A questo punto è ufficiale. Boko Haram è spaccata in due, entrambe le anime di questa formazione jihadista sono venute alla luce in questi giorni, come del resto molti analisti asserivano da tempo.
Lo storico leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, ha infatti annunciato di essere ancora lui il leader del gruppo, e non la persona nominata nei giorni scorsi dall’Isis, cioè Abu Musab al-Barnawi, già portavoce del gruppo terroristico islamista nigeriano.
L’annuncio è arrivato con un messaggio audio con il quale Shekau critica il successore nominato dall’Isis e afferma che il leader del sedicente Califfato, Abu Bakr al-Baghdadi, non ha mai risposto alle sue lettere nelle quali spiega che al-Barnawi è un “infedele” che predica “false credenze”.
Il messaggio di Shekau mette in evidenza le differenze con al-Barnawi, il quale si è impegnato a porre fine agli attacchi alle moschee e ai mercati frequentati dai musulmani che sono diventati un marchio dei Boko Haram.
Shekau giurò fedeltà ad al-Baghdadi nel 2015, diventando così il suo primo affiliato in Nigeria, ma il capo dell’Isis non mostrò ma il pieno gradimento di un personaggio imbarazzante e sanguinario come Abubakar Shekau che, da un anno e fino a quest’ultimo messaggio, era praticamente scomparso.
La notizia è che Shekau (soprannominato l’immortale perché è stato dato per morto innumerevoli volte) è ancora vivo, che è probabilmente ancora nella regione, che può contare, evidentemente, su un gruppo di fedelissimi.
Ora si tratta di vedere se le due anime di Boko Haram finiranno per scontrarsi. Intanto ci sono i fatti.
Nello stato di Borno e nei Paesi limistrofi intorno al Lago Ciad ci sono due milioni di persone a rischio fame. Ci sono decine di migliaia di bambini denutriti che rischiano di morire per fame e ci sono ancora alcune centinaia di sequestrati, prigionieri probabilmente nella foresta di Sambisa. Sono vittime del terrorismo anche loro e di Boko Haram in particolare. Dal punto di vista umanitario, non importa se dell’una o dell’altra fazione.