“E’ una sinistra un po’ chiusa e angusta quella che ha reagito male alla notizia dell’arrivo dei cinquanta migranti a Capalbio“. Così commenta Sandro Medici, giornalista, ex minisindaco di Roma e ora eletto nel Consiglio Comunale della città nelle liste di Sinistra X Roma.
Sandro Medici trascorre le vacanze a Capalbio da tantissimi anni, frequentando più la campagna che le spiagge, e su questa vicenda ragiona anche in termini storici ed antropologici oltre che politici: “In parte questa reazione energica è dovuta al fatto che ormai Capalbio e dintorni sono diventati un’area di eccellenza turistica e, come sempre accade, l’arrivo di queste persone si teme danneggi l’immagine del luogo e riduca gli affari“.
Accanto a questa Sandro Medici adduce poi una ragione più profonda: “Questa zona , la maremma cosidetta ‘estrema’ – regione di acquitrini, zanzare, malaria, nel passato, prima di essere bonificata e riqualificata – era disdegnata ed evitata dai cittadini toscani: questo ha reso i suoi abitanti gente chiusa e un po’ diffidente, refrattaria alle novità e ostile allo straniero“.
Non a caso anche lo sviluppo delle attività turistiche ha necessitato decenni, e non è stato facile integrare i ricchi e gli intellettuali che riempivano le spiagge e costruivano ville, con gli agricoltori e allevatori della zona. A questo proposito Sandro Medici cita un aneddoto relativo a Niki de Saint Phalle, la scultrice che realizzò il famoso Giardino dei Tarocchi: le sue istallazioni d’ispirazione surrealista suscitarono inquietudine negli abitanti che fecero di tutto per ostacolarla.
Tornando all’oggi, la giunta locale, capeggiata da un sindaco, Luigi Bellumori eletto con una lista civica di area Pd, oltre a esprimere perplessità sulla decisione del Viminale di inviare i migranti a Capalbio, ha prodotto anche una richiesta di accesso agli atti al Viminale e ha annunciato una manifestazione di protesta per il 25 agosto, il giorno del Festival letterario di Capalbio.
“Il vero problema è la politica locale”, lo dice anche Sandro Medici, che la descrive come “un’eredità del vecchio Partito comunista rimasta sempre molto angusta, chiusa e tendenzialmente benpensante. Si tratta di quella tipologia di rappresentanza del Partito democratico un po’ ottusa che ogni tanto, sopratutto nei luoghi piccoli, emerge e purtroppo, da questa chiusura a forme di razzismo strisciante, il passo è breve”, dice.
“Da questo punto di vista sono inqualificabili. Non si può rispondere a a un’esigenza civile con il rifiuto e il rigetto. Cominciassero a pensare, anziché a dove queste persone saranno collocate, a come accoglierle e integrarle”.