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“Fatevi un regalo, unitevi alla lotta”. Il 26 marzo la manifestazione del Collettivo di Fabbrica Gkn

GKN

Sabato 26 Marzo a Firenze la manifestazione del collettivo di Fabbrica Ex Gkn e dei Fridays For Future. “So che è nato qualcosa che va nutrito e fatto crescere per il bene dei nostri figli per lasciargli un mondo migliore, anche se siamo una goccia nell’oceano ricordiamo che esso è fatto di gocce”. Tiziana De Biasio, lavoratrice degli appalti, racconta così la sua storia in GKN.

Dalle 14.30 in piazza Vittorio Veneto a Firenze, in collegamento con lo sciopero globale del clima del 25 marzo, ci sarà la manifestazione organizzata dal collettivo di Fabbrica della ex-GKN.

Pubblichiamo questo contributo di Tiziana De Biasio, una delle lavoratrici delle aziende in appalto della Ex-GKN. Tiziana sarà con noi anche il 10 aprile, all’incontro organizzato da Radio Popolare nell’ambito del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, dal titolo Invisibili a chi? Il destino del lavoro non è scritto che si terrà dalle 10:30 alle 11:30 alla Sala dei Notari, Palazzo dei Priori.

Radio Popolare-Popolare Network seguirà la manifestazione di Firenze con collegamenti nei Giornali Radio di sabato 26 marzo e con una diretta dalle 15,35 alle 16,30, ascoltabile sulle frequenze e sui siti delle radio di Popolare Network e www.radiopopolare.it, e sulle frequenze di Controradio (FM 93.6 nelle province di Firenze, Prato e Pistoia, e FM 98.9 nelle province di Lucca, Pisa e Livorno) e su www.controradio.it.

Sono Tiziana, ho 51 anni, ho un figlio di 13 anni con mio marito che ne ha altre due. Fino a due anni fa ho abitato in provincia di Arezzo poi, a Natale 2020, mi sono trasferita in provincia di Prato per stare vicino al poso di lavoro più “sicuro” la “mia fabbrica” la GKN Driveline Spa di Campi Bisenzio (FI).
Sono entrata a lavorare in GKN il 29 maggio del 2012. Dal settembre 2011 , un consorzio di servizi (facchinaggio, logistica e pulizie ) di Roma, mi aveva contatta per un posto di responsabile in zona Firenze e Toscana in genere, per la gestione degli appalti ad esso affidati. Venivo da una lunga esperienza in campo di appalti, soprattutto pubblici, esperienza fatta nella mia città natale, Caserta.
Ricercavo, selezionavo e elaboravo le cosiddette gare, poi a lavoro aggiudicato, organizzavo e affiancavo coloro che avevo individuato per il ruolo di responsabile, mi occupavo anche delle trattative sindacali
… ma questa è un’altra storia …
Mi faceva schifo tutto quello c’era dietro agli appalti e “scappai” da quella terra tanto bella quanto “pericolosa” …..
Ad Arezzo entrai a lavorare nell’ufficio del personale in una fabbrica metalmeccanica che fallì nel 2007, poi la gravidanza, il figlio, il cancro di mio marito e i debiti, tanti debiti, mio marito ce l’ha fatta, ma intanto non avevamo più un lavoro .
Quando quel consorzio di Roma , fornitore del servizio di pulizie in GKN dal 2001 e da settembre 2011 era in trattativa con l’ufficio acquisti di GKN Firenze anche per gli appalti della logistica e controllo qualità, mi contattò, pensai solo allo stipendio … si , perché senza il lavoro un essere umano perde la dignità, ma quando lo trova spesso rischia di diventare “merce umana”.
La situazione lavorativa a me prospettata era alquanto difficile, per via dei rapporti molto tesi tra i lavoratori occupati in detti appalti: erano passati da una ditta all’altra subendo ricatti per i loro permessi di soggiorno o minacciati con la paura del mancato rinnovo dei contratti a termine… erano quasi tutti stranieri e tutti maschi ed io fui scelta perché donna ed in quanto tale, era più difficile che mi potessero aspettare “fuori dai cancelli “ in caso di gioco duro. Gioco che io dovevo fare, perché poi una donna “capa “è più stronza di un uomo “capo”.Così dicevano loro.
È stata veramente dura, ma non potevo mollare .. avevo bisogno di portare uno stipendio a casa e proteggere la mia famiglia. Non potevo però, farmi ancora sfruttare soprattutto perché donna, quindi provai a cambiare rotta e a tentare un approccio amichevole con i lavoratori… ero sola a gestire tre contratti e circa 40 persone …. Tra l’altro il formale datore di lavoro sparì in poco tempo, nel senso che prendevo ordini direttamente dai manager della GKN i quali mi dicevano di essere più dura, poiché volevano sbarazzarsi di gente troppo legata alla RSU -GKN
Ma quest’ultima era qualcosa di meraviglioso, uomini pronti a battersi per ogni lavoratore di quella fabbrica, non importava che fosse diretto o in appalto, non importava che fosse donna o uomo, che fosse grande lavoratore o vagabondo neppure che fosse un crumiro , non potevano permettere a nessuno di dividerli per nessuna ragione. Forse non è un caso che la strada dove ha sede la GKN è via Fratelli CERVI La ditta cambiò dopo due anni ed io mi ritrovai con tutto il management GKN contro, volevano mandarmi via, ero un soggetto scomodo, ma la tenacia di donna ed il contesto in cui mi trovavo, mi hanno fatto andare avanti. Mi è costato il demansionamento, mi hanno prima passata come supporto di un nuovo responsabile di sito per i soliti appalti, poi caposquadra degli addetti alle pulizie … meglio!!! ero finalmente libera !!! Alle brutte mi potevano dire “ti metto a pulire i cessi “, in fondo lo facevo già, quindi potevo fare gli scioperi che volevo, aiutare chi aveva bisogno quando subiva un ingiustizia, mandare a qual paese quei due maschi della nuova ditta che mi vessavano ogni giorno con frasi sconce e battute sessiste per portarmi all’esasperazione e dimettermi .
Ma io avevo formata una squadra unita di uomini e donne: non ero la caposquadra stronza, ero Tiziana, il punto di riferimento nel bene e nel male e soprattutto non ero più serva dei padroni.
Quello che mi ha fatto male in questi anni è che non sono riuscita a far capire a TUTTI i miei compagni l’importanza di restare uniti ed ho capito anche perché : “sono una donna”! in un contesto maschile la donna non viene mai “ascoltata “ come un uomo, triste dirlo, ma in questo paese c’è ancora tanto da fare ed è anche questo uno dei motivi che fin dal 9 luglio mi hanno spinta a non mollare.
Il 9 luglio 2021, un giorno di PAR collettivo, tutti a casa per un po’ di calo produttivo (ci avevano detto) ed invece alle 10:30 del mattino arriva un messaggio di Dario Salvetti della RSU sulla bacheca sindacale, che ci dice della PEC ricevuta con comunicazione di chiusura immediata dello stabilimento.
Senza pensarci su due volte, sono montata in macchina con un operaio GKN mio vicino di casa e, alle 12 eravamo tutti pronti a riprenderci la nostra fabbrica: ero l’unica donna presente insieme ad una centinaia di altri compagni, non ho avuto paura di nessuna conseguenza ne fisica ne legale, sono entrata con i miei compagni ed è stata una figata pazzesca!
Avevamo “occupata “ la fabbrica! Ops.. meglio: abbiamo subito indetta assemblea permanete e lo siamo ancora. Sono orgogliosa di poter essere dalla parte giusta, di lottare non solo per la “ mia fabbrica” perché come diciamo in uno dei nostri slogan “Siamo tutti GKN” .
Il 15 luglio eravamo sotto la regione a manifestare, poi il 24 in 5000 in corteo nella zona industriale , poi il 28 con i lavoratori dello spettacolo e con lo spettacolo davanti alla fabbrica, poi l’11 agosto, dopo aver sentito i racconti di Adelmo Cervi figlio di Aldo terzogenito dei 7 fratelli Cervi, vedere il compagno Matteo Moretti, suonare sul campanile di Palazzo Vecchio la Martinella (campana che annunciava la guerra ma che alle 7 del mattino dell’11 agosto del 1944 annunciò la ritirata dei nazifascisti e il rientro dei partigiani nella città di Firenze) che meraviglia! ogni giorno è stato un turbinio di emozioni e poi ancora il 18 settembre in 40000 abbiamo inondato le strade ed i viali di Firenze.
La ditta per la quale lavoravo è fallita 3 settimane prima della chiusura della GKN , e noi lavoratori in appalto (circa 40) siamo rimasti da un giorno all’altro senza lavoro e senza stipendio, questo è il sistema degli appalti, questa ditta rappresenta quella miriade di ditte private che fanno servizi anche per il pubblico e che da un giorno all’altro, spariscono, riapparendo sotto mentite spoglie, con nomi simili e con legali rappresentati nuovi (le cosiddette teste di legno o presta-nomi).
Nessuno lo racconta o non lo racconta abbastanza, ma in Italia sono migliaia e migliaia le ditte che vanno avanti così, sempre con lo stesso padrone facoltoso che si avvale dei caporali di prestanomi; vere e proprie associazioni criminali in cui un “capo” assolda una serie di nullatenenti e li “vende” ai padroni che a loro volta pagano una percentuale al capo e un fisso mensile al prestanome, dopo aver distratto denari a sufficienza, falliscono, lasciando voragini a fornitori, magari piccoli artigiani e partite iva e mesi di stipendi non pagati ai dipendenti, che poi dovranno recuperare dall’inps (solo 3 mensilità ed il TFR ).
Con tale sistema i padroni si liberano anche dei lavoratori “scomodi “ magari sindacalizzati o che abbiamo semplicemente reclamato un livello adeguato alla mansione. Sono milioni i lavoratori come me, invisibili, che subiscono questo sistema, sono quelli senza voce, perché impiegati in lavori così semplici, umili, che non hanno nemmeno la forza di aprire la bocca: ecco che, anche in questo, il collettivo di fabbrica GKN fa la differenza: i primi a cui sta tentando di dare quel po’ di voce siamo noi. Infatti nella trattativa con la nuova proprietà, un punto cruciale è proprio la reinternalizzazione di noi lavoratori in appalto lasciati in forze ad una ditta fallita.
Io mi sono fatta un regalo mi sono unita alla lotta e con me porto spesso mio figlio.
Vi racconto un aneddoto: mio figlio Alessandro 13 anni, fino ad un anno fa mi implorava per un paio di Nike, quando gli dicevo che andavano bene anche quelle meno costose e non necessariamente griffate, lui mi rispondeva che tutti le portavano e che lui si sentiva uno sfigato ad indossare le altre.
Dal rientro a scuola indossa solo maglie del collettivo di fabbrica. Una domenica eravamo a Bologna (sempre per GKN), nevicava e lui indossava un vecchio paio di scarpe della Vans da mezzo tempo, aveva i piedi bagnati ed io non avevo molti soldi, ne in tasca ne sul conto, per permettermi di entrare in un negozio, ma non ce la facevo a vederlo così.. allora lui mi ha detto “Mamma, compriamo un paio di scarpe invernali, perché ho freddo, vanno bene quella da trekking che costan poco, sono fighe e sono come quelle che porta Dario Salvetti “ ?! sei sicuro!? “Si ! delle grandi marche non me ne frega più nulla …sono roba da borghesi, io sono orgoglioso di essere figlio di operai”

Bello sarebbe se nelle scuole, a partire dalla prima media si potesse insegnare: lo statuto dei lavoratori la legge 300 del 1970; oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani non la conosce ovvero non sa quali sono i diritti di un lavoratore.
E allora uniamo le forze, riprendiamoceli questi diritti, quanti basta vogliamo far convergere?
basta a tutte le ingiustizie sociali
basta alle guerre
basta alle delocalizzazioni selvagge
basta al precariato
basta all’omofobia ed ai femminicidi
basta a lavoratori di serie “A” e di serie “B” basta interinali e staff leasing ea salari da fame
basta al continuo rincaro delle bollette senza pensare a fonti di energia pulita che in un paese come il nostro ci sono tutte
basta continuate a calpestare la nostra costituzione
basta ad una scuola di precari e a strutture di 100 anni e a programmi ministeriali obsoleti
basta alla mancanza di formazione ed informazione SERIA sui luoghi di lavoro perché i “morti di lavoro” sono troppi
basta agli allevamenti intensivi
basta al petrolio, dirigiamoci verso una vera mobilità sostenibile,
basta ad una sanità dimenticata e dirottata sempre di più sul privato
basta al bavaglio ai giornalisti che vogliono raccontare tutta la verità e non solo mezza
quanti basta ancora ?!
pagine e pagine… vogliamo capire che da soli non si va da nessuna parte?

So che è nato qualcosa che va nutrito e fatto crescere per il bene dei nostri figli per lasciargli un mondo migliore, anche se siamo una goccia nell’oceano ricordiamo che esso è fatto di gocce.

Anche per questo, il 26 marzo, torniamo ad Insorgere, tutte e tutti!

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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