peggiori di quelli, già pessimistici, pubblicati questa mattina dai quotidiani secondo cui la destra a trazione Meloni prenderebbe il 61% dei seggi all’uninominale alla Camera e il 64% al Senato.
“Magari” dice un dirigente PD. Nella casella mail dati ancora più foschi, che il partito non vuole render noti. Mai è stato più grande il divario tra le dichiarazioni pubbliche e il pensiero tenuto riservato.
Ufficialmente il Partito Democratico ostenta ottimismo. Addirittura si immagina primo partito. Cosa che potrebbe anche avvenire, sia chiaro. Ma il distacco tra il centrodestra e l’ex campo largo è impietoso. E nei collegi uninominali si profila un disastro.
Non tale da consentire al centrodestra di arrivare a controllare i due terzi del Parlamento, scenario che darebbe a Meloni e agli altri la possibilità di cambiare la Costituzione. Ma la sconfitta sarebbe cosi grave da rendere improbabile cambi di maggioranza nei prossimi 5 anni. Salvo ovviamente stravolgimenti nell’attuale centrodestra.
5 anni di opposizione il PD non li ha mai fatti. Non è accaduto in nessuna legislatura dalla fondazione del partito. E c’è un altro incubo: non solo stare all’opposizione ma starci senza nemmeno avere il pallino dell’iniziativa. Schiacciati tra un attivismo tra virgolette “da sinistra” dei contiani e quello dei centristi che proveranno invece a imporre nuovamente la cosiddetta “agenda Draghi”. Salvo ovviamente che la valanga nera non si materializzi davvero il 25 settembre.