Approfondimenti

L’indecisione dell’Europa sulle nuove sanzioni alla Russia, lo sciopero della scuola e le altre notizie della giornata

Josep Borrell ANSA

Il racconto della giornata di lunedì 30 maggio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il supporto occidentale all’Ucraina nella guerra contro la Russia, almeno in questa fase, non sembra essere incondizionato. Lo dicono le difficoltà europee di prendere decisioni importanti nei confronti del settore energetico russo, così come le ultime dichiarazioni americane sul rifornimento di armi a Kiev. Il tutto mentre l’intensità della guerra nel Donbass continua ad aumentare. In Italia, intanto, il caso di Antonio Capuano e del viaggio che Salvini avrebbe voluto fare a Mosca continua a tenere acceso il dibattito. Oggi è stata la giornata dello sciopero della scuola contro i tagli, le nuove regole sul reclutamento, sulla formazione dei docenti e sull’assunzione dei precari. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

L’occidente fatica a dare supporto incondizionato all’Ucraina

(di Emanuele Valenti)

A Bruxelles è in corso un vertice europeo straordinario, con i capi di stato e di governo. Doveva essere il vertice del sesto pacchetto di sanzioni alla Russia. E il primo punto di questo novo pacchetto doveva essere l’embargo al petrolio russo, di cui si parla da settimane. Ma probabilmente non sarà così.
Alcuni, come il responsabile della politica estera europea, Borrell, hanno detto che si sta lavorando a un’intesa. Però la presidente della commissione UE, Von Der Leyen, è stata piuttosto chiara: “non credo si possa trovare un accordo in queste 48 ore”.
C’è l’opposizione di Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che usano parecchio petrolio russo, ma c’è anche un disaccordo più generale sulla strategia da adottare.
Nel frattempo Gazprom ha fatto sapere che da domani bloccherà l’export di gas verso l’Olanda perché non ha accettato il pagamento in rubli.

A dare il senso di quello che potremmo definire, almeno in questo frangente, un raffreddamento occidentale ci sono anche le parole di Biden: gli Stati Uniti non riforniranno l’Ucraina con armi in grado di colpire in territorio russo.
Biden non ha specificato, quindi non è chiaro cosa questo voglia dire. Da giorni i media americani parlano del possibile invio a Kiev di armi a lungo raggio – quelle che da tempo chiedono gli ucraini per fermare l’avanzata russa – ma ora non sappiamo se arriveranno sul serio e soprattutto cosa arriverà.

L’avanzata russa nel Donbass prosegue lentamente

Sul campo prosegue, seppur lentamente, l’avanzata russa. Sono sempre più intensi i combattimenti a Severodonetsk. Le truppe russe sono entrate in città. Lo hanno confermato diverse fonti ufficiali ucraine. Il governatore della regione di Luhansk e gli amministratori locali della città.
La conquista di Severodonetsk permetterebbe ai russi di prendere in sostanza tutta la regione di Luhansk, una delle due regioni amministrative che formano il Donbass.
Le truppe di Mosca sarebbero entrate nel perimetro della città da due direttrici.
Sotto attacco anche Lysychansk, praticamente attaccata a Severodonetsk. La strategia è la solita: pesantissimi bombardamenti e colpi di artiglieria – quindi grande distruzione – e poi avanzata di terra. La presa di Severodonetsk sarebbe per il Cremlino più una vittoria politica che strategica. Nel Donbass, a questo punto nella regione di Donetsk, ci sono città più grandi e più importanti ancora in mano ucraina.

Questo pomeriggio c’è stata una telefonata Putin-Erdogan. Il presidente russo si sarebbe detto disponibile a valutare l’uscita dai porti ucraini delle navi cariche di prodotti agricoli. Erdogan si sarebbe invece nuovamente offerto – se si dovesse arrivare a un cessate l fuoco – a fare da garante.

Gli oscuri contorni del viaggio di Salvini a Mosca

(di Luigi Ambrosio)

Sarebbe semplice archiviare il caso Capuano buttandola in burla, un po’ alla Totò che vende la fontana di Trevi all’ingenuo turista americano, come è stato detto e scritto.
L’avvocato di Frattamaggiore che consiglia a Salvini di andare in Russia, lavora al progetto, poi rilascia interviste ai giornali in cui dice e non dice, allude, lascia credere che pure il Papa sarebbe coinvolto, e che Putin sarebbe pronto a ricevere il segretario della Lega al Cremlino.

In realtà, le cose sono un po’ più complesse. La vicenda ha contorni oscuri. Se ne stanno occupando anche esponenti della Commissione Esteri e del Copasir. Antonio Capuano è consulente di diverse ambasciate a Roma, compresa quella russa. E viene descritto come uomo nell’orbita dell’ex Ministro degli Esteri e oggi presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, famoso per le sue posizioni filorusse, già candidato per un giorno al Quirinale dalla coppia Salvini Conte lo scorso gennaio.

Il cosiddetto piano di pace di Salvini è irrealizzabile. Quando la notizia è diventata nota si sono mossi Palazzo Chigi e il Quirinale per stopparlo. Impossibile affidarsi a Salvini, amico di Putin, per una iniziativa diplomatica. Il sospetto, dicono ambienti parlamentari oggi, è quello di un ruolo attivo di Mosca. Il viaggio di Salvini sarebbe stato destabilizzante per l’Italia e per i paesi dell’alleanza occidentale, è l’analisi. In ogni caso, Totò Truffa non è la metafora giusta.

Lo sciopero della scuola e la manifestazione di Roma

Contro i tagli, le nuove regole sul reclutamento, sulla formazione dei docenti e sull’assunzione dei precari, per un aumento salariale che copra almeno gli aumenti causati dall’inflazione: oggi è stata la giornata dello sciopero della scuola. A proclamarlo, i sindacati confederali, insieme a Gilda, Snals e Anief. La manifestazione nazionale si è svolta a Roma, con pulmann arrivati da tutta Italia. Il dato sull’adesione non è ancora consolidato, poichè è riferito a circa la metà degli istituti: probabilmente alla fine si attesterà intorno al 30%.
Nel pomeriggio ha parlato il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: “Avremmo potuto sopprimere 130mila posti di lavoro grazie al calo degli alunni ma non lo abbiamo fatto. Il governo ha deciso di non tagliare”, ha dichiarato il ministro. Dati e valutazioni non condivise dai sindacati e dai tanti insegnanti che vivono quotidianamente la mancanza di risorse e il disinvestimento sulla scuola.


 

Addio allo scrittore sloveno Boris Pahor

(di Ira Rubini)

Scrittore di frontiera, testimone dei conflitti etnici e degli orrori del Novecento ma anche, per questo, intellettuale cosmopolita e acuto analista del contemporaneo, Boris Pahor era nato a Trieste nel 1913 anche se di nazionalità slovena, ed è vissuto 108 anni, come gli antichi saggi a cui tutte le culture dell’umanità devono qualcosa. Riconosciuto con grande ritardo dal mondo della letteratura italiana, aveva restituito nei suoi lucidi romanzi la memoria dei lager nazisti. 
Nel 2020, Slovenia e Italia lo avevano onorato ufficialmente , in occasione della restituzione alla comunità slava di Trieste della Casa del Popolo, bruciata dai fascisti un secolo prima. Mussolini, per estirpare l’identità slava da Trieste e dalla regione, proibì fra l’altro ai bambini di parlare la loro lingua madre. Dopo un’infanzia e una giovinezza trascorse a fingersi italiano, Pahor aderirà nel 1943 alla Resistenza e sarà per questo deportato. 
Il plurilinguismo gli valse la vita, come raccontò nel suo capolavoro, Necropoli, che aveva dovuto attendere trent’anni per essere tradotto in italiano e solo nel 2008 sarebbe uscito per Fazi, con la prefazione di Claudio Magris. Pahor aveva allora già 95 anni e poco prima aveva ricevuto a Parigi la Legion d’onore! Più volte candidato al Nobel, Pahor fu una voce scomoda anche per la ex-Jugoslavia, che lo censurò pesantemente per le sue critiche a Tito. Uomo di lucida franchezza, non esitò mai a rifiutare riconoscimenti pubblici quando intravedeva una parzialità di giudizio sulle atrocità del Secolo Breve.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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    1) L’incubo di Gaza visto con gli occhi di una 23enne. In esteri la testimonianza da Deir el Balah: “Mi manca ballare e ridere con le amiche”. (Aya Ashour) 2) Washington potrebbe abbandonare gli sforzi per la pace in Ucraina. Marco Rubio da Parigi lancia un avvertimento che lascia più domande che risposte. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti. Harvard dice no a Trump, lui congela i fondi. Lo scontro del presidente con le università americane è sempre più pericoloso. (Roberto Festa) 4) Un posto sicuro per la scienza. L’università di Marsiglia offre asilo accademico ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti. Quasi 300 fanno domanda in un mese. (Francesco Giorgini) 5) Messico, mentre il governo nega la responsabilità dello stato nelle sparizioni forzate, nel week end le famiglie dei desaparecidos si preparano alle giornate nazionali di ricerca delle persone scomparse. (Andrea Cegna) 6) Mondialità. La vittoria schiacciante di Daniel Noboa e la sconfitta del “Correismo” in Ecuador conferma i cambiamenti politici in corso in America Latina. (Alfredo Somoza)

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