In questi anni abbiamo visto moltiplicarsi le piattaforme streaming (a proposito: preparatevi perché a settembre se ne aggiungerà una nuova, con l’arrivo anche in Italia di Paramount+), e insieme modificarsi gran parte della serialità televisiva che le popola: stagioni più brevi, puntate più lunghe, miniserie da consumare in binge watching durante un weekend, spinoff seriali di grandi franchise cinematografici, reboot e revival, etc. Eppure una delle nuove serie più acclamate dalla critica Usa nell’ultimo anno è sorprendentemente vecchio stile: s’intitola Abbott Elementary, e anche se da noi si trova sulla piattaforma Disney+, in originale è realizzata per la ABC, uno dei maggiori network generalisti statunitensi. E si tratta essenzialmente di una sitcom, anche se non è realizzata
in studio e non ha le risate registrate, anzi, adotta il fortunato stile mockumentary – cioè quello del finto documentario – portato al successo da The Office, Modern Family, Parks and Recreation e recentemente rivisitato con risultati esilaranti anche dalla serie vampiresca What We Do in the Shadows.
Abbott Elementary è quella che in gergo si chiama “workplace comedy”, una comedy ambientata sul posto di lavoro, ma il posto di lavoro in questione è tra i meno esplorati dalle narrazioni audiovisive – non solo seriali –, nonostante l’innegabile potenziale: una scuola elementare. Per la precisione una scuola elementare pubblica di Philadelphia, in un quartiere a prevalenza afroamericana: un istituto che non riceve neanche lontanamente i fondi necessari, i cui corridoi, aule e materiale sono obsoleti e ammaccati in vari modi, guidato da una preside irresponsabile e incompetente, e nel quale la maggioranza degli insegnanti non resiste per più di due anni. Una situazione verosimile e indubbiamente drammatica, che però la serie sa approcciare intelligentemente in maniera tragicomica: il punto di vista principale è quello dell’insegnante di seconda Janine Teagues, interpretata dalla creatrice stessa dello show, Quinta Brunson (che si è ispirata ai 40 anni di lavoro come maestra della madre). Janine è una giovane ed entusiasta docente decisa a dare il massimo, a sperimentare nuovi metodi educativi, a migliorare la situazione, risolvendo da sé tutte le magagne che pian piano si presentano sulla sua strada. Inutile dire che i suoi ammirevoli sforzi finiscono spesso per produrre il risultato contrario a quello sperato, innescando una catena di conseguenze tra l’esilarante e il disastroso.
Accanto e attorno a Janine il giusto cast di comprimari fondamentali alla formula della situation comedy: oltre alla già citata dirigente scolastica incapace, ci sono la veterana inflessibile e iperreligiosa capace d’instillare autorità con uno sguardo, la collega italoamericana ricca di discutibili agganci e risorse, il timido e balbettante insegnante di storia, ossessionato dal politicamente corretto, il nuovo perplesso supplente che si prende una cotta per Janine, l’anziano custode eccentrico e cospirazionista… Come in tutte le comedy di questo tipo, in cui gli episodi si aggirano sui venti minuti l’uno e si costruiscono sulla ripetizione di dinamiche ricorrenti, è necessaria qualche puntata per affezionarsi al progetto e ai personaggi, ma fin da subito è ben chiara la direzione in cui Abbott Elementary si muove, trovando il modo di criticare il sistema educativo a stelle e strisce, denunciando con la presa in giro le voragini dell’istituzione e contemporaneamente sottolineando la cruciale importanza del lavoro quotidiano dei
docenti.
Tra le gag e le risate, il filo conduttore di Abbott Elementary è la continua contrattazione tra l’idealismo che contraddistingue la passione per l’insegnamento e gli inevitabili compromessi cui deve scendere, ogni giorno, nella pratica, per far fronte ai mille problemi che infestano la scuola. È per questo che la serie, nonostante sia profondamente radicata nel contesto statunitense, finisce per rivelarsi facilmente universale: anche da noi, lo sappiamo bene (e abbiamo avuto modo di vederlo in modo lampante in questi anni di pandemia), l’istituzione scolastica è perennemente in affanno, e così come la cultura in generale sembra sempre all’ultimo posto dell’agenda politica e collettiva. Abbott
Elementary ci aiuta a riderne, ma non per dimenticare: per infuriarci, e tornare il giorno
dopo in aula ancor più combattivi.