La politica è una bolla. Vive di sondaggi, slogan, ecolalie. Il voto dovrebbe essere test di realtà e sgonfiare le bolle. Ma per una che s’affloscia (le amministrative) la successiva è apparecchiata da strabici talk show sui risultati: un occhio ai numeri, l’altro al “cosa accadrà ora” (Quirinale, elezioni, riforme) fatta come se il futuro dipendesse da fattori esterni, non da scelte, autocritiche, pensiero elaborato, coraggio, dialoghi. Ogni fenomeno ingloba il suo opposto. Le mille bolle blu della politica possono contenere la “pietruzza bianca” dell’Apocalisse (citazione pertinente: dopo le catastrofi si vorrebbe risorgere) sulla quale «sta scritto un nome nuovo [il vincitore], che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve». Non è Draghi il nome nuovo. Né va cercato un salvatore della patria (abbiamo già dato!). La “pietruzza” è il cambio di mentalità: tocca a ognuno senza attendere che sia l’altro a far la prima mossa.
Trasformazione è dall’arrangiarsi per sopravvivere (patologia della politica ma di altre professioni) passare a necessità vitali: essere (ri)costruttori dopo la pandemia, puntare sulle generazioni a venire, rendere pensabile il futuro, conciliare un po’ di illuminismo (tipo l’école de Milan: Beccaria e fratelli Verri) e un po’ di immaginazione (che non è ingenua “fantasia al potere”, ma il nutrimento del “pensare per immagini” di poesia e avanguardie). Draghi è intelligente. Lascia ai partiti d’intestarsi successi, annunciar barricate, creare e sgonfiare bolle su botteghe e schieramenti, straparlare via web; governando mostra a suo modo che la politica è curabile, ma denuncia l’insufficienza della rappresentatività così com’è.
La “pietruzza bianca” è il piccolo tesoro che ciascuno ha da far valere per esser cittadino attivo. Ma è dura se i partiti son sordi, non han lungimiranza, attrattiva per uomini e donne su idee forti, praticabili, relazioni buone, formazione. Cabotaggio, bolle: e gli elettori trattati da utenti rispondon come tali: votano, disertano, cambiano, vanno in piazza. La democrazia può diventare ordine pubblico. Dall’Apocalisse della speranza all’Apocalypse now? Speriamo di no! Ma si deve vigilare: a qualcuno la democrazia continua a non piacere.