Una rivoluzione copernicana degli istituti tecnici. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, da quando è titolare del dicastero, parla di una riforma che riguarda questo gruppo di scuole superiori. E tra le novità necessarie, per dare una formazione che sia al passo con i tempi, il ministro ritiene che si debba introdurre la Filosofia tra le materie di studio.
Uno strumento per sviluppare il pensiero critico e meglio collocarsi nei grandi dibattiti della nostra epoca, sapendo argomentare e analizzare la realtà, sempre più complessa e con implicazioni, anche etiche, non trascurabili (si pensi a quelle che si aprono con l’avvento di nuove tecnologie che rasentano la fantascienza o all’enorme quantità di dati sensibili e personali che circolano utilizzando i social network, per esempio).
Vista la mia formazione accademica (ahimè sì, lo ammetto, sono laureata proprio in Filosofia), potreste obiettare che sono di parte, ma a mio parere è una delle idee migliori e più concrete che ho sentito formulare dal ministro in questi mesi. Tanto da essere sorpresa dai risultati del sondaggio realizzato dalla testata online Orizzonte scuola, secondo cui il 48 per cento di chi ha risposto è contrario all’introduzione della Filosofia negli istituti tecnici.
Negli anni passati, mi è capitato di parlare con alcuni dirigenti illuminati di istituti tecnici di Milano che hanno provato a proporre la Filosofia anche in questi indirizzi di studio. Chi con qualche lezione tenuta dal professore della sezione del liceo, chi con una sperimentazione gestita da docenti universitari. Un progetto, quest’ultimo, dell’Università Cattolica che prevede cicli di incontri e una lezione conclusiva in ateneo.
Anzi, dirò di più, questa collaborazione tra scuola pubblica e università ha mosso i primi passi portando la Filosofia nelle scuole elementari. Com’è possibile insegnare una materia così complessa ai bambini? Non c’è bisogno di conoscenze particolari, hanno già tutti gli strumenti di cui hanno bisogno. I bambini sono i filosofi per eccellenza. Perché qui non si parla di storia della Filosofia, di Kant e di Hegel, ma si passa direttamente alla pratica, al porsi domande su quello che ci circonda.
I più piccoli vengono coinvolti attraverso il gioco e il dialogo. Ed è sempre con il dialogo che si coinvolgono anche i ragazzi degli istituti tecnici. Gli studenti riflettono e si confrontano, mentre un docente veste i panni di Socrate, che con la maieutica guidava gli interlocutori attraverso le sue domande a cercare dentro di sé e a “partorire” la verità.
Ho avuto modo di assistere a uno dei loro incontri. Ho visto dei sedicenni che sognavano di diventare meccanici o di lavorare in ambito ingegneristico dimenticare il suono della campanella. Erano talmente presi a discutere e a argomentare le proprie ragioni su temi come “la bellezza nel mondo” – temi apparentemente ben lontani dalla loro quotidianità e dai loro interessi immediati – da dimenticarsi di tutto il resto.
Tanti piccoli Platone e Aristotele che continuavano a farsi domande e a darsi risposte, a portare avanti le proprie tesi. Farsi domande, pensare, darsi risposte, argomentare: sembra banale ma non lo è. Diversi hanno ammesso che queste lezioni hanno cambiato il loro modo di vedere le cose e di aver maturato un approccio più profondo a quello che li circonda. Un altro livello di comprensione del mondo.
Allora chiedo a chi è contrario all’introduzione della Filosofia negli istituti tecnici: siamo sicuri che in uno dei Paesi europei con la più alta percentuale di analfabeti funzionali d’Europa si voglia ancora negare questa possibilità a milioni di ragazzi?