Giorgia Meloni adesso è nei guai. E’ iniziato il processo dopo la sconfitta, soprattutto a Roma si inizia a dire: avete sbagliato il candidato. Il problema è che il candidato Enrico Michetti rappresentava perfettamente la destra italiana oggi: populista, aggressiva, incapace di stare limpidamente lontana dai mostri del passato, dal razzismo, dal fascismo, perfino dall’antisemitismo, come si è visto con certe battute non rinnegate. Pure Salvini è nei guai, pure lui ha “sbagliato candidato” a Milano e però anche a Milano Bernardo rappresentava esattamente il salvinismo: un contenitore vuoto di contenuti.
Il guaio della destra sovranista e nazionalista italiana è questo: dietro le urla dei capi, nulla. Non c’è un progetto per l’Italia, non c’è una classe dirigente.
Le città hanno detto che non si fidano della destra e ora la destra può provare a cambiare, o solo urlare più forte, per portare a votare chi si è astenuto. Cambiare pelle soprattutto per Giorgia Meloni, prigioniera com’è della propria identità, di “io sono Giorgia sono una madre sono cristiana sono italiana”, è molto difficile.Salvini e Meloni oggi si scoprono più rivali che alleati. Si accuseranno forse a vicenda per gli errori commessi. Senza vedere che a metterli in crisi è l’altro modello che va di moda: il modello Draghi, o il modello Sala a Milano, o quello Gualtieri a Roma. Politici non di carisma, magari un po’ grigi, vecchia maniera, che usano la parola lavorare.
Magari ora delle politiche il vento cambia ancora ma oggi il voto dice che fare casino contro i migranti o contro le misure anti covid, è una cosa. Quando si tratta di costruire, di immaginare un futuro necessario, la destra scopre di non avere nessuno in grado di lavorare.
Foto | Ansa