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Mai così tanti attorno all’Anpi per il 25 aprile: antifascismo e pace

Anpi 25 aprile

Saranno due anni senza piazza, gonfaloni e bandiere e soprattutto l’assalto durato settimane contro l’associazione… ma la risposta di due giorni fa dell’Anpi tutta è un fatto politico. Era lo spezzone più numeroso del corteo, come non si vedeva da oltre un decennio, quello in cui tante e tanti si sono riconosciuti. Tanto con la bandiera della pace in spalla e il fazzoletto tricolore al collo. Le due cifre inscindibili di questo popolo che rivendica il ripudio della guerra tanto quanto l’antifascismo.

Siamo una delle poche organizzazioni di massa rimaste in questo Paese, dice un nipote o forse un pronipote di partigiani dietro uno dei tanti striscioni delle sezioni che almeno qui al Nord ci sono in ogni paese, e non solo il 25 aprile. Si sono sentiti manipolati da chi li ha fatti passare per amici di Putin. Ma quasi nessuno è interessato alle polemiche, non lo sono i più anziani, tra loro sfila un commovente Antonio Pizzinato, non lo sono i più giovani arrivati in forze negli ultimi anni.

Scontata la solidarietà al presidente, questa è un’organizzazione. Come le diversità di opinioni nel dibattito interno, perché democrazia e libertà sono la nostra conquista, sotto la bandiera della Costituzione. In tanti dicono che bisognava però reagire a un clima pesante che si respira nel paese, a uno scivolamento in basso e a destra del dibattito politico.

Chiedono a noi giornalisti e media se ci rendiamo conto di quanto ne siamo partecipi. La guerra, ci dicono, porterà crisi sociale e povertà, altro che chiacchiere. Guardano già avanti, perché le polemiche qui non durano. Contano i fatti e la partecipazione. E ieri con calma e senso di responsabilità l’Anpi lo ha ribadito ancora una volta.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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