L’intervento di Matteo Renzi alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, nel Modenese, è molto importante per diversi motivi.
Il presidente del Consiglio sembra aver individuato la strategia di comunicazione per uscire dall’angolo in cui lo stesso si è andato a infilare. Durante l’intervento ha detto che è stato un errore personalizzare troppo la consultazione. “Non sono io il padre della riforma, ma Giorgio Napolitano”.
Cosa significa questa uscita? A occhio e croce che Renzi è pronto a spersonalizzare il referendum, cioè a separare il suo destino politico dall’esito della consultazione. Quindi nelle prossime settimane attendiamoci un Renzi che dirà: anche se perdo non me ne vado (dopo aver ribadito questo concetto per mesi e mesi). Non sarà così? Siamo pronti a scommetterci. In fondo non è lui il padre della riforma, è Napolitano, no?
Questo non significa però che Matteo Renzi non farà di tutto per vincere a novembre. Sta usando molte delle armi a sua disposizione pur di raggiungere l’obiettivo. Dopo le epurazioni Rai (fatte nell’ottica di una normalizzazione in vista del referendum), il presidente del Consiglio ha tirato fuori dal cilindro anche la lotta alle povertà.
“Se passa il Sì– ha detto nel discorso alla Festa dell’Unità – i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno”.
Vogliamo chiamarla promessa elettorale, come quando si promette di abbassare le tasse prima delle elezioni legislative? Solo che qui, in ballo c’è la Costituzione.
Ne abbiamo parlato con Sandra Bonsanti, di Libertà e Giustizia, paladina del fronte del No che si è detta (ovviamente) scandalizzata dell’uscita di Renzi.
Così come non le sono andate giù le parole di Maria Elena Boschi sui contrari alla riforma. “Non hanno rispetto del Parlamento”, ha detto Boschi. “Dovrebbe studiare un pò di più” – ha ribattuto Bonsanti.
Però, sia l’uscita sui 500 milioni di Renzi (anche se gli esperti dicono che i risparmi sarebbero molto inferiori), sia l’uscita della Boschi fanno comprendere quanto i due siano abbastanza in difficoltà.
I sondaggi indicano il No avanti. Il presidente del Consiglio sa bene che non sarà facile mobilitare il fronte del Sì, non in modo sufficiente per evitare ogni rischio di disfatta politica.
Per questo si prepara a separare il suo futuro politico dal risultato finale del referendum. Ha ammesso di aver compiuto un errore personalizzandolo. “Ma chi non fa errori?”, ha detto retoricamente nel suo discorso.
La strada per rimanere in sella anche dopo la sconfitta è ora aperta davanti a lui.