Anno dopo anno il Natale si allontana sempre di più dal suo significato originario, cioè ricordare la nascita in Medio Oriente di quel bambino ebreo che sarebbe diventato “figlio di Dio” per una nuova religione, quella cristiana, che si sarebbe sviluppata soprattutto in Europa e poi dall’Europa nel mondo grazie al colonialismo. Il Natale, nel senso religioso della ricorrenza, è una festa di preghiera e di speranza: in questi termini coinvolge però solo i cristiani, e cioè una parte dell’umanità. Invece la festa del Natale, intesa in senso laico, coinvolge miliardi di persone in più.
Per diventare veramente globale, una ricorrenza religiosa come il Natale doveva essere depotenziata dal punto di vista della fede e caricata di nuovi significati e di nuovi simboli. I significati acquisiti sono quelli fiabeschi classici: il giorno di Natale “si torna tutti buoni” e la speranza di un futuro migliore è permessa per 24 ore. A Natale è tutto possibile, ma dura poco. Il simbolo laico è ormai planetario: Babbo Natale, ovvero Santa Claus trasformato in un omone vestito di rosso che abita nel Circolo polare artico circondato da renne e da un esercito fantastico di elfi che costruisce giocattoli. È la libera reinterpretazione di un’altra figura religiosa, san Nicola di Mira, il vescovo della Licia che, secondo i resoconti disponibili, nella sua vita fu protettore dei bambini e diede esempio di grande generosità, donando ai più poveri nei momenti del loro massimo bisogno. Dal santo caritatevole all’icona della Coca Cola il passo è stato relativamente breve, e il giorno di Natale diventiamo tutti buoni come san Nicola. Ecco il nuovo significato della festa, ormai depotenziata dal suo aspetto religioso.
Il Natale della bontà e del dono, e soprattutto di quest’ultimo, è quindi il migliore volano per le vendite di fine anno, periodo nel quale si registrano per esempio i picchi di acquisti di prodotti di elettronica. Arriviamo infine così alla festa globale dei buoni sentimenti per la gioia dei fabbricanti di gadget e di cibi pregiati. Una festa che non discrimina per appartenenza etnica o religiosa, ma solo per possibilità economica. Una festa laica che va bene in Italia e Germania, ma anche in India, Cina o Nigeria. Una festa non più comandata dal vescovo, ma dai media.
Il Natale, nella sua versione contemporanea, ha anticipato di decenni la globalizzazione e il suo valore fondante, quello dell’uguaglianza universale a partire dell’omologazione nei consumi. Un mondo forgiato dalle multinazionali che offrono gli stessi prodotti ovunque, fabbricandoli dove è più conveniente. È una festa antica e insieme del futuro, che domani potrebbe vedere insidiato il suo primato da Halloween o dal capodanno cinese, ma che oggi gode di una popolarità difficile da scalfire. Ma visto che al momento non ha concorrenti, buon Natale anche quest’anno!