Per tutti è Il Morandini, con il nome del suo dizionario che raccoglie più di cento anni di cinema, una guida indispensabile per chiunque si avvicini alla visione di un film.
Ma per chi lo conosceva di persona era Morando: un uomo preparatissimo, timido e gentile, che metteva un po’ di soggezione per la sua visione al di sopra delle parti e sempre giusta. Un’immensa ironia nel parlare della sua professione, che definiva “delirante” prendendo in prestito le parole di Paul Valery, perché questo è un mestiere che si basa su opinioni, di sé e degli altri.
È stato il critico cinematografico dei quptidiani “La Notte” e “Il Giorno”, autore di monografie di grandi registi, direttore di Anteprima a Bellaria e del Laura Film Festival di Levanto dedicato alla moglie Laura, compagna di vita e di lavoro, scomparsa qualche anno fa.
Aveva 91 anni, detestava essere definito “decano” e quasi fino alla fine dei suoi giorni lo abbiamo incontrato al cinema: prendeva appunti al buio, come lui stesso suggerisce nel suo indispensabile decalogo, contenuto nel libro Non sono che un critico. L’anno scorso ricevette l’Ambrogino d’Oro, tra le polemiche per la complicità del figlio Paolo all’omicidio di Walter Tobagi e che il sindaco di Milano Giuliano Pisapia mitigò: “Non si può rispondere per eventuali colpe dei figli”. Ai giovani diceva: “Ricordati che raccontare storie è l’occupazione umana più bella che ci sia. E ricordati che prima di tutto devi vivere.”
Ascolta il ricordo della figlia Luisa.
Per non disperdere l’immenso patrimonio culturala di Morando Morandini, la famiglia ha fondato La Biblioteca di Morando, un progetto di conservazione e valorizzazione della sterminata biblioteca di Morandini composta da oltre tredicimila volumi, lettere, fotografie, faldoni di appunti a partire dal 1952 e che la famiglia ha voluto depositare negli archivi della Fondazione Cineteca Italiana.