La Iaaf, l’International Association of Athletics Federations, ha deciso di spostare l’udienza di Alex Schwazer al 4 agosto a Rio de Janeiro, giusto il giorno prima dell’inizio delle Olimpiadi. A nulla è valsa la proposta della difesa del marciatore altoatesino di discutere il caso davanti al Tar il 27 luglio. La Iaaf, autrice del controllo antidoping incriminato, si è opposta e ha, dunque, detto che l’udienza si svolgerà non prima dell’inizio di agosto. “Ci hanno detto che ci concedono un’udienza breve e che hanno bisogno di tempo per analizzare le carte – ha commentato l’allenatore di Alex Schwazer, Sandro Donati – ma questi documenti li hanno avuti loro sin dall’inizio e noi li abbiamo chiesti e ci venivano centellinati. Allora è paradossale che loro che sappiano della positività del test dal 13 maggio ma abbiano ancora bisogno di analizzare i dati. Io penso che loro non si aspettavano che noi ci saremmo difesi in maniera adeguata”.
E’ amareggiato Donati, così come è atterrito lo stesso Alex che sta continuando ad allenarsi, anche se con fatica, perché la testa non c’è e si sa che, soprattutto nello sport, se la mente è altrove i risultati non ci sono. Dopo la doccia fredda, adesso il team che comprende l’avvocato Gerhard Brandstaetter dovrà decidere se effettivamente prendere l’aereo e presentarsi all’udienza il 4 agosto. “Io questa soddisfazione non gliela darei – ha detto Donati – perché tanto è già tutto scritto, hanno fissato anche il giudice. Non so cosa ci rimane… solo decidere il numero delle frustrate”.
La Federazione sapeva dei risultati del test dai primi di maggio, ma ha tenuto tutto nascosto fino al 21 giugno e ha fissato l’appuntamento per le contro analisi ancora dopo 14 giorni. In totale Alex e Donati sono stati in apnea per quasi due mesi e adesso è arrivato l’ultimo rinvio. “Certo – ha aggiunto – tanto a loro glielo pagano il viaggio in Brasile mentre Alex deve pagarlo per lui, il medico, il perito, l’avvocato, per me che devo testimoniare… Cosa conta Alex Schwazer per loro”. Contro il marciatore altoatesino sembrerebbe esserci un vero e proprio complotto e ne convinto tutto il team di Alex. Mentre aspettava i risultati del laboratorio di Colonia sul campione di urine, ha chiesto alla federazione nazionale spiegazioni su un allenamento di Alex che loro sostenevano fosse, in realtà una gara. “Questo per cercare di beccare in flagrante Alex mentre violava la sua sospensione – ha spigato Donati – ma ovviamente per la Federazione non è stato difficile provare che era un’esercitazione, per di più cittadina, con me che lo seguivo in bici per cronometrarlo”.
Nei prossimi giorni, dunque, si deciderà cosa fare, se ribattere ancora davanti al tribunale di Rio o mollare. Donati, intanto, dice di essere al limite della sopportazione. “Questa storia arriva dopo tanti agguati nella mia vita – ha raccontato l’allenatore – e io, per difendermi e per difendere lo sport fin da quando mi chiesero di dopare gli atleti della nazionale (e me lo chiesero la federazione e un medico del Coni) ho sacrificato tanto. A questo punto mi chiedo davvero se sia stato giusto, tanto non se ne esce. Sei solo contro le istituzioni che si proteggono l’una con l’altra e non puoi fare nulla”. Sandro Donati ha parlato, poi, anche del caso dell’atletica russa esclusa dalle olimpiadi. “Il caso è grave, ma siamo sicuri che non debbano essere messe sotto accusa proprio le istituzioni russe che stanno sollevando il polverone? A cominciare proprio dalla Federazione Internazionale di Atletica, che riceveva i soldi dai russi per insabbiare i casi di doping”.