Approfondimenti

L’attacco alla stazione di Kramatorsk, la riduzione dei fondi destinati alla scuola e le altre notizie della giornata

kramatorsk

Il racconto della giornata di venerdì 8 aprile 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Un missile Tocka-U, è caduto nel piazzale davanti alla stazione di Kramatorsk, nel Donbass Occidentale, causando 50 morti e centinaia di feriti. Le stragi, i massacri, le migliaia di civili uccisi trasformati in un argomento nella guerra tra fazioni. Nei prossimi tre anni la spesa per l’assunzione di insegnanti e per la trasformazione tecnologica della scuola sarà ridotta di mezzo punto di Pil. Secondo Human Rights Watch nei pressi del fiume Evros, in Grecia, i richiedenti asilo vengono picchiati, derubati e denudati prima di venire respinti. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

La strage di civili in fuga alla stazione di Kramatorsk

Kramatorsk è una città del Donbass occidentale, quello cioè controllato dall’esercito ucraino. La città è un importante snodo nell’esodo di profughi che hanno risposto all’appello delle autorità ucraine a lasciare la regione in vista di una massiccia offensiva russa. Ieri la rete ferroviaria in uscita dalla città era stata già danneggiata dai combattimenti, e dunque stamattina, quando i treni hanno ricominciato a partire in direzione ovest era anche più piena del solito. Il sindaco della città ha parlato di 4mila persone in coda per partire.
Un missile, un Tocka-U, è caduto alle 10.25 ora locale nel piazzale davanti alla stazione. Le immagini mostrano la carcassa del missile: è intero e dunque non intercettato dalla contraerea. Secondo l’analisi effettuata da un esperto militare citato dall’Ansa, il direttore della rivista italiana difesa Batacchi, le immagini mostrerebbero anche che le bombe a grappolo si sono sganciate dal corpo centrale. Sul lato del missile una scritta in grandi caratteri bianchi, in alfabeto cirillico: per i bambini (nel senso di: per quello che avete fatto/state facendo ai bambini). I morti accertati in questo momento sono 50. I feriti centinaia.
Chi ha compiuto questo attacco?
I missili Tocka-u sono in dotazione sia all’esercito ucraino sia a quello russo: Mosca infatti ha in dotazione anche missili più moderni, gli Iskander, ma non ha del tutto abbandonato i vecchi Tocka U. A sostegno della paternità russa viene citato anche un tweet, dell’agenzia ufficiale russa Lenta.ru, che poco prima che le immagini della stazione facessero il giro del mondo aveva riportato una dichiarazione del ministero russo della difesa che annunciava di avere compiuto tre attacchi contro altrettante stazioni e distrutto equipaggiamento militare ucraino. Non ci sono però conferme sull’autenticità di questo tweet.
Mosca respinge tutte le accuse e sostiene, di contro, che il missile sia stato lanciato da un’unità ucraina da una città, Dobropolye, a una cinquantina di chilometri a sud di Kramatorsk.

Dov’è l’empatia per le vittime?

(di Luigi Ambrosio)
C’erano migliaia di persone ammassate nella stazione di Kramatorsk.
Il racconto dei testimoni oculari della strage è terribile: corpi a terra, sangue ovunque, urla, persone che morivano per le emorragie.
La guerra moderna è guerra che ha tra i suoi target i civili, da Guernica in poi. Una considerazione perfino banale che non dovrebbe però giustificare l’assuefazione all’orrore della guerra. E invece stiamo assistendo a questo. Si è detto che la guerra in Ucraina è la prima vera guerra nell’epoca dei social. Questa guerra è di gran lunga il tema più dibattuto sui social, come mai altro conflitto prima di oggi. Eppure mai prima di oggi a una così grande attenzione dell’opinione pubblica è seguito un tale difetto di considerazione per le vittime.
Le stragi, i massacri, le migliaia di civili uccisi casomai sono un argomento nella guerra tra fazioni, sono uno strumento per lanciarsi accuse reciproche, fanno da sfondo al tifo calcistico. Ci si dovrebbe fermare, osservare, lasciarsi alle spalle la retorica e la pornografia del dolore. Ci si dovrebbe immedesimare con chi soffre. Invece, se la prima vittima della guerra è la verità, questa volta un’altra vittima eccellente, e inaspettata, è l’empatia per le vittime vere. Quelle che muoiono sotto le bombe.

I tagli alla spesa per la scuola

(di Anna Bredice)

La sofferenza del settore scuola nei due anni di Covid non è stata per nulla ripagata dal Documento di programmazione economica, il Def, per il prossimo anno. Si riducono le spese destinate alla scuola, nell’arco temporale dei prossimi tre anni la spesa per l’assunzione di insegnanti e per la trasformazione tecnologica della scuola, visto tra l’altro l’esperienza della didattica a distanza, si vede ridotta di mezzo punto di Pil, passando dal 4 al 3,5 per cento, che tradotto potrebbe trasformarsi nel 25% in meno di risorse dedicate a questo settore, penalizzando così nuove assunzioni e la speranza di aumentare il numero delle classi, in modo da ridurre così il numero degli alunni per classe. Il ministero dell’economia avrebbe spiegato questa riduzione dei fondi da un lato con la necessità di destinare maggiori risorse alla spesa pensionistica e sanitaria, a causa dell’invecchiamento della popolazione, e dall’altro meno soldi perché ci sono meno nascite e di conseguenza meno alunni. Insomma, si toglie da una parte per dare all’altra, nonostante nel recovery fund il capitolo scuola, con il rinnovamento del digitale, la transizione ecologico e tecnologica, fossero uno dei punti più citati da Draghi. Dovrebbe essere solo confermato il personale docente assunto per affrontare l’emergenza Covid, ma nulla di più al momento. I sindacati si stanno facendo sentire, la Uil scuola già con una critica forte, gli altri sindacati per ora hanno affidato il parere ai segretari generali, i quali, ad esempio Landini della Cgil, solo ieri aveva respinto l’eventualità di un aumento delle spese militari, a fronte di una mancanza di investimenti nei settori cruciali come scuola e sociale.

Grecia, i respingimenti al confine con la Turchia e i migranti usati per il “lavoro sporco”

(di Eleonora Panseri)

È dal 2008 che l’ONG internazionale Human Rights Watch monitora in Grecia i respingimenti dei migranti al confine con la Turchia. Sono trascorsi 14 anni da allora e le cose non sono cambiate.
Anzi, se possibile, sono anche peggiorate. “Their Faces Were Covered” è il titolo del nuovo report di Human Rights Watch, pubblicato sul sito il 7 aprile. Nelle 29 pagine dell’inchiesta, realizzata grazie alle testimonianze di 26 persone di origini afghane respinte al confine, sono riportate le violenze delle autorità greche. Secondo Human Rights Watch, nei pressi del fiume Evros, i richiedenti asilo vengono picchiati, derubati e denudati prima di venire respinti. Dai loro racconti è emerso poi un particolare agghiacciante: le imbarcazioni con le quali gli intervistati vengono costretti ad attraversare il fiume per tornare in Turchia sono guidate a loro volta da migranti con il volto coperto da passamontagna.

“Il conducente della barca mi ha detto: “Stiamo facendo questo lavoro per tre mesi poi ci daranno un documento con cui potremo muoverci liberamente per la Grecia e prendere anche un biglietto per andare in un altro Paese”, ha raccontato un comandante dell’esercito afghano di 28 anni, tra le persone ascoltate da Human Rights Watch. Il traghettatore veniva dal Pakistan. [CONTINUA A LEGGERE]

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

La quarta dose del vaccino anti-Covid sarà somministrata agli over 80, agli ospiti delle Rsa e per coloro i quali siano inseriti nelle categorie a rischio e abbiano un’età compresa tra i 60 e i 79 anni. Lo ha comunicato oggi il ministero della Salute. Il monitoraggio settimanale sull’andamento del virus pubblicato questa mattina certifica che l’indice di trasmissibilità del covid scende ma resta comunque sopra la soglia di 1, che significa che è ancora in espansione. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è stabile mentre nei reparti ordinari c’è una lieve crescita. “Questa settimana si conferma un trend in decrescita nel numero dei nuovi casi che diminuiscono tra le fasce d’età più giovani, mentre sono in aumento tra gli over50. Lo ha dichiarato il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. Nelle ultime 24 ore sono stati 66mila 500 i nuovi casi, 144 le vittime, con un tasso di positività al 15%.

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    Il calciatore Stephane Omeonga accusa la polizia italiana di averlo picchiato

    Il calciatore Stephane Omeonga ha detto oggi di avere avuto conferma dalle auorità di Israeliane di non essere su alcuna black list di Tel Aviv. Con questa motivazione era stato fatto scendere da un aereo diretto in Israele in partenza da Roma e la Polizia, si vede in un video, aveva usato con lui le maniere forti. Non solo: il calciatore belga di origine congolese, in forza a una squadra israeliana, aveva denunciato di essere in seguito stato picchiato dagli agenti che lo avevano fermato. La polizia nega e aveva fatto sapere informalmente che il motivo per cui era stato fatto scendere dall’aereo fosse la black list. I modi della polizia italiana erano pochi mesi fa stati denunciati dagli organismi dell’unione europea che si occunano di monitorare le attività delle forze di polizia. I nostri agenti sarebbero responsabili di diversi atti di profilazione razziale, ossia discriminazione in base al colore della pelle. Omeonga ha 28 anni e in passato ha giocato in Italia, vestendo anche la maglia del Genoa. Abbiamo intervistato Claudio Onofri, ex capitano del Genoa, bandiera della squadra rossoblu.

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    Sono 50, secondo i dati della Questura di Milano, le persone che la notte di Capodanno sono state allontanate dalle zone rosse istituite in città. Si tratta di aree dove chi ha precedenti penali o ha atteggiamenti aggressivi o sospetti può essere allontanato, su decisione degli agenti di polizia presenti in piazza. Le zone rosse sono state istituite dalla prefettura e hanno suscitato la reazione molto negativa dalla Camera Penale: secondo gli avvocati, è un precedente pericoloso che mette a rischio le libertà individuali. Molto tiepida invece la politica. Sono poche le voci che si sono levate, anche da sinistra, contro un provvedimento che resterà in vigore per i prossimi tre mesi. Luigi Ambrosio ha intervistato il professore di criminologia della Statale di Milano Roberto Cornelli. Le zone rosse di Milano sono solo l’ultimo di una serie di provvedimenti securitari che, uniti alle riforme istituzionali volute dal governo, delineano un quadro preoccupante, spiega Cornelli:

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