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Tratto dal podcast
Varoufakis: l’austerità dell’Europa è una guerra ai lavoratori
Economia | 2022-06-24
Dalla guerra in Ucraina ed un’UE debole, alle sanzioni alla Russia “eticamente giuste ma inefficaci e controproducenti, creeranno nuovi Putin in Europa”.
In una lunga intervista a tutto campo Yanis Varoufakis non lesina dure critiche alle istituzioni europee sulla politica estera “troppo succube degli Usa”, ed alla politica economica “contro i lavoratori”. Fino alla situazione italiana, definendo il PD “un partito estremista nel sostenere le classi privilegiate”.
Classe 1961, economista greco-australiano, Yanis Varoufakis è stato il ministro delle finanze durante il governo guidato da Syriza ed Alexis Tsipras in uno dei momenti più drammatici della recente storia della Grecia. Varoufakis lasciò il suo ruolo, ed il suo partito, proprio perché contrario ad accettare il pesante piano di tagli sociali e privatizzazioni imposto alla Grecia, nel 2015, da Unione Europea, Fondo Monetario e Banca Centrale, allora guidata proprio da Mario Draghi, soprattutto dopo il referendum in cui la maggioranza dei greci si espresse per l’OXI, il No. “Un referendum tradito”, secondo Varoufakis.
Con il movimento transnazionale che ha fondato nel 2016, DIEM25 (Movimento per la democrazia in Europa 2025), oggi Varoufakis si propone di cambiare radicalmente l’architettura europea chiedendo agli stati una “disobbedienza responsabile” ai rigidi diktat economici e sociali della Commissione Europea. Per farlo, spiega, occorrono un’agenda ed un programma comune delle sinistre europee, contro gli estremisti di destra e di centro.
L’intervista è stata realizzata nei nostri studi da Massimo Alberti, Chiara Ronzani e dal direttore di Radio Popolare Alessandro Gilioli. Ha collaborato Ilaria Bonelli.
La prima domanda non può essere che sulla guerra in Ucraina. Come giudica il comportamento dell’Unione Europea rispetto questo conflitto? E cosa ne pensa dell’affermazione di Mario Draghi secondo il quale l’Europa uscirà più forte da questo conflitto?
Sarebbe bello avere davvero un’Unione Europa, ma la guerra in Ucraina dimostra ancora una volta che l’UE è una creazione del nostro immaginario.
La guerra in Ucraina ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che gli Stati Uniti sono tornati in Europa, che la Nato sta governando l’Europa ed è il suo segretario Stoltenberg che si prende la scena, anche se nessuno lo ha eletto come portavoce del popolo europeo. Ci ha detto che la guerra durerà anche 10 anni e non c’è stata alcuna reazione da alcuna istituzione o portavoce ufficiale dell’Unione.
Qualche anno fa mi è capitato di discutere con un alto ufficiale statunitense, che all’epoca faceva parte dell’amministrazione Bush. Era un membro dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza, l’NSA. Mi disse – dal 2011 mi ritorna sempre in mente – che dal 1995 la principale strategia della Nato in Europa era: tenere fuori la Russia, sotto la Germania e dentro gli Stati Uniti. Ed è completamente riuscita. Si sono sostituiti alla politica estera europea. Ancora adesso l’agenda è quella americana e se qualcuno devia da essa, compreso Mario Draghi, viene immediatamente attaccato e rimproverato come un agente di Putin, e così ci stiamo dirigendo a fare dell’Ucraina qualcosa tra l’Afghanistan e Cipro, nella prima periferia europea. Mario Draghi ha detto che alla fine l’Europa sarà più unita, ma ovviamente ho grandi difficoltà a credere che lui davvero pensi quello che ha detto.
Ritiene che le sanzioni europee contro la Russia siano efficaci o che a subirne le maggiori conseguenza sarà l’Europa? E quali saranno secondo lei le conseguenze economiche e sociali che l’Europa subirà da queste sanzioni?
Io capisco perché di fronte alla brutale invasione di un paese europeo, da parte di qualsiasi paese, gli altri europei possano pensare di smettere di fare affari con quel paese e quindi dargli altro denaro.
Ha senso, anche su un piano etico, sarebbe terribile mettersi a trattare forniture con Gazprom che fa parte del sistema economico che tiene in piedi l’esercito russo.
Ma le sanzioni dovrebbero essere giudicate dal loro impatto, e se da una parte è vero che hanno causato molta sofferenza alla gente comune in Russia, allo stesso tempo non vediamo alcun impatto significativo contro Putin.
Lo dico da economista: se guardiamo alla bilancia dei pagamenti russa, che è stata abitualmente in attivo per 80-90 miliardi di dollari, quest’anno con le sanzioni salirà a 250 miliardi di dollari, ovvero il migliore risultato positivo nel commercio estero per un paese. Hanno fatto il solletico a Putin, la sua macchina operativa sarà finanziata benissimo. Quindi giudichiamo le sanzioni dal punto di vista della loro efficacia e non della loro moralità.
Vorrei farvi notare che l’Europa, allo stesso tempo, sta diventando più povera, più frammentata e divisa, mentre cresce la competizione su fertilizzanti, cereali, petrolio ed energia, in un mondo dove si moltiplicano carestie e fame, e un mondo che ha fame produce più dittature, più Vladimir Putin. Quindi alla fine queste sanzioni sono decisamente catastrofiche, anche se si può essere d’accordo eticamente che non si commercia con l’aggressore.
In piena crisi la BCE ha alzato i tassi e interrotto l’acquisto di titoli di stato. Lagarde sta sbagliando? Che conseguenza avrà sull’economia reale e sui ceti più deboli questa scelta?
Ti sorprenderò: non biasimo Lagarde. Biasimo l’Unione Europea.
Nel 2008, 2009, 2010, 2011 le banche europee sono andate in bancarotta: le banche greche, italiane, francesi, tedesche, insieme a quelle americane e inglesi. Quello che ha fatto l’Unione Europea, iniziando dalla Grecia nel 2010, usando la stessa politica in Italia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Francia e ovviamente in Germania, è stato di trasferire le perdite dei banchieri sulle spalle dei cittadini europei più deboli.
Questo è stato il crimine numero uno.
Poi, quando i salvataggi non erano più sostenibili perché gli stati italiani, greco, portoghese avevano bisogno di più titoli di credito da cui spostare denaro per fingere di ripagare le perdite dei banchieri, ad un certo punto non è stato più possibile farlo e quindi, questo hanno fatto nel 2012, ordinarono a Mario Draghi di risolvere il problema trasferendo i prestiti sui libri della BCE. È stato chiamato “Quantitative Easing”.
In effetti le banche centrali hanno avuto problemi con debiti insostenibili da parte dello stato italiano, di quello greco, dallo stato spagnolo, francese e dalle corporation.
Quindi ora c’è una situazione in cui la BCE, il cui lavoro sarebbe di mantenere bassa l’inflazione, è responsabile della solvenza dei nostri stati e delle nostre aziende, così Bruxelles, Francoforte, Berlino, Parigi, Roma e tutti i loro politici, da Angela Merkel, a Matteo Renzi, a Francois Hollande e poi Macron, hanno costretto la BCE in una situazione impossibile. Quindi adesso Lagarde, qualsiasi cosa faccia, è condannata, perché anche se alzasse gli interessi per arrestare l’inflazione distruggerebbe l’Italia, la Grecia, la Spagna e le grandi aziende; se non lo facesse, perderebbe i voti dei tedeschi a cui non piace l’inflazione. Non penso però che vada biasimata Lagarde o la BCE, forse dovremmo biasimarli perché complici di una politica stupida messa in atto anni fa.
Le soluzioni però non dovrebbero essere quelle delle banche centrali, ciò di cui abbiamo bisogno è di fare quello che non è stato fatto anni fa, che sono tre cose principalmente: la prima, è di ristrutturare, tagliare il debito perché non verrà pagato, quindi fingere che verrà ripagato non è una buona idea. In secondo luogo, continuare a stampare denaro per la transizione ecologica, quella che chiamiamo Green New Deal, per mettere il denaro direttamente in energia verde tramite la Banca europea degli investimenti. La BCE insieme alle banche dovrebbe poi dare fondi alla transizione, un buon investimento, un lavoro di qualità per supportare le persone e allo stesso tempo aumentare i benefici. Perché quando l’inflazione è al 10%, se ne paga il 6-7% e a beneficiarne sono gli squali che la pagano con tassi di interesse bassi al 3%.
Ma l’Ue ha davvero abbandonato la politica dell’austerità o la sta ripresentando sotto altra forma?
L’Unione Europea non può abbandonare l’austerità finché non avremo un debito comune, un sistema bancario comune, e una politica di investimento che metta enormi quantità di denaro in buoni lavori verdi. L’austerità è sempre stata un sostituto del debito comune, dell’investimento comune e delle banche comuni. Quando non si hanno quegli elementi, che sono essenziali per creare un’unione vera e propria, ti affidi alla disciplina attraverso una guerra di classe sulla maggioranza dei lavoratori: ecco cos’è l’Austerity. Non fraintendiamoci, non è una politica economica.
È una persistente guerra di classe contro i lavoratori di tutta Europa, principalmente quelli tedeschi.
Cosa pensa del buon risultato di Melenchon in Francia? È un buon modello per la sinistra o, come pensano alcuni, è un populista e nazionalista?
Diem25 si è congratulata con Melanchon. Lo abbiamo supportato. Pensiamo che abbia raggiunto un risultato magnifico, perché ha combattuto da solo. Molte persone lo avevamo emarginato ed è quasi riuscito a passare al secondo turno delle elezioni presidenziali. Quello avrebbe davvero cambiato la Francia.
Personalmente credo che sia stata un’idea politica eccellente quella di considerare le elezioni parlamentari come una sorta di terzo turno, quindi di creare le circostanze per riunire insieme il blocco della Sinistra Verde. Detto questo, vorrei poter dire che il suo blocco sia un modello per la sinistra in Europa, ma non penso lo sia, e non lo credo per motivi pratici. Non è una critica a Jean-Luc Melanchon.
Il gruppo che è riuscito a mettere insieme è un prodotto del sistema elettorale francese. Sai, i Verdi, i Socialisti potranno chiamarsi come vogliono ma so chi sono. Lui aveva risultati migliori di loro. E dato il sistema maggioritario, la sua proposta è stata molto semplice, venite con me o siete politicamente morti. E così hanno fatto.
Però vedi già come questa coalizione sia già finita, nonostante abbiano più membri in Parlamento di Le Pen. Prendo spunto da quello che stavo leggendo oggi che Le Pen sarà ritenuta l’oppositrice ufficiale dato che il blocco di Melanchon non è nemmeno registrato come un gruppo parlamentare unitario, per cui è già frammentato.
Sarebbe stato diverso se avesse avuto la maggioranza e imposto la sua candidatura a primo ministro. Ma ogni coalizione della sinistra è fragile e non lo è solo se sono al governo.
Ecco perché dico che non è un buon modello per l’Italia, o per la Grecia, ma nemmeno per la Francia stessa, non in questo momento. In questo momento la sinistra deve prendere atto di questo: quello francese è stato un buon risultato, mostra che possiamo fare delle cose ben oltre il nostro perimetro. Però abbiamo bisogno di muoverci verso un programma comune e chiaro, almeno tra i nostri paesi.
Queste convergenze, come le chiamate qui in Italia, non hanno la forza necessaria, perché la destra ha un programma comune, la destra ultra conservatrice ha un programma comune. La sinistra non lo ha mai, ed è ora che ne abbia uno.
Dopo un anno e mezzo di governo Draghi, in Italia sono cresciute le disuguaglianze e il numero di poveri, nonostante il Pil lo scorso anno sia salito del 6,6%. Cosa non funziona secondo lei?
Non va l’Italia inserita in un’Unione Europea le cui strutture, architettura e politiche sono disegnate lungo l’asse del socialismo per i ricchi e una permanente austerità per i più. E questo non è un problema personale, non con Mario Draghi. Voglio dire, con quei vincoli, chiunque possiamo mettere a governare il Paese, il risultato sarebbe sempre lo stesso. Ecco perché insistiamo con l’importanza del veto, della disobbedienza, della razionale e costruttiva disobbedienza, perché le cose non possono continuare così. Perché se continuano così, gli unici beneficiari saranno i fascisti e i razzisti. Perché l’austerità dura, la disuguaglianza, insieme ad una tassazione blanda per le finanze, o per Amazon e le grandi compagnie, è un percorso che creerà sempre più malcontento, e lo farà, come in USA con Trump, in Ungheria con Orban, qui con Giorgia Meloni o Salvini. Ecco dove stiamo andando.
È un errore della sinistra esitare a creare un’agenda comune in Europa. Da quando abbiamo un’unione Europea, o qualcosa di simile, almeno abbiamo un’unione monetaria, ed è una tragedia che noi della sinistra abbiamo fallito nel mettere insieme un’agenda comune con cui chiedere di ribaltare la politica, ed avere il socialismo per le persone e una dura austerity per i potenti.
Ma quindi Secondo lei l’Italia dovrebbe uscire dall’UE?
Ti darò la stessa risposta che ho dato ai miei concittadini in Grecia, perché dico cose simili per la Grecia.
Non è la stessa cosa dire che non saremmo dovuti entrare e dire che dovremmo uscire.
Perché quando esci, non sei dove saresti stato se non fossi entrato. Ecco questo è il perché la posizione di Diem25 qui in Italia e in Grecia non è quella di lasciare l’Unione europea, ma di cambiarla. Si tratta di creare quel che manca, una Tesoreria comune, un programma di investimento comune, un sistema bancario comune e così via. Ma poiché l’Europa non è democratica è impossibile cambiarla attraverso un processo democratico. Anche se la maggior parte degli europei vuole ciò per cui stiamo combattendo,Non esiste discussione all’interno dell’eurogruppo, ma soprattutto non esiste un processo decisionale democratico. L’unico strumento che può permetterci di cambiare l’Europa è ciò che noi chiamiamo “ veto di responsabile disobbedienza” e purtroppo, ad oggi, non c’è stato un governo italiano che abbia avuto il coraggio di dire all’Europa: “Porremo il veto a qualsiasi proposta finché non affronteremo i problemi x, y e z”. All’inizio della pandemia, quando il presidente Macron andò al Consiglio europeo chiedendo un’Eurobond o un debito comune, sostenuto dai primi ministri di 13 paesi tra cui Italia Spagna e Grecia, Angela Merkel disse: “No” e il discorso si chiuse così. Ci siamo ritrovati con un Recovery Fund che è solo un patetico sostituto di ciò di cui l’Europa e l’Italia avrebbero davvero bisogno.
Per come lei conosce la politica italiana, secondo lei perché in Italia – dove c’era il partito comunista più forte dell’occidente – non esiste più un partito di sinistra – il partito democratico è molto moderato e i partiti alla sua sinistra sono piccoli e divisi.
Non sono d’accordo con questa descrizione del Partito Democratico, non penso sia moderato. Penso sia estremista. Estremista nel supportare estremisti privilegiati, nel dire sì a politiche che sono state distruttive per questo paese, insieme a Berlusconi prima di loro. Ogni volta che Bruxelles ha avuto un’idea stupida che potesse essere catastrofica per l’Italia, il PD ha detto sì, questo non è un partito moderato. Questo è estremista, e un partito estremista dovrebbe perire per il danno che ha fatto gravare sulle spalle della maggioranza degli italiani.
Tornando al PCI, non ho una risposta. Penso che abbiamo bisogno di un nuovo Antonio Gramsci per poter avere una completa analisi di ciò che è andato storto. Ma vi racconterò un aneddoto. Ero a Roma quando il partito comunista decise che non sarebbe più stato comunista, ma sarebbe diventato “qualcosa di sinistra”, e stavo pranzando con un grande amico, professore di filosofia dell’Università di Roma, comunista di lunga data che pensava fossi un revisionista socialdemocratico. E gli ho detto, mentre mangiavamo una pizza, “Roberto, dimmi una cosa, sei comunista adesso?” e mi ha detto “No, non lo sono” e gli ho chiesto perché, e mi ha risposto “perché il partito mi ha detto così” e questo secondo me riassume un po’ il perché sia andato tutto storto.
Il movimento che lei ha fondato, Diem 25, esiste ormai da sei anni e ha molti volontari in tanti paesi d’Europa. Ma fatica ad affermarsi come partito di massa. Il vostro progetto è più quello di un think tank, di un movimento di opinione o proprio di un partito che cerca rappresentanza nelle urne?
Abbiamo cominciato come un gruppo di persone nel 2016, eravamo molto spaventati perché vedevamo due tsunami di autoritarismo avvicinarsi all’Europa. Uno era il nazionalismo internazionale: Salvini, Meloni, Trump, Le Pen, Orban e così via, e l’altro era il centro estremista del PD di Renzi, di Hollande allora e successivamente Macron. Questi sono due autoritarismi orribili che si sono scontrati l’uno con l’altro, schiacciando la società nel mezzo. E così abbiamo creato Diem25. Non avevamo idea di come sarebbe venuta fuori, che cosa ci avremmo fatto.
È iniziata con 200 persone insieme a Berlino che provavano a creare qualcosa di nuovo, un primo movimento transnazionale. Abbiamo delle persone in Italia, qui in studio con noi, io sono greco. Abbiamo turchi, inglesi… mmmm non ci interessa della brexit: loro sono parte del movimento e decidiamo tutto insieme. Quindi le nostre politiche italiane sono votate da non italiani e le politiche greche sono votate da italiani, stiamo provando a fare un movimento transnazionale della sinistra progressista, perché i fascisti sono transnazionali, si vogliono bene tra di loro e sono uniti. I banchieri sono transnazionali, ed è il momento che lo diventiamo anche noi.
Abbiamo ricevuto un milione e mezzo di voti alle elezioni del parlamento europeo nel 2019, che non è molto, ma non è nemmeno zero contando che non avevamo soldi, ma dove abbiamo fallito – e questa è un’autocritica se vuoi – è che molto del lavoro era incentrato intorno a me altre personalità, come Zizek, Chomsky, membri del parlamento britannico. Ma nel momento in cui un movimento di sinistra viene associato a delle celebrità, anche se sono buone, diventa difficile fare la differenza alla radice. E questo è stato DieM 1.0.
Diem 2.0 ci sta provando. In Grecia il nostro piccolo partito creato da DIEM, e che attualmente è al parlamento, sta provando a crescere, ti faccio un esempio che mi rende molto felice: il precariato si sta organizzando ora, i lavoratori delle piattaforme di delivery stanno formando dei sindacati per la prima volta e DIEM 25 è la prima forza politica che li aiuta a livello europeo. Questo è DIEM 2.0.
Quindi sappiamo esattamente dove abbiamo sbagliato, ma d’altra parte, non avremmo potuto fare diversamente perché eravamo solo un gruppo di persone note. È molto facile venire risucchiati nello status di celebrità, ma la nostra capacità di cambiare l’Europa o il mondo dipenderà nella nostra capacità di distanziarci da questa mentalità.
Come sta la Grecia 7 anni dopo le sue dimissioni da ministro?
Se chiedi al governo, ti diranno che la Grecia è fuori dalla crisi, che sta prosperando. È un esempio di come l’Unione Europea, anche quando ha torto, sistema tutto nell’intento di investire, di dare stabilità.
Se lo chiedi a me, ti dico che le cose sono peggiori che mai. E prima che tu dica “beh non diresti il contrario perché eri ministro allora e non lo sei più”, guardiamo i numeri: Quando la Grecia era sulle prime pagine di tutto il mondo come un cestino dei rifiuti, un paese in bancarotta, il nostro reddito è più basso oggi che nel 2015 mentre il debito è più alto, quindi siamo più in bancarotta di sempre.
Giovani uomini e donne lasciano il paese in massa perché non ci sono lavori seri. Solo posizioni precarie, orribili, con salari bassi e prezzi alti e in aumento, nessun investimento eccetto denaro che arriva per speculare e per prendersi bellissimi luoghi della Grecia e farli diventare terra straniera, come Mykonos, Santorini. Tutti i nostri aeroporti sono diventati tedeschi. E qualsiasi profitto facciano gli aeroporti greci, è stato fatto con soldi europei. È stato comprato a zero. La Grecia non ci ha guadagnato nulla e ogni centesimo che fanno va alle isole Cayman, non alla Grecia. Questa è la situazione.
E la grande domanda che i giornalisti dovrebbero fare è: se Yanis ha ragione e le cose sono peggiori, perché non sentiamo parlare dei problemi della Grecia?
La risposta è che non ci sono più proteste, da quando i greci sono statichiamati al referendum del 2015, quello del NO!, e poi la sinistra li ha traditi. Siamo una popolazione in prigione, in una orribile prigione, ma non è una novità perché a nessuno interessa e perché l’UE ha dichiarato che la bancarotta della Grecia non è un problema. E come possono dichiararlo? Perché continuano a comprare il debito greco
Durante la pandemia il governo ha fatto un deficit di 50 miliardi di euro in due anni. Lagarde lo ha comprato. È una decisione politica. Se fai quello che ti viene detto e continui a vendere i tuoi giovani e quello che possiedi e le tue spiagge, e le aziende, gli ospedali, le scuole, università allora non sei una notizia. Stai bene e tutti ammirano il tuo governo. Che è chiaramente il guardiano della tua prigione.
Prima di salutarla, c’è un messaggio che vuol dare Lei ai nostri ascoltatrici ed ascoltatori?
È da un po’ che non vengo in Italia e devo dire che mi è mancata perché è un terreno di battaglia importante per un’Europa che sia utile alle persone. E lo dico perché non è in bancarotta come la Grecia, avete un’industria forte e esportate più di quanto importiate. Il fatto che siate tristi e incattiviti, abbiate salari bassi, e persone giovani in difficoltà, dimostra che questa Europa sta operando con un modello che non è sostenibile. E se un paese come l’Italia non si organizza politicamente per cambiare l’Europa, non solo l’Italia, allora questa Europa non ha futuro. E l’Europa merita di avere un futuro.