L’umiliazione oltre al danno. Licenziamenti via Whatsapp, Zoom, Teams, con i bodyguard, o facendo sparire la fabbrica da un giorno all’altro. Lavoratori trattati come numeri da imprenditori che non hanno nemmeno il coraggio di guardarli in faccia per dirgli che stanno togliendo loro lavoro e reddito.
Ha fatto il giro del mondo il modo in cui l’amministratore delegato di Better.com, che negli USA ha licenziato 900 impiegati in videoconferenza su Zoom. In Italia le modalità non sono tanto diverse. Il caso più celebre, i Whatsapp agli operai della GKN risale a luglio.
Solo nell’ultima settimana 3 lavoratori della Yazaki di Torino, azienda dell’automotive, sono stati licenziati con una video chiamata via Teams, perché l’attività è stata delocalizzata in Portogallo. “Ci hanno preso in giro e mentito”, racconta Francesca Zullo della Fisascat Cisl di Torino. Durante la telefonata un tecnico disattivava i loro pc.
A Jesi i lavoratori della Caterpillar si sono presentati alla riunione periodica con i dirigenti sull’andamento aziendale. Dovevano parlare di nuove assunzioni. Invece hanno trovato un funzionario, mai visto prima, con 5 bodyguard che gli hanno comunicato la chiusura della fabbrica e il licenziamento di 260 persone. “Hanno fatto così anche in altri paesi, stesse modalità”, racconta Davide Fiordelmondo, delegato Rsu della Fiom e attivista di Rifondazione Comunista.
Peggio ancora è andata alle operaie tessili di un’azienda di Martina Franca, nel tarantino. In cassa integrazione, una di loro è andata alla fabbrica per recuperare alcuni oggetti personali, trovandola completamente vuota: sia dei macchinari sia degli armadietti con i loro oggetti personali. “Donne di 40anni trattate come se non valessero nulla. Un modo scellerato di fare impresa” dice Giordano Fumarola, segretario del sindacato dei tessili della Ugil di Taranto.
La disumanizzazione del capitalismo, che in Italia è anche il frutto di leggi che hanno spostato costantemente i rapporti di forza dalla parte di aziende che ora ritengono legittimo aggiungere al trauma di un licenziamento anche l’umiliazione.
La psicologa del lavoro Francesca Menelao, che dirige i centri di ascolto su mobbing e violenza per la Uil, la descrive come “una forma di violenza, che al problema del licenziamento unisce i trauma psicologico della disumanizzazione delle persone. È un modo per affermare i rapporti di forza. Ci siamo modernizzati come strumenti, ma nei rapporti di lavoro siamo tornati indietro. Come facevano i re con i loro sudditi su cui avevano potere di vita o di morte con un semplice editto”.
Lo sciopero generale del 16 dicembre è importante anche per questo.