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Fontana prosciolto e beatificato, ma le sue menzogne restano

Attilio Fontana

Attilio Fontana è stato prosciolto dal giudice delle indagini preliminare del Tribunale di Milano per il caso camici che lo vedeva accusato con altre 4 persone (funzionari regionali e il cognato imprenditore) di frode in pubbliche forniture alla Regione per mezzo milione di euro di camici da parte dell’azienda di suo cognato, fornitura trasformata poi per un intervento dello stesso presidente in una donazione. Il caso era stato scoperchiato dalla trasmissione Report e Fontana aveva negato un suo coinvolgimento, salvo poi doverlo ammettere.

Fontana è commosso, nonostante l’amarezza per le brutte cose dette su di lui da politici e giornalisti, ice in conferenza stampa che non ha nulla da rimproverarsi e rifarebbe tutto; della sua ricandidatura parlerà più avanti. Anche Salvini è in festa e la Lega suona le trombe chiedendo praticamente la beatificazione del presidente.

Ma se il fatto penale non sussiste per il presidente il giudice non può però restituire ad Attilio Fontana la dignità politica; e così le scuse che la Lega pretenderebbe dal Pd e dalla sinistra non ci saranno. Il coro delle opposizioni è unanime: ci mancherebbe fosse andato a processo per frode ma Fontana ha mentito al consiglio e ai cittadini ed è lì che nasce il caso. Ha mentito quando quando ha detto di non essere stato a conoscenza della fornitura per la Regione di mezzo milione di euro di camici e sovrascarpe da parte della ditta del cognato, di cui era azionista anche la moglie; ha mentito quando poi ha negato di essere intervenuto per trasformarla in donazione, facendo rinunciare al cognato il pagamento dei camici già forniti (il resto della fornitura poi non sarà consegnato ma rivenduto); e poi ha omesso di aver risarcito lui stesso il cognato con 250mila euro dai suoi conti personali in Svizzera.

La menzogna non è un reato ovviamente. Ma non bisognerebbe nemmeno festeggiarla e prometterne di nuove. E suona ancora più beffarda la difesa di Fontana che parla di discredito per il presidente in un momento tragico. In quei mesi del 2020 di tragico c’erano i morti in solitudine, i malati di Covid abbandonati, medici e infermieri senza dispositivi, altro che appalti, imprese, cognati e milioni in Svizzera, distanti anni luce dalla verità e dai cittadini.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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