“Se ci si trovasse in una situazione in cui al candidato presidente del centrodestra mancano 40 voti e a quello del centrosinistra molti di più, se il nome fosse presentabile… ecco allora sì, potremmo votarlo”.
Il dirigente di Italia Viva alla Leopolda lo dice chiaramente: l’ipotesi che il prossimo presidente della Repubblica possa essere del centrodestra e venire eletto coi voti renziani è una delle ipotesi in campo, e non tra le più improbabili.
Certo, spiegano alla Leopolda, l’opzione principale rimane un presidente espressione di un’ampia maggioranza parlamentare. Ma c’è, oggi, nei discorsi, nei sentimenti, negli scenari proposti, quasi quasi più disponibilità a dialogare con il centrodestra che con il centrosinistra.
“Io con il Pd non ci parlo più” dice un deputato. Del resto l’avversario numero 1 della Leopolda numero 11 è stato Giuseppe Conte, e in subordine il Partito Democratico che stringe l’alleanza coi 5 Stelle.
Nella sua arringa difensiva sul caso Open, sabato, Renzi ha citato tre politici indicandoli come nemici: il già demolito Conte, Bersani, D’Alema. Di sinistra alla Leopolda non rimane più niente, né nell’estetica né nei contenuti. E vale a tutti i livelli. Basta cogliere i discorsi:
“In Toscana si deve provare a fare le alleanze” dice un militante a un gruppo di amici.
“Con la destra?”
“E certo, il Pd non ci vuole nemmeno vedere”.
Tutto, dal blu macroniano che è proposto anche per le mascherine in offerta, alla scelta degli ospiti, da Malagò a Carlo Nordio, al sindaco di Genova Bucci, dice una cosa: oggi Renzi sicuramente non si propone più come un leader di centrosinistra e probabilmente mai più lo farà.
È un politico che si colloca al centro per rivendicare mani libere su tutto, senza limiti.
E l’alleanza con il centrodestra è possibile non solo su singoli, benché cruciali temi come l’elezione del Capo dello Stato. L’alleanza con il centrodestra è possibile anche dopo le elezioni, per fare un governo insieme. Certo, Giorgia Meloni rimane un problema a oggi, meno però ad esempio lo è la Lega. “Con una Lega versione Giorgetti, perché no?”.
Per questo la strategia renziana prevede di archiviare prima o poi l’esperienza fallimentare di Italia Viva per aggregare tutto quel che si muove al centro. “Per arrivare a quanto, al dieci per cento?” chiediamo al dirigente renziano:
“Il dieci per cento è sufficiente -risponde cinico- per fare l’ago della bilancia”.
Il calcolo è questo. Uscire da una situazione disperata raccogliendo abbastanza per contare tanto, tantissimo, molto più dei voti che si riuscirà ad aggregare.