Fidel Castro compie 90 anni. Nell’ultima sua apparizione pubblica, all’ultimo congresso del Partito Comunista Cubano, ha tenuto un breve discorso politico, una sorta di commiato e di testamento politico. “Fra poco dovrei compiere novanta anni, non me lo sarei mai immaginato e non è mai stato frutto di uno sforzo, è stato un capriccio del caso. – ha detto Castro nel suo discorso – Ben presto sarò come tutti gli altri. A tutti arriverà il proprio turno, ma resteranno le idee dei cubani come prova che in questo pianeta, se si lavora con fervore e dignità, si possono produrre i beni materiali e culturali di cui gli esseri umani hanno bisogno.”
Il Lider Maximo ha così difeso la sua opera e il suo regime, sapendo bene che i cambiamenti in corso a Cuba (con la riapertura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti) con tutta probabilità porteranno l’isola che ha governato per decenni verso orizzonti diversi rispetto a quelli per cui lui ha lavorato per tanti anni. Così come è ben conscio del fatto che la sua figura verrà analizzata dagli storici attraverso le luci e le ombre della sua biografia: il rivoluzionario, leader di un movimento di liberazione dei popoli, accanto al capo di un regime che ha represso i diritti politici dei cubani.
Figlio di un agiato piantatore, avvocato, dopo il colpo di stato di Batista (1952) si schierò tra gli oppositori della dittatura e il 26 luglio 1953 guidò un attacco contro la caserma Moncada di Santiago de Cuba. Condannato a 15 anni di prigione fu amnistiato nel 1955 e si rifugiò in Messico.
Nel dicembre del 1956 sbarca con poche decine di uomini sulla costa orientale di Cuba inizia la guerriglia contro Batista. Ottenuto un largo sostegno popolare, in particolare fra i contadini, nel marzo 1958 Castro lancia l’offensiva finale, conclusasi nel gennanio del 1959 con il suo ingresso trionfale all’Avana.
Castro deve subito affrontare i gravi problemi economici e sociali che affligono Cuba e lo fa con una serie di drastici provvedimenti che colpisocno anche gli importanti interessi degli Stati Uniti nell’isola.
La reazione di questi ultimi e la crescita della tensione fra i due paesi spinge Castro ad avvicinarsi sempre più all’Unione Sovietica.
Dopo la Crisi dei Missili del 1962, Castro persegue una politica volta a favorire la diffusione dei movimenti di guerriglia in America latina ma l’insuccesso dei tentativi rivoluzionari in Sudamerica e il permanere dell’isolamento di Cuba e della sua dipendenza economica dall’URSS lo costringono a un riavvicinamento con Mosca.
Dopo il varo dalla nuova costituzione cubana nel 1976, Castro concentra nelle sue mani tutto il potere a Cuba: viene eletto capo dello stato, carica che somma a quella di presidente del Consiglio dei Ministri, di comandante in capo delle forze armate rivoluzionarie e di primo segretario del PCC.
Dopo la fine dell’Urss, Castro si è trovato sempre più isolato a livello internazionale. Le condizioni eocnomiche di Cuba peggiorano in quegli anni anche grazie all’inasprimento dell’embargo statunitense nel 1992.
Lo stesso pontefice Giovanni Paolo II, durante la sua visita a Cuba nel gennaio 1998, ha definito l’embargo eticamente inaccettabile
Nel febbraio 2008 Castro si è dimesso dalle cariche ricoperte per quasi mezzo secolo e la guida del paese è passata al fratello Raúl. In questi anin, il regime cubano si è appoggiato sulla Chiesa cattolica per uscire dall’isolamento internazionale (è stato grazie a Papa Francesco che si è arrivati alla normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti) e per avere uno sponda rispetto alla continuità dello stesso regime dopo la scomparsa dei due fratelli Castro.