Approfondimenti

La conferma dello sciopero generale, l’accelerata sulle prime dosi e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 10 dicembre 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Cgil e Uil confermano lo sciopero generale fissato per giovedì 16 dicembre. Accelera la campagna vaccinale, nella prima settimana dopo quella dell’entrata in vigore del super Green Pass sono state somministrate 244000 prime dosi. La Corte britannica ha ribaltato il verdetto contro l’estradizione di Julian Assange. Una bambina turca di 10 anni ha perso la vita tentando di attraversare un fiume al confine tra Croazia e Slovenia. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Cgil e Uil confermano lo sciopero del 16 dicembre

Cgil e Uil hanno confermato la data del 16 dicembre per lo sciopero generale, tenendo conto delle osservazioni del garante. Restano intatte le motivazioni, di contestazione alla manovra economica del governo. “Ci hanno ignorati e la legge di bilancio ha premiato solo i redditi più alti senza muovere un dito contro la precarietà estrema” dice il segretario della cgil Maurizio Landini nell’intervista a Radio Popolare, ai microfoni di Anna Bredice.

Contro Landini è arrivato oggi l’attacco del presidente di Confindustria Carlo Bonomi: “Noi imprenditori invece andremo in fabbrica come sempre per mandare avanti l’Italia, in questo paese ci sono troppo scioperi”. “credo che Bonomi uno sciopero non lo abbia mai fatto, non ha mai avuto il problema di doversi battere per migliorare la condizione non solo sua ma anche degli altri”, la replica di Landini.

(di Massimo Alberti)
Quello di Bonomi è solo l’ultimo degli attacchi alla decisione di cgil e uil di proclamare lo sciopero generale. Per la Cgil le piazze di giovedì saranno una doppia sfida.
La prima, con i media e i partiti che esaltano la manovra di Draghi e attaccano il sindacato.
La seconda, più difficile, per provare a convogliare il disagio sociale nel Paese, privo di rappresentanza politica. Lo sciopero di Cgil e Uil deve affrontare molte incognite e certo non gode di buona stampa: basta leggere i quotidiani o vedere i tg di questi giorni per notare come i media si sono mossi quasi all’unisono per lodare la manovra di Draghi e convincere gli italiani che è giusta, bella ed equa, a volte anche pubblicando tabelle assurde e fuorvianti, giocando sulle percentuali dei risparmi in busta paga anziché in numeri assoluti, limitandosi ai redditi più bassi per nascondere l’iniqua sproporzione dei vantaggi fiscali. In testa alla campagna Repubblica e La Stampa del gruppo Agnelli, seguiti dal Corriere di Cairo, il Messaggero di Caltagirone, Il Tempo e Libero di Angelucci e ovviamente il Giornale di Berlusconi. Restano il Manifesto ed Il Fatto, mentre in parlamento, oltre a Sinistra Italiana ed ai due parlamentari di Potere al Popolo, le critiche allo sciopero sono un muro unanime. La si può vedere in due modi: l’assenza di sponde politiche per i sindacati, ma soprattutto, il vuoto totale di rappresentanza per lavoro povero, precari, i settori sociali ignorati dalla manovra. É stato chiaro nel dibattito sul fisco dove i bisogni di chi vive con meno di 20mila euro, non li ha messi nessuno su quel tavolo dove si è tutelato il 10% dei contribuenti più ricchi. “il disagio sociale che nessuno vede, anche se è sotto gli occhi di tutti”, ha detto Landini alla nostra radio. Quella della rappresentanza è una sfida anche per la Cgil: quei settori sociali anche il sindacato confederale non li intercetta più da tempo, se non marginalmente, ma che pur deboli e frammentati hanno spinto per lo sciopero in cui hanno visto una boccata d’ossigeno, che ha rimesso al centro del dibattito i temi sociali e aperto uno spazio di opposizione da sinistra al governo. É uno dei tanti paradossi di una situazione dove la stessa Cgil si gioca molto della sua capacità di rappresentanza

Il super Green Pass fa correre le prime dosi

(di Mattia Guastafierro)
Nella prima settimana a cavallo dell’entrata in vigore del super green pass sono state 244 mila le prime dosi di vaccino somministrate. Circa 10 mila in più di quelle fatte nei 7 giorni precedenti, oltre 100 mila in più di quelle eseguite nelle due settimane prima ancora. Il monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità conferma che la campagna vaccinale è tornata a fare grandi numeri, spinta da un lato dall’introduzione delle nuove regole, dall’altro dalla fase di crescita della pandemia in Italia.
Il commissario all’emergenza Figliuolo oggi ha modificato gli obiettivi del piano. Entro Santo Stefano le Regioni dovranno raggiungere quota 6,3 milioni di inoculazioni, che in questo momento sono soprattutto terze dosi.
Il quadro complessivo dice che ad oggi l’85 per cento della popolazione sopra i 12 anni ha completato il ciclo vaccinale, mentre l’88 per cento ha avuto la prima somministrazione.
All’appello mancano ancora 6,1 milioni di italiani che non hanno alcuna copertura contro il Covid. Il numero più alto di loro si registra tra chi ha tra i 40 e i 59 anni. Circa 2 milioni e mezzo di persone che – come raccontano le cronache dagli ospedali – corrono in questo momento il rischio più alto di contrarre la malattia in forma grave.
Anche per questo si fanno sempre più forti le spinte a prorogare lo stato di emergenza. “Può essere utile”, ha detto oggi il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, “perché ci permetterebbe di continuare ad affrontare la pandemia con una struttura commissariale”. A partire dal 16 dicembre, infatti, ci sarà da portare avanti anche la campagna sui bambini tra i 5 e gli 11 anni. Entro quel giorno – ha detto Figliuolo – arriverà in Italia il primo carico da 1 milione mezzo di dosi di vaccino a uno pediatrico.

Le conseguenze del caso Assange

Il giudizio ufficiale dei politici statunitensi su Julian Assange è quasi unanime: per molti di loro, compreso il presidente Joe Biden, il cofondatore australiano di Wikileaks è da considerare alla stregua di un terrorista hi-tech. Sulla sua testa pendono ben 17 accuse di spionaggio e una di hackeraggio, formalizzate nel 2019, durante la presidenza Trump. Il suo predecessore, Barack Obama, aveva deciso di non portare Assange in tribunale per non minare il primo emendamento americano, che protegge la libertà di stampa. L’amministrazione aveva in effetti stabilito che avrebbe dovuto processare anche dei media come il New York Time, il Guardian o il Washington Post, per aver pubblicato gli stessi documenti classificati sulle attività militari e diplomatiche americane, che confermavano i crimini di guerra americani in Afghanistan.
In realtà, mentre accusava Assange di aver messo in pericolo le vite di agenti e alleati in zone di guerra o di attivisti in regimi più o meno dittatoriali, senza però fornire alcuna prova in questo senso, Washington ha sfruttato il caso Wikileaks per accelerare la trasformazione della gestione interna delle informazioni sensibili, rivedendo completamente i protocolli di sicurezza e rivalutando i rischi posti dalla diffusione digitale delle informazioni. Quasi tre milioni di persone avevano accesso, nel 2010, ai documenti pubblicati da Wikileaks. Un numero troppo alto perché potessero rimanere segreti a lungo. Grazie ad Assange, insomma, gli Stati Uniti hanno messo in atto una serie di misure per ridurre i rischi di nuove fughe di notizie. Riducendo le possibili fonti e facendo pressione su di loro, tramite nuove leggi o perseguendo penalmente chi, come Edward Snowden, aveva condiviso i files. Ma anche promuovendo una nuova politica di “trasparenza” e apertura di archivi considerati meno importanti.
In pratica, una delle conseguenze su scala globale dell’operato di Assange è stata quella di dare un impulso al modello dell’open government, preannunciato da Obama nel 2009. Del resto, « We open government » era proprio uno dei primissimi motti di Wikileaks. Negli ultimi dieci anni, molte banche dati di amministrazioni pubbliche, aziende o fondazioni sono diventate accessibili. Una miniera di informazioni più o meno banali che oggi vengono regolarmente passate al setaccio da giornalisti o organizzazioni non governative dando di fatto corpo a un contro-potere digitale in nome dell’interesse generale. Anche i media, da allora, hanno rivalutato l’importanza dell’analisi dei dati e quella dei whistleblowers nell’era di internet. Sono nate piattaforme per raccogliere documenti in forma anonima da fonti disparate, analizzate da consorzi internazionali di giornalisti che hanno ad esempio portato all’inchiesta dei Panama Papers. La questione stessa della protezione delle fonti torna regolarmente al centro dei dibattiti in molte democrazie occidentali.
Questi sono solo alcuni esempi delle conseguenze, dirette e indirette che Wikileaks ha avuto negli Stai Uniti e nel mondo. Un’eredità per cui Julian Assange potrebbe dover scontare 175 anni in prigione in caso di estradizione.

L’ennesima vittima delle frontiere

Tragedia dell’immigrazione sulla rotta balcanica. Una bambina di 10 anni è stata trascinata via dalla corrente del fiume Dragogna in piena, al confine tra Croazia e Slovenia, mentre ieri sera cercava di attraversarlo insieme alla madre e a tre fratelli.
il racconto di Stefano Lusa, giornalista di Radio Capodistria


 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

118 morti per Covid in Italia nelle ultime 24 ore: una cifra così alta non si registrava dalla fine di maggio. Oltre 20mila i nuovi contagi, non succedeva dal 3 aprile.

I dati di oggi segnano un picco dunque per la quarta ondata. Come del resto il monitoraggio settimanale della cabina di regia confermano: l’epidemia è in crescita e il peso sugli ospedale si fa sentire. Oggi altre 5 terapie intensive e ben 150 ricoveri ordinari più di ieri.

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    Redazione
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