Ha fatto notizia, in queste ore, l’estrazione borghese di tre degli attentatori di Dacca.
Rohan Ibni Imtiaz, Meer Saameh Mubasheer e Nibras Islam provenivano da famiglie abbienti, avevano studiato nelle migliori scuole del Bangladesh e all’estero, avevano uno stile di vita “occidentale”.
Come conciliare queste loro origini ed educazione con la scelta jihadista, radicale, di estremismo religioso?
Secondo Massimo Campanini, studioso dell’Islam e docente all’Università di Trento, intervistato da Raffaele Liguori nella trasmissione “Radio Sveglia” di Popolare Network, nel radicalismo jihadista bisogna distinguere due aspetti. Da un lato, è vero che sinora l’ISIS e altri gruppi, in Europa, hanno fatto proseliti soprattutto tra i giovani delle classi sociali più disagiate. D’altra parte, bisogna anche ricordare che il radicalismo islamico nasce a metà degli anni Settanta nelle università e presso i ceti medio-borghesi in ascesa.
Campanini mette in evidenza come gran parte dei leader del radicalismo islamico siano medici, ingegneri, laureati in materie scientifiche, e quindi “lo sfoggio di potenza e di forza militare, e non la religione, è la ragione principale che attira molti verso i gruppi terroristi”.
Secondo Campanini, infine, i recenti attentati, da Dacca a Bagdad, dimostrano che lo Stato Islamico è incapace di sostenere una vera e propria guerra sul campo contro forze molto più potenti. Il deficit militare, la progressiva riduzione dei territori sotto il suo controllo, porta alla moltiplicazione degli atti terroristici.
Ascolta l’intervista completa di Raffaele Liguori a Massimo Campanini, studioso dell’Islam, docente all’Università di Trento