In un panorama dell’intrattenimento dominato dai franchise fumettistici e dagli algoritmi delle piattaforme streaming, qualcuno si chiede se esista ancora qualcosa di simile ai cari vecchi divi hollywoodiani: attori e attrici la cui sola fama riesce a mobilitare folle di spettatori e a conferire ai titoli interpretati un’aura di fascino inconfondibile. Sono sicuramente molti meno di quelli che popolavano la vecchia Hollywood, e il sistema è
sempre meno costruito attorno a lore, ma qualcuno c’è ancora, e nuovi nomi continuano a emergere. Uno di questi, indiscutibilmente, è quello di Zendaya, attrice venticinquenne il cui nome d’arte non prevede cognome ma che soprattutto le giovani generazioni conoscono molto bene. Ex attrice e modella bambina, ex stella di Disney Channel, anche cantante e ballerina, il 2021 è stato per lei un anno d’oro, ha recitato in ben quattro film, tra loro molto diversi: il dramma indie in bianco e nero Malcolm & Marie (uscito su Netflix), il blockbuster per ragazzi Space Jam: Legacy (dove ha dato la voce alla coniglietta Lola Bunny), l’epica fantascientifica d’autore di Dune di Denis Villeneuve e il nuovo capitolo delle avventure dell’Uomo ragno, Spider-Man: No Way Home, di gran lunga il film che ha incassato di più, sia in Usa sia nel resto del mondo, nel 2021 (ed è ancora in sala).
Dal 9 gennaio Zendaya torna anche in tv (in Italia su Sky e Now), protagonista della serie che ha dato il via a questo suo periodo d’oro, Euphoria: vagamente ispirata a un’omonima miniserie israeliana, è il primo vero teen drama prodotto da HBO, e fin dalla sua prima stagione ha fatto parlare moltissimo di sé. All’ideazione e alla regia c’è il regista Sam Levinson, classe 1985, figlio d’arte (suo padre è Barry Levinson, autore, tra gli altri, di Good Morning Vietnam e Rain Man), che con Zendaya pare aver stretto un proficuo sodalizio: insieme a un altro figlio d’arte, John David Washington (figlio di Denzel), hanno realizzato durante il lockdown il sopracitato Malcolm & Marie, girato in pochissimi giorni, con una crew leggerissima e ambientato tutto in un’unica casa e in un’unica notte. Per la serie Euphoria, Zendaya ha vinto già un Emmy come miglior attrice protagonista, la più giovane di sempre a ottenere questo riconoscimento. Meritato, visto che il suo ruolo è difficile, doloroso e intenso: interpreta Rue, un’adolescente bipolare e tossicodipendente. Durante la prima annata il travolgente amore per una nuova compagna di classe, la coetanea transgender Jules, sembrava averla inizialmente aiutata a disintossicarsi, ma nel tragico finale di stagione, complice un’inaspettata rottura, Rue era ricaduta nelle vecchie abitudini.
I fan aspettano di conoscere il seguito da oltre due anni: la lavorazione di Euphoria stagione 2 era sul punto di iniziare proprio a marzo 2020, quando è scoppiata la pandemia e tutti i piani sono andati all’aria. Nel frattempo, tra fine 2020 e inizio 2021, Sam Levinson ha girato due episodi speciali, con troupe ridotta, incentrati uno su Rue e uno su Jules, ma per quanto ben recitati e ben scritti – si tratta, in entrambi i casi, di lunghissime conversazioni in tempo reale: la prima di Rue con il suo sponsor dei tossicodipendenti anonimi, la seconda di Jules con la sua psicoanalista – mancano inevitabilmente della caratteristica che rende Euphoria diversa da molti altri teen drama, cioè lo stile di regia cinematografico e spettacolare, che si sposa benissimo alla girandola di vicende dei molti e diversissimi personaggi. Euphoria è un teen drama molto esplicito, e che per questo ha sollevato anche critiche indignate: sesso, violenze, bullismo, dipendenze, salute mentale, disturbi alimentari, angosce esistenziali, rapporti familiari difficili sono tutti temi che la serie non ha paura di affrontare, riuscendo a parlare – anche grazie a un’efficace campagna social – ai suoi giovani spettatori (e non solo). E anche grazie a Zendaya, che nella realtà appare tutto l’opposto rispetto al personaggio di Rue, ma ugualmente sa presentarsi ai coetanei come una diva autentica, spontanea e sincera.