A Corviale le elezioni non ci sono. Nessuno al serpentone di un chilometro in cemento armato sembra sapere nemmeno dove stia il seggio elettorale. Neanche alla sede della Polizia Locale sanno spiegarlo.
“Forse alla parrocchia”, la butta lì un uomo.
“Noi non votiamo”, dicono quasi tutti.
Non c’è rabbia, le risposte sono gentili. C’è il non crederci.
Il seggio elettorale in effetti esiste, ma sta a grande distanza, fuori dal reticolo di vie che separano Corviale dalla città. Una coppia di persone anziane esce dalla scuola, si fermano volentieri a parlare:
“I giovani sono mancati, mi hanno detto dentro, non è venuto nessuno“.
Ma cinque anni fa han votato tutti Raggi.
“E pure stavolta io, al primo turno” dice lui “ma che poteva fare tutto da sola?“.
E allora, che ci fa oggi qui?
“E allora vediamo, ma pensi che Roma la cambi così? Lo hai visto il serpentone? Non è un palazzo è un carcere“.
Saluta, e torna a casa.
“A me m’hai preso male a me sta simpatico Salvini” dice una donna che intanto lancia una pallina al cane e quando le chiedo “Salvini c’era, perché non lo ha votato?” lancia la pallina con più rabbia e risponde “Io mica so de destra mi stava simpatico ma alla fine no”.
Alle sue spalle, una scritta nera di Forza Nuova, un manifesto che ricorda Valerio Verbano, e un’altra scritta azzurra: “Non sono regole, è dittatura”.
A votare non ci si va. Le previsioni dicono che meno persone andranno ai seggi più il candidato del PD Gualtieri abbia possibilità su Michetti, il candidato di Giorgia Meloni, quello delle gaffes sui neri e sulla Shoah.
Al serpentone si fa buio, le persone tornano a casa. Questi discorsi sui numeri, sulle previsioni, sembrano lontanissimi. Gruppetti di ragazzi aspettano l’autobus per andare via.
“Voi avete votato?” Chiedo a una coppia, anche loro anziani.
“Sì”.
Come l’altra volta?
“Come l’altra volta”.
Andrà bene stavolta?
“Vediamo”.