Una candidata che continua a non entusiasmare gli elettori.
Una campagna elettorale segnata dai suoi problemi, più che dalle performance politiche.
Sono le presidenziali USA 2016 per Hillary Clinton, a pochi giorni dall’apertura della Convention democratica a Filadelfia, il 25 luglio.
Clinton, durante il week-end, è stata interrogata per tre ore e mezzo dall’FBI in merito alla questione delle e-mail inviate dal suo account privato mentre era segretario di Stato. Si è trattato, come fa sapere la stessa campagna della Clinton, di una “testimonianza spontanea“. Da mesi la candidata democratica alla presidenza ripete che non c’è nulla di particolarmente “sensibile” nelle mail inviate dall’account privato. Tutte le mail sarebbero state consegnate agli investigatori e al Dipartimento di Stato perché potessero valutarne il contenuto.
I dubbi però rimangono. I repubblicani continuano ad attaccare Clinton, che avrebbe messo a repentaglio informazioni di Stato, inserendole in un account non protetto. E permangono interpretazioni diverse sul fatto che Hillary Clinton abbia davvero consegnato tutte le mail.
A complicare ulteriormente la vicenda, è arrivato nelle scorse ore un incontro tra Bill Clinton e l’Attorney General Loretta Lynch. I due si sono trovati al Phoenix Sky Harbor International Airport. Clinton è salito sull’aereo della Lynch e ha avuto un incontro privato.
La Lynch, nel suo ruolo di ministro della giustizia, sovrintende all’operato dell’FBI, che sta appunto indagando su Hillary Clinton. L’incontro tra il ministro e il marito dell’indagata non è sembrato opportuno. Cosa che Loretta Lynch ha riconosciuto, parlando di un “meeting innocente ma comunque deplorevole“.
A prescindere dall’aspetto giudiziario della vicenda, c’è un tema politico. Dubbi e polemiche sulla condotta di Clinton da segretario di Stato arrivano a sole tre settimane dall’inizio della Convention di Philadelphia, che dovrà nominarla, ufficialmente, candidata alla presidenza. Sono polemiche che indeboliscono la forza di questa candidatura, anche perché colpiscono Clinton laddove è più vulnerabile: in tema di fiducia, di sincerità politica.
Diversi sondaggi hanno mostrato, in questi mesi, che il limite di Hillary Clinton è proprio questo: non è una candidata che trasmette fiducia. Anche gli elettori che dicono di essere pronti a votarla, parlano di comportamenti spesso “opachi, poco chiari, ambigui”. Lei lo sa e ha detto di voler riconquistare la fiducia degli americani come già fece da senatrice dello Stato di New York: “lavorando duro“.
Il problema, però, resta. Non è incoraggiante che, ormai nel pieno della campagna elettorale, la candidata democratica non riesca a recuperare un deficit grave di fiducia. A questo deficit ha fatto esplicita allusione il vice presidente Joe Biden, intervistato da NPR. Biden ha spiegato di voler “vouch for her“, garantire per lei.
Quindi, mettere in gioco la propria reputazione per Hillary Clinton. Chiedere agli elettori di fidarsi del suo giudizio – quello di Biden – e di fidarsi dunque anche della candidata.
Proprio per “garantire”, Biden apparirà venerdì prossimo insieme a Hillary Clinton in un comizio a Scranton, la città della Pennsylvania dove è nato e dove è nato anche il padre di Clinton. Biden, un politico molto amato dai democratici per la sua schiettezza e i toni tipici del populismo progressista, interviene dunque per coprire la candidata presso quei settori di elettorato popolare, working-class, freddo nei confronti di Clinton, percepita come espressione dell’establishment e, appunto, poco “sincera” nelle sue assicurazioni di volersi occupare dell’America meno abbiente e fortunata.
Nelle prossime settimane, prevedibilmente, sarà ancora più centrale e importante l’intervento in campagna elettorale di Barack Obama. Il presidente continua a mantenere indici di popolarità personale molto alti. Anche lui dovrà cercare di fare quello che Clinton, da sola, con la sua campagna, non è riuscita a fare.
Trasmettere fiducia.